UK “via dalla benzina” entro il 2040, ma l’Occidente sta rimanendo indietro

Londra ha annunciato ieri lo stop alle auto a gasolio e benzina dal 2040. Segnale positivo, ma con tempistiche inadeguate: l'Occidente, con l'eccezione di Olanda e Norvegia, rischia di rimanere indietro rispetto alla Cina nel passaggio alla mobilità elettrica.

ADV
image_pdfimage_print

La direzione sembra chiara, anche se è evidente che si va troppo lenti.

Dopo la Francia, ieri, anche il Regno Unito ha annunciato di voler abbandonare i mezzi a benzina e gasolio, motorizzazioni ibride comprese, ma la deadline è veramente poco audace: al 2040.

Se l’Italia è praticamente immobile su questo versante, è l’Occidente in generale a rischiare di rimanere indietro rispetto alla Cina nel passaggio alla mobilità elettrica.

Il piano britannico

La decisione di Londra è stata resa nota ufficialmente ieri dai segretari all’Ambiente, Michael Gove, e ai Trasporti, Chris Grayling, nell’ambito del “UK Plan for Tackling Roadside Nitrogen Dioxide Concentrations” (allegato in basso).

Complessivamente il programma stanzia 2,7 miliardi di sterline per migliorare la qualità dell’aria. Di questi, un miliardo andranno alla promozione dei veicoli a basse emissioni, con 100 milioni di sterline dedicati all’acquisto di nuovi autobus e al retrofit dei mezzi più vecchi.

Come si legge nel piano, il Regno Unito punta a fermare entro entro il 2040 la vendita di veicoli con motorizzazione tradizionale, per fare in modo che entro il 2050 “quasi ogni auto e camion sulle strade sia a emissioni zero”.

Nel documento si sottolinea anche come l’UK sia “già un leader” in quanto a produzione e diffusione dei veicoli elettrici, citando il fatto che nel 2016 la Nissan Leaf, di produzione britannica, ha rappresentato il 20% di tutte le vendite di auto elettriche in Europa e che il Regno Unito è stata la nazione del vecchio continente in cui, nello stesso anno, si sono venduti più mezzi elettrici e ibridi.

I target degli altri Paesi

Un obiettivo, quello di Londra, che echeggia quello francese: a inizio mese il nuovo ministro dell’Ecologia e dell’Energia Nicolas Hulot aveva parimenti annunciato che la Francia fermerà le vendite di auto a motorizzazione convenzionale entro il 2040, per essere “carbon neutral” sui trasporti entro il 2050.

Se la decisione britannica, come quella francese, hanno il pregio di mostrare chiaramente dove si vuole andare, le tempistiche non entusiasmano certo gli ambientalisti e i fautori della transizione energetica.

“Con l’inquinamento atmosferico che continua a provocare 40mila morti premature all’anno e costa all’economia 27,5 miliardi di sterline, 23 anni è un attesa troppo lunga”, è ad esempio il freddo commento del WWF britannico.

Francia e Germania d’altra parte non sono le sole ad aver tracciato la strada per abbandonare i carburanti fossili: in Germania il consiglio federale tedesco ha votato una risoluzione per uno stop ai motori a combustione interna dal 2030 e anche l’India ha a annunciato di voler arrivare con gli stessi tempi al 100% veicoli elettrici.

Più audaci Olanda e Norvegia, che hanno annunciato la messa al bando per il 2025, mentre una menzione a parte merita la Cina, sul cui enorme mercato già dall’anno prossimo i mezzi a emissioni zero dovranno costituire almeno l’8% delle vendite, per poi aumentare la quota negli anni successivi.

E l’Italia?

“I tempi proposti da Gran Bretagna e Francia sono abbastanza lunghi; più sfidanti quelli di altri Paesi come Olanda e Germania. Ma saremmo contenti se il nostro Pese si avvicinasse anche sono lontanamente ad annunci del genere”, commenta a QualEnergia.it Pietro Menga, presidente di Cives (Commissione Italiana Veicoli Elettrici e Stradali a Batteria, Ibridi e a Celle Combustibili).

Nella SEN, osserva, “si parla della mobilità elettrica, ma anche lì manca qualunque riferimento a obiettivi quantitativi o temporali”.

“In Italia – denuncia Menga – ci sono fondi allocati che non vengono spesi”. Proprio per questo, ricordiamo, a gennaio, la Corte dei Conti aveva bacchettato il Governo: a fine 2016 infatti erano stati spesi solo 6mila euro su 50 milioni disponibili.

Solo lo 0,1% delle auto immatricolate in Italia nel 2016 sono elettriche. Parliamo di 1.403 veicoli venduti in un anno, da confrontare con il milione abbondante di mezzi diesel messi sulle strade e con i circa 600mila nuovi veicoli a benzina.

Un grande freno alla diffusione delle auto elettriche, come sappiamo, è la carenza di infrastrutture di ricarica: da questo punto di vista il provvedimento che dovrebbe poter sbloccare il settore è il decreto legislativo 257/2016 che ha accolto la direttiva europea 2014/94 sui carburanti alternativi,  nota come DAFI.

Anche qui però c’è il rischio che le misure restino sulla carta: “bisognerà attendere il reperimento delle risorse finanziarie non coperte dal contributo statale e l’effettiva realizzazione”, ci spiegava in un’intervista a metà giugno l’avvocato Carlo Spampinato di Rödl & Partner, che ha dedicato un dossier al provvedimento.

L’industria e il contropiede cinese

Ma l’industria automobilistica come si pone in tutto questo? “Decisioni come quelle prese da Regno Unito, Francia, Olanda e Norvegia – commenta Menga – incoraggiano chiaramente le case a muoversi: entro il 2020-2021 secondo gli annunci dovrebbero essere in commercio circa 50 modelli di auto elettriche”.

La Germania, come spiega il presidente di Cives, “anche in conseguenza del Diesel Gate vuol diventare leader in questo settore”: è recente l’annuncio dell’offensiva elettrica di Daimler, che prevede la costruzione di una super-fabbrica di batterie al litio in Germania e il lancio di dieci vetture elettriche pure entro il 2022.

Ma sembra chiaro che chi sta giocando con più convinzione la partita sono le industrie cinesi: non è un caso che Volvo, che nei giorni scorsi ha annunciato che dal 2019 ogni modello commercializzato avrà un motore elettrico, sia controllata dal gruppo cinese Geely.

La settimana scorsa abbiamo scritto delle pressioni delle case automobilistiche statunitensi, europee, giapponesi e coreane, che chiedono a Pechino di ritardare e ammorbidire obblighi e sanzioni previsti dal 2018 per i veicoli elettrici sul mercato domestico.

“In Cina già oggi i mezzi elettrici pesano per circa il 50% delle percorrenze – spiega a QualEnergia.it Menga – soprattutto grazie a scooter elettrici e minicar. Le industrie locali si stanno attrezzando e sono in grado di produrre auto elettriche a prezzi molto competitivi. È chiaro allora che di fronte alla spinta cinese l’industria automobilistica del resto del mondo si allarmi.”

Il seguente documento è riservato agli abbonati a QualEnergia.it PRO:

Prova gratis il servizio per 10 giorni o abbonati subito a QualEnergia.it PRO

ADV
×