Seconda casa al mare, le soluzioni più efficienti per fare acqua calda

Dai vari tipi di scaldabagno (a gas, con resistenza elettrica, in pompa di calore) fino ai sistemi solari termici, eventualmente integrati con pompa di calore o caldaia: una carrellata sulle tecnologie per ottenere acqua calda sanitaria nel modo più conveniente nelle abitazioni delle vacanze estive.

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Scaldabagno elettrico o a gas, boiler in pompa di calore, solare termico a circolazione naturale o forzata: qual è la soluzione più vantaggiosa per produrre l’acqua calda sanitaria nella seconda casa al mare?

Un’abitazione di questo tipo, con ogni probabilità, sarà usata in media per due o tre mesi l’anno nei periodi più caldi e soleggiati. Confrontiamo allora le caratteristiche principali delle varie tecnologie, con indicazioni di massima su costi, prestazioni e possibilità di sfruttare energia rinnovabile, con l’aiuto dell’ingegner Ignazio Termine di Vaillant e Luca Turco, tecnico commerciale di Paradigma Italia.

A gas o tutto elettrico

Lo scaldabagno a gas, tranne i rari casi di appartamenti privi di collegamento alla rete, è la scelta più semplice ed economica, per una serie di ragioni. Innanzitutto i costi, che si aggirano nella fascia 300-600 € per un apparecchio di buona qualità (esclusa l’installazione), in secondo luogo la flessibilità di utilizzo, perché la disponibilità di acqua calda è pressoché immediata.

Anche i costi di manutenzione sono minimi, perché uno scaldacqua a gas non richiede controlli periodici obbligatori né un libretto d’impianto.

Ipotizzando le esigenze quotidiane di una famiglia di quattro persone con un bagno, l’ing. Termine suggerisce modelli di potenza termica nominale sui 24 kW e una portata d’acqua di 14 litri al minuto.

Per chi invece vuole rinunciare al gas, magari con l’idea di elettrificare totalmente la casa, acquistando un piano cottura a induzione, la soluzione “base” è rappresentata da uno scaldabagno con resistenza elettrica, in grado di riscaldare l’acqua per effetto Joule, che al basso costo d’acquisto iniziale – bastano poche centinaia di euro – e alla facilità d’installazione unisce però alcuni svantaggi.

Il primo punto da valutare è la capacità del boiler: 50 litri, 80, 100 o di più? Tutto dipende dalle abitudini familiari e dal numero di persone presenti, senza dimenticare parenti o amici da ospitare: per evitare lunghi turni-doccia aspettando nuovamente l’acqua calda, può essere necessario sovradimensionare leggermente il boiler, anche se questo rischia di appesantire i consumi elettrici e i tempi di preriscaldamento.

In linea generale si può considerare un apparecchio da 1,5 kW di potenza elettrica con una capacità di 100 litri e un tempo di riscaldamento nell’ordine di 2-3 ore, in modo da garantire una buona flessibilità d’impiego. Bisogna porre attenzione anche alla dispersione termica, espressa in kWh/24h, preferendo un modello con il valore più basso possibile.

Più efficienza con la pompa di calore

Lo svantaggio dello scaldabagno con resistenza elettrica è l’elevato consumo di elettricità, che può essere ridotto con qualche accorgimento, ad esempio impostando una temperatura d’esercizio inferiore e tenendo acceso l’apparecchio per un numero limitato di ore giornaliere, quando si prevede di essere in casa.

Molto più efficienti, evidenziano i due esperti, sono i boiler in pompa di calore elettrica aria-acqua (PDC) e un coefficiente di prestazione COP pari a 3 o superiore: significa che ogni kWh di elettricità assorbita restituisce il triplo in energia termica. Di conseguenza, il consumo energetico è fino al 60-75% più basso rispetto a un impianto con la resistenza (COP 1).

La PDC, sintetizzando molto il suo funzionamento, preleva il calore dall’aria esterna e lo cede all’acqua sanitaria, portandola alla temperatura di stoccaggio (55-60 gradi), vedi anche la piccola guida di QualEnergia.it su questo tipo di scaldacqua.

Anche in questo caso, occorre valutare attentamente la capacità del boiler – dai 100 litri per quattro persone, a salire per utenze maggiori – e riservare uno spazio o locale tecnico dove alloggiare il serbatoio d’accumulo, a parete o a pavimento secondo la sua taglia.

La nota dolente è il prezzo: in linea di massima, uno scaldabagno in pompa di calore costa due-quattro volte più di uno scaldacqua a gas. La PDC può anche essere installata in configurazione ibrida, abbinata a una caldaia a gas (quest’ultima soluzione è interessante soprattutto se oltre all’acqua calda sanitaria vogliamo anche riscaldare l’abitazione) oppure ad un sistema solare termico.

Le soluzioni di solare termico

Le possibili soluzioni di solare termico, spiegano i nostri interlocutori, sono due: a circolazione naturale, il sistema più economico e semplice da installare, o a circolazione forzata, più efficiente ma più costoso, dove per “forzata” s’intende l’azione della pompa, che fa circolare il fluido termovettore dai collettori solari allo scambiatore nel serbatoio di accumulo.

Per una seconda casa al mare, con poche o nulle esigenze di riscaldamento invernale, può essere sufficiente un impianto low cost a circolazione naturale, in cui il calore dato dall’irraggiamento solare si trasferisce direttamente dai pannelli all’accumulatore. Un sistema di questo tipo comprende un serbatoio da 150-300 litri e uno/due collettori, per un costo complessivo (installazione esclusa) nell’ordine di 1.200-2.000 euro.

È bene precisare che il solare termico deve essere supportato da un riscaldatore ausiliario, ad esempio uno scaldabagno a gas o una caldaia, per far fronte alle giornate con scarsa insolazione. Inoltre, per quanto riguarda un impianto a circolazione naturale, non bisogna sottovalutare il potenziale impatto estetico e il suo peso, perché va installato interamente all’esterno, su un tetto a falda o una terrazza.

Una soluzione molto valida per integrare riscaldamento e produzione d’acqua calda sanitaria, segnala invece Turco, è configurare un sistema solare termico a circolazione forzata con un bollitore da 400-500 litri e collettori a tubi sottovuoto, da abbinare a una pompa di calore o caldaia a gas esistente.

In questo modo, è possibile sfruttare il calore accumulato nel bollitore nei mesi invernali per “rompere il freddo”, cioè mantenere una temperatura costante negli ambienti interni, senza accendere o quasi il generatore ausiliario quando la casa è vuota. I collettori sottovuoto, grazie alla loro elevata efficienza, spiega Turco, sono in grado di produrre acqua calda anche d’inverno, sia per usi sanitari sia per il riscaldamento.

Tra i sistemi a circolazione forzata, ricorda infine l’ing. Termine, una soluzione interessante è data dagli impianti “a svuotamento” (drain-back), che permettono di ridurre al minimo il surriscaldamento nei mesi estivi (stagnazione), che provoca delle sollecitazioni termiche al fluido solare, degradandone in breve tempo le caratteristiche. Tutto questo è amplificato da periodi di scarso utilizzo.

Una configurazione del genere comprende un serbatoio da 150-350 litri e da uno a tre collettori solari, per un costo complessivo di circa 2.500-5.500 €, installazione esclusa.

(Articolo originariamente pubblicato il 13 luglio 2017, aggiornato e ripubblicato oggi, 2 agosto 2018)

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