Primo rapporto sullo “Stato del Capitale Naturale”: in Italia troppi ecosistemi a rischio

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Cambiamenti climatici, inquinamento, rifiuti, consumo di suolo, incendi dei boschi e perdita di biodiversità stanno mettendo a rischio 36 ecosistemi in Italia. Il punto nel primo rapporto sullo "Stato del Capitale Naturale", pubblicato sul sito del ministero dell’Ambiente e in allegato.

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L’Italia è uno dei paesi più ricchi di biodiversità, con 6.700 specie di flora vascolare e oltre 58.000 faunistiche, ma sono molti i fattori di pressione antropica: tra questi i cambiamenti climatici, l’inquinamento, i rifiuti, il consumo di suolo e l’abusivismo edilizio, gli incendi dei boschi e la perdita di biodiversità marina, l’invasione delle specie aliene, lo spreco di acqua, la copertura artificiale del suolo che determina distruzione del paesaggio.

Ciò determina che diciannove ecosistemi siano considerati ad alto stato di conservazione, diciotto a medio e trentasei a basso stato: tra questi ultimi, che riguardano il 14% della superficie nazionale, gli ecosistemi a struttura forestale della Pianura Padana, quelli delle fasce costiere e sub costiere, gli ecosistemi legati agli ambienti d’acqua dolce e quelli forestali in territorio di pianura e collinare.

A segnalarlo è il primo rapporto sullo “Stato del Capitale Naturale“, pubblicato sul sito del ministero dell’Ambiente, e allegato in basso, consegnato a febbraio al Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e al Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan.

Il documento, previsto dal “Collegato Ambientale”, affronta il legame tra lo stato dell’ecosistema, il benessere sociale e le prospettive economiche.

Frutto del lavoro del Comitato per il Capitale Naturale, cui hanno partecipato nove ministeri, cinque istituzioni di ricerca pubbliche, Regioni, Comuni e nove esperti scientifici, il rapporto raccoglie le informazioni rilevabili sullo stato di conservazione di acqua, suolo, aria, biodiversità ed ecosistemi, avviando un modello di valutazione del Capitale Naturale.

Questo viene inquadrato all’interno di cinque ecoregioni terrestri (Alpina, Padana, Appenninica, Mediterranea Tirrenica e Mediterranea Adriatica) e le Ecoregioni marine del Mediterraneo che interessano l’Italia (Mare Adriatico, Mare Ionio e Mediterraneo Occidentale).

L’approccio alla contabilità e alla valutazione economica del Capitale Naturale contenuto nel Rapporto – spiega una nota del Minambiente – punta a fornire un primo inquadramento sulle metodologie di stima ed attribuzione di un valore monetario al Capitale Naturale; inoltre, il riferimento ad alcuni casi studio permette di avere un’idea, seppur parziale, dell’importanza che lo stock di Capitale Naturale ha per le attività economiche ed il nostro benessere. 

“Non si tratta di ‘mercificare’ la natura, ma di riconoscerle un valore che consenta di affiancare al Capitale Investito, al Capitale Umano e al Capitale Sociale, anche il quarto capitale, quello troppo spesso trascurato nel passato: il Capitale Naturale”, spiegano dal ministero.

“Questo Rapporto – commenta il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti – non è solo il risultato di un grande impegno scientifico per ‘misurare’ il nostro Capitale più prezioso, ma è anche un grande salto di qualità culturale che viene chiesto al Paese: associare all’ambiente italiano non solo la parola ‘conservazione’ ma anche l’idea che un vero sviluppo si può determinare solo con una corretta gestione delle nostre risorse naturali. L’introduzione degli indicatori del Benessere Equo e Sostenibile (BES) nell’ultimo Documento di Economia e Finanza rafforzano ancora di più la visione di un Paese che sa di poter crescere puntando sul suo patrimonio unico di biodiversità, risorse naturali ed ecosistemi”.
 
Il Comitato individua infine una serie di raccomandazioni, con obiettivi da perseguire nel breve e medio periodo: adottare un piano d’azione per il Capitale Naturale, renderlo centrale per la predisposizione delle misure del DEF (Documento di Economia e Finanza) e del PNR (Piano Nazionale di Riforma), in coerenza con gli obiettivi dell’Agenda 2030 e della Strategia di Sviluppo Sostenibile, integrarlo nella contabilità pubblica e nella contabilità privata, rafforzare il sistema delle aree protette di terra e mare, attuare le disposizioni riguardanti i cosiddetti “appalti verdi”, includendo nelle valutazioni i costi per la collettività derivanti dal consumo di risorse naturali e dall’inquinamento.
 

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