La certificazione LEED in Italia e i possibili effetti sul mercato delle costruzioni

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Con il volume “Leadership in Green Building”, il professor Giuliano Dall'O' analizza e raccoglie i casi più significativi in Italia di edifici certificati LEED. Riassumiamo con lui caratteristiche, vantaggi e percorso di questa certificazione ambientale volontaria e le prospettive che ha nel nostro paese.

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“Se inseriamo l’Architettura, che per definizione si orienta alla creatività compositiva, negli schemi rigidi di un protocollo di certificazione, non corriamo il rischio di omologare l’edilizia limitando la sua espressione?”

Con questa considerazione Giuliano Dall’O’ apre il volume “Leadership in Green Building”, edito da Edizioni Ambiente e uscito nei giorni scorsi in libreria, che analizza e raccoglie i casi più significativi in Italia di edifici certificati LEED.

“Il risultato del lavoro svolto per raccogliere i casi più interessanti di edifici certificati LEED in Italia ci dice esattamente il contrario. La certificazione LEED è stato piuttosto uno stimolo a trovare soluzioni nuove. Non esiste più una netta distinzione tra architettura bioclimatica e architettura ‘standard’, tutto il settore si muove in questa direzione, seppur con andature diverse nei vari comparti”, ci spiega l’autore del libro, architetto e professore associato di Fisica Tecnica Ambientale presso il Dipartimento ABC del Politecnico di Milano.

L’effetto traino delle certificazioni verso un’edilizia sostenibile sembra per ora avere effetto principalmente sul mercato delle nuove costruzioni, in cui, sottolinea Dall’O’, “la certificazione ambientale volontaria e quella energetica obbligatoria stanno già stimolando nei costruttori la ricerca di prestazioni energetiche elevate, e quindi di consumi minori, una scelta accurata dei materiali, l’integrazione delle rinnovabili negli edifici”.

Il motivo principale, ci dice il professore, è che la qualità energetica e ambientale dell’edificio consente al costruttore di posizionare il proprio immobile in una posizione di mercato migliore e con un valore più elevato, oltre ad una maggiore apertura verso il mercato internazionale, più sensibile alle certificazioni di questo tipo.

“Parallelamente – aggiunge – abbiamo però in Italia un settore dell’edilizia esistente con consumi elevati in cui, ad esempio, la certificazione energetica, per via di barriere culturali ancora troppo alte, è vista ancora solo come un obbligo da assolvere con il minor costo possibile, e con le conseguenze che conosciamo sull’affidabilità dei risultati”, (QualEnergia.it, “La farsa della falsa certificazione energetica degli edifici“).

Non serve ricordare che poi, a questo step obbligatorio, dovrebbe seguire una riqualificazione energetica dell’edificio o dell’abitazione privata. Una fase che ancora non è conseguenziale.

Un passo indietro

Prima di concentrarci sulla certificazione LEED e sulle sue caratteristiche ricordiamo, sempre con l’aiuto di Giuliano Dall’O’, la differenza tra certificazione energetica e ambientale.

“La certificazione energetica è obbligatoria ed è stata introdotta in seguito al recepimento della direttiva 91/2002. Si sta diffondendo secondo i criteri indicati dalla normativa di riferimento ed è arrivata alla sua seconda edizione. Il fatto che contribuisca a ridurre i consumi di energia è vero principalmente per gli edifici nuovi, perché in fase di realizzazione si punta ad avere prestazioni energetiche elevate. L’applicazione sugli edifici esistenti è, come ho detto, per ora percepita solo come un obbligo, che non dà ancora una concreta spinta verso un’edilizia sostenibile”.

“La certificazione ambientale è obbligatoria solo in alcune regioni e comunque non in termini assoluti, ma in genere funziona su base volontaria e tiene conto, non solo della qualità energetica dell’edificio, ma anche delle caratteristiche che ne determinano la sostenibilità ambientale”, spiega l’autore.

“Ad esempio si tiene conto della qualità dei materiali, dell’utilizzo delle rinnovabili, del consumo dell’acqua e soprattutto del rapporto dell’edificio con l’ambiente. Si passa quindi da una visione di edificio sostenibile a una visione di abitare sostenibile”.

Va da sé che allora un edificio altamente efficiente dal punto di vista energetico, ma posizionato in una zona isolata che costringe ad esempio ad usare un mezzo di trasporto privato, sarà considerato meno compatibile con l’ambiente rispetto a un edificio efficiente posizionato in un centro urbano, con piste ciclabili e servito dai mezzi pubblici di trasporto.

La certificazione LEED

In estrema sintesi la certificazione ambientale volontaria LEED, riconosciuta a livello internazionale e nata negli Stati Uniti nel 1998, attesta che un edificio è rispettoso dell’ambiente e che costituisce un luogo salubre in cui vivere e lavorare. Prevede una verifica da parte di terzi delle performance di un intero edificio (o parte di esso) o di intere aree urbane.

“Il sistema di rating LEED – ci spiega Giuliano Dall’O’ – è articolato in 7 sezioni organizzate in prerequisiti e in crediti. I prerequisiti delle varie sezioni sono obbligatori per l’accesso alla certificazione, mentre i crediti vengono assegnati in base alle caratteristiche del progetto. Dalla somma dei punteggi dei crediti deriva naturalmente il livello di certificazione, diviso in base, argento, oro e platino”.

Ecco l’elenco: Sostenibilità del sito; Gestione delle Acque; Energia e Atmosfera; Materiali e Risorse; Qualità Ambientale interna; Innovazione nella progettazione e Priorità Regionale. “Le ultime due non hanno prerequisiti, ma sono state introdotte per rendere la certificazione più legata alle problematiche del territorio e per spingere l’innovazione” dice Dall’O’.

La certificazione LEED è divisa poi in diversi protocolli per le diverse tipologie di edificio: le nuove costruzioni (Building Design & Construction – Schools – Core & Shell), edifici esistenti (EBOM – Existing Buildings Operation & Maintenance), piccole abitazioni (GBC Italia Home), per aree urbane (ND – Neighborhood), mantenendo però un’impostazione di fondo coerente tra i vari ambiti.

Il LEED in Italia

Dal suo arrivo in Italia nel 2008, anno di nascita del Green Building Council Italia, la certificazione ambientale LEED ha mantenuto sul territorio nazionale una crescita costante (vedi grafico) arrivando oggi a 350 richieste di certificazione, per una superficie complessiva di circa 4,8 milioni di m2. Di questi, 130 hanno già ottenuto la certificazione, per un totale di 2,2 milioni di m2 .

La distribuzione geografica degli edifici certificati LEED è tutt’altro che uniforme. Come mostra chiaramente l’immagine qui sotto, realizzata dal Green Building Council Italia, il 78% degli edifici LEED si trova nel nord Italia, il 29% al centro e solo il 3% al sud.

“La maggiore densità si ha nelle aree in cui le amministrazioni pubbliche hanno sposato la sostenibilità in termini strategici, adottando strumenti di indirizzo o regolazione specifiche in favore dei rating systems LEED e nelle aree in cui è maggiormente presente sul mercato il ruolo importante delle committenze con respiro internazionale”, ci spiega Giuliano Dall’O’.

In prospettiva

“Quello che emerge dalla lettura complessiva di casi studio italiani – sottolinea – è che gli edifici più importanti realizzati negli ultimi 5-10 anni hanno deciso di farsi certificare LEED. Questo indica che, soprattutto nel terziario, l’elemento della competitività nel mercato del proprio edificio è un fattore importante nella scelta di dotarsi di questa certificazione. Dalla sede dell’Università di Venezia Ca’ Foscari, un edificio di 557 anni, al recente bosco verticale di Milano”.

Ma non bisogna dimenticare che il settore dell’edilizia è ancora in crisi, anche se sta dimostrando di saper trarre da queste difficoltà nuovi stimoli per rinnovarsi e trovare le strategie giuste per ripartire.

“Dovremmo però ragionare di meno a livello di singolo edificio e più sulla rigenerazione urbana. Questa è la strada. Le nostre città devono cambiare. Non a caso il GBC italia, come è già successo in America, ha introdotto la certificazione GBC quartieri. La politica dovrà fornire i mezzi economici, le associazioni, come l’ANCE, dovranno supportare le imprese e favorire un dialogo costruttivo con i decisori politici per raggiungere questo obiettivo”, conclude Giuliano Dall’O’.

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