Rinnovabili nell’UE: target 2020 vicino ma la corsa rallenta

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Nel 2014 le rinnovabili hanno prodotto il 15,9% dell’energia totale consumata nell’Unione Europa. L’obiettivo del 20% entro il 2020 è più vicino. Ma la crescita delle fonti pulite rallenta e gli occupati calano di 44mila unità dopo la perdita di 77mila posti di lavoro l'anno prima. Il nuovo rapporto di Eurobserv’ER.

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Rispetto al 2013, nel 2014 la quota di rinnovabili nel consumo totale europeo di energia è cresciuta di quasi un punto percentuale (dal 15% al 15,9%) e quella nel mix elettrico di due: dal 26,1% al 28,1%. Tutto ciò in un contesto economico e climatico non facile, contraddistinto dall’ulteriore diminuzione del numero di addetti nel settore, dal crollo del prezzo del petrolio e dal calo dei consumi di legna per la produzione di calore in conseguenza di un inverno particolarmente mite.

È quanto spiega in dettaglio il rapporto 2015 sulle energie rinnovabili realizzato dal centro studi EurObserv’ER (in allegato in basso), che ha analizzato i dati completi nei 28 Paesi dell’Unione Europea della produzione di energia dalle diverse fonti rinnovabili: eolico, solare fotovoltaico, solare termico, solare a concentrazione, mini-idroelettrico, pompe di calore, biomasse solide, biocarburanti, biogas, geotermico, parte biodegradabile dei rifiuti ed energia del mare.

Le rinnovabili rallentano la corsa

Il rapporto puntualizza che le energie rinnovabili in Europa sembrano aver perso quello sprint vincente che ha consentito loro in un decennio (dal 2004 al 2014) di raddoppiare (dal 14,3% al 28,1%) il proprio contributo alla produzione europea di elettricità. E di avvicinarsi anno dopo anno all’obiettivo vincolante stabilito dalla Direttiva 28/2009 del 20% nel consumo totale di energia (rispetto a questo target, le rinnovabili sono passate dall’8,5% del 2004 al 15,9% del 2014).

Il raggiungimento dell’obiettivo del 20% rimane ancora in dubbio se si guarda all’incremento assoluto del contributo delle fonti rinnovabili negli questi ultimi anni: 2,6 Mtoe in più tra il 2013 e il 2014 (da 172,1 a 174,7 Mtoe), una drastica diminuzione rispetto ai 9,1 Mtoe di incremento tra il 2012 e il 2013 (163 Mtoe il valore nel 2012).

A livello di singoli Paesi, nove hanno già raggiunto i loro obiettivi al 2020: Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Italia, Romania, Finlandia, Svezia e Lituania (grafico sotto). Tre Paesi hanno raggiunto il 90% del loro obiettivo: Austria, Danimarca e Lettonia. Più complessa la situazione per le nazioni che consumano più energia in Europa: la Germania e la Francia hanno raggiunto il 76,5 e il 62,7% dei rispettivi obiettivi e il Regno Unito è al 46,4% del target.

 Quota di energia da rinnovabili nel consumo totale di energia nel singoli Paesi europei nel 2013 e nel 2014 e obiettivo al 2020.
*: stime EurObserv’ER. **: nei dati della Francia non sono inclusi i Territori d’Oltremare. 

Rimane stabile il giro d’affari

Secondo il rapporto, il raggiungimento dell’obiettivo comunitario del 20% dipenderà da due fattori: l’evoluzione del prezzo del petrolio nel breve-medio termine e i nuovi investimenti in rinnovabili. Per quanto riguarda gli investimenti, servirebbe un colpo di coda che, per il momento, non è in vista. Nel 2014, infatti, il giro d’affari del settore (investimenti complessivi nella filiera: manufacturing, distribuzione e installazione dei prodotti, O&M) si è attestato a 143,6 miliardi di euro ed è rimasto praticamente stabile rispetto all’anno precedente (142 miliardi).

Per investimenti, al primo posto si conferma la Germania con 33,3 miliardi; di questi, 12 miliardi sono nell’eolico offshore (nell’intera Europa, il giro d’affari nell’eolico è stato nel 2014 di 48 miliardi e subito dopo vengono le biomasse solide con 36 miliardi). A livello di singoli Paesi, la Germania è seguita da Francia (18,8 miliardi), Regno Unito (18,1 miliardi) e Italia (16 miliardi). Nel nostro Paese, gli ambiti con i giri d’affari maggiori sono stati le pompe di calore (5,3 miliardi), il biogas (2,7 miliardi) e il fotovoltaico (2,34 miliardi). «Malgrado l’Europa non sia più ormai il centro nevralgico per l’installazione di nuovi impianti a fonti rinnovabili, l’industria europea del settore è però matura e rappresenta un ambito insostituibile – scrivono gli autori del rapporto -. Inoltre, è ben posizionata per beneficiare dei rapidi cambiamenti nel panorama energetico mondiale che si stanno materializzando in questi anni».

Calano ancora gli addetti

Nonostante l’aumento della produzione da rinnovabili, calano gli addetti del settore (diretti e indiretti), raggiungendo il valore di 1,11 milioni. Il calo tra il 2013 e il 2014 (-44.000 unità) è comunque inferiore a quello registrato tra il 2012 e il 2013 (-77.300).

EurObserv’ER spiega questa diminuzione con la fine degli incentivi e del sostegno legislativo alle rinnovabili in buona parte dell’Unione e con la crisi finanziaria che sta iniziando a colpire anche questo settore, cresciuto notevolmente proprio quando la crisi danneggiava ambiti industriali più tradizionali. Il settore che nel 2014 ha perso più posti di lavoro è stato il solare fotovoltaico: dai 155.950 impiegati del 2013 si è passati ai 119.750 del 2014 (quasi un quarto in meno da un anno con l’altro).

Per il fotovoltaico, le perdite maggiori sono state registrate in Germania (-17.700 unità) e in Grecia (-8.000). Le perdite nel solare, purtroppo, non sono state compensate dalle crescite nell’eolico (+10.150) e nei biocarburanti (+5.600). Il settore eolico è primo con 314.000 impiegati, grazie soprattutto allo sviluppo del mercato offshore. Seguono le biomasse solide (306.000) e il solare fotovoltaico (119.750).

I posti di lavoro in Italia

Complessivamente, in Italia sono 82.500 gli addetti diretti e indiretti che lavorano nelle rinnovabili, in particolare nell’eolico (20.000) e nelle biomasse solide (19.000). Gli addetti del solare fotovoltaico non sono variati tra il 2013 e il 2014 rimanendo 10.000. Ma non c’è molto di cui andare fieri: sono stati i governi che si sono succeduti prima del 2013 a usare tutto il proprio zelo per demolire il settore fotovoltaico italiano (riuscendoci davvero bene).

E in tal modo hanno fatto perdere a tanti lavoratori del solare il proprio posto di lavoro: questi erano ben 55.000 nel 2011 e sono crollati a 16.000 l’anno successivo. Se si cerca di scovare nel rapporto dei dati positivi anche per l’Italia, qualcosa comunque lo si trova: il nostro Paese si conferma primo in Europa per numero di impiegati nel geotermico (5.500) e secondo nel biogas (5.000 impiegati: +800 rispetto al 2013), settore in cui la Germania con 48.300 impiegati e una produzione nel 2014 di 7.400 ktoe rimane comunque leader incontrastato.

Il report di Eurobserv’ER (riservato agli abbonati a QualEnergia.it PRO)

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