Le promesse di lotta al global warming e quelle sospette dei nemici del clima

Nazca è il sito ufficiale dell’Unfccc in cui sono raccolte tutte le 10.825 iniziative contro il cambiamento climatico di organismi non statali, come investitori, cooperative, associazioni, città, regioni e società private. Siamo andati a curiosare e abbiamo scoperto interessanti sorprese.

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Agli inizi di novembre ExxonMobil è stata citata in giudizio a New York, per «pratiche ingannevoli contro i propri azionisti». Quello che si rimprovera al gigante mondiale dell’energia è di aver ostinatamente negato fino a poco tempo fa l’esistenza di un problema climatico, mentre lo riconosceva privatamente, in comunicazioni interne alla compagnia, adattando di conseguenza la progettazione delle proprie operazioni e dando per scontate le conseguenze del riscaldamento globale.

Insomma, agli azionisti si diceva «Non vi preoccupate, il climate change è solo una bufala, che non influirà mai sul valore delle nostre azioni», dall’altra ci si preoccupava delle conseguenze dello stesso, nel posare oleodotti o valutare il rischio di eventi meteo estremi.

Non-State Actor Zone for Climate Action

Forse agli inquirenti newyorchesi potrebbe interessare anche il fatto che la “negazionista climatica” Exxon compare fra le 2034 aziende censite da Nazca , il sito ufficiale dell’Unfccc (United Nations Framework Convention on Climate Change) che, come indica l’acronimo Non-State Actor Zone for Climate Action, raccoglie tutte le 10.825 iniziative contro il cambiamento climatico, prese da organismi non statali, come investitori, cooperative, associazioni, città, regioni e, appunto, società private.

Una visita a Nazca rende molto evidente di come la faccenda climatica stia ormai diventando un tema globale, che va molto al di là di quanto si impegnino di fare Stati e governi. E certo, come il caso Exxon anticipa, l’esplorazione di Nazca riserva molte sorprese.

“Arcinemici del clima” e greenwashing che fa risparmiare

Il contributo delle compagnie private a Nazca è notevole: 2034, di 20 settori diversi, hanno segnalato all’Unfccc loro piani per la riduzione interna delle emissioni di CO2. Ma qui, come detto all’inizio, ci sono notevoli sorprese.

Se è scontata la molto pubblicizzata partecipazione dei giganti della Silicon Valley, si scopre con sorpresa che molti “arcinemici della narrazione climatica”, come la citata Exxon o estrattori di sabbie bituminose o persino estrattori di carbone, sono qui riuniti insieme a produttori di impianti a rinnovabili e distributori di energia verde.

La ragione è semplice: ridurre le emissioni vuol dire essenzialmente ridurre i costi energetici, per cui non costa nulla presentare un ovvio efficientamento delle operazioni, a fini di miglioramento dei bilanci, come pura operazione “verde”.

Prezzo della CO2 e misure win-win

E infatti gran parte delle società (ma non solo) nella lista ha come misura “climatica”, l’introduzione di un “prezzo della CO2” a fini interni (estremamente variabile: si va dai 4 $/ton della Microsoft, ai 12 di Enel, agli 80 di Exxon). Così, quando si valutano vari investimenti, calcolando quante emissioni ognuno comporti e moltiplicando queste per il prezzo fissato, si ha una stima dei relativi costi energetici, che può influire più o meno sulla scelta di quale progetto poi implementare (a tal proposito si veda anche l’interessante intervento di G.B. Zorzoli, ndr).

Effetti simili le hanno altre promesse di riduzioni delle emissioni di CO2, come le 8 fatte dal gruppo Fiat-Chrysler: si tratta sempre di misure win-win che fanno bene all’azienda quanto fanno bene al clima, riducendo i costi operativi, o, riducendo i consumi energetici di prodotti come le auto, aumentano il loro appeal commerciale.

La lista dei buoni e chi fa davvero sul serio

Con misure di buona pratica gestionale di una azienda, passando attraverso il lavacro della CO2, si può entrare nella lista dei buoni dell’Unfccc, con ben poco sforzo, anche se magari il proprio core business è incompatibile con la stabilità climatica o i propri media office lavorano a minimizzare o negare l’allarme.

Ben diverse, più impegnative e più rare a trovare, sono invece misure che comportano una riduzione in termini di profitto, come l’usare una quota crescente, fino al 100% o più, di energie rinnovabili nelle proprie operazioni o nei propri prodotti: lo promettono, per esempio, sia la Apple, che Microsoft, che Google. O almeno contribuire all’abbattimento della propria impronta energetica, attraverso progetti di riforestazione, tutela ambientale o acquisto di quote di “CO2 negativa”, come si impegna a fare, per esempio, General Motors.

Enti locali italiani in prima fila

Altre ancora le cose interessanti che si scoprono spulciando Nazca: l’Italia è il Paese di gran lunga con più enti locali che hanno preso impegni climatici: delle 2254 città nella lista Unfccc (che riunisce molte, ma stranamente non tutte, le città associate a varie iniziative come il Patto dei sindaci, il C40 o il Compact of Mayors), circa 1000 sono nel nostro Paese, che batte così altre nazioni in teoria ben impegnate sul clima della nostra, come la Germania, che ha invece nell’elenco solo un centinaio di città. Stesso discorso per altre grandi nazioni europee: una trentina di impegni nel Regno Unito e 41 in Francia.

Simile perplessità deriva dall’allargare lo sguardo al mondo: mentre la mappa della UE è coperta di “puntine”, gli altri grandi emettitori, come Usa, Cina, Canada, Australia, India, hanno partecipazioni molto più sporadiche, con ampie zone vuote, come il Midwest americano, che diventano totale assenza nel caso della Russia. Più impegnato sembra il Giappone, anche se le sue città si muovono in modo non coordinato fra loro.

I Comuni del Belpaese tra buona volontà ed esigenze di bilancio

Insomma, la lotta “locale” al cambiamento climatico sembra una storia molto europea, molto mediterranea e soprattutto molto italiana. Certo, scorrendo nel dettaglio qualche piano di intervento, non sfugge che alcune città italiane (fra cui microscopici borghi sperduti nelle campagne lucane, sarde o toscane, la cui preoccupazione per il proprio impatto sul clima planetario fa tenerezza), sembrano spesso prolissi riassunti scolastici sui temi climatici, conditi alla fine da vaghe promesse di “fare i bravi” in futuro, mentre quelli delle poche città tedesche, sembrano spesso consistere in poche chiacchiere seguite da dettagliati schemi sul cosa, come e quando le riduzioni di emissioni avverranno, e chi, quando e come controllerà l’avvenuto rispetto degli impegni.

Ma anche facendo la tara di un certo velleitarismo mediterraneo, contrapposto alla serietà teutonica, non si può che constatare come l’impegno climatico, forse anche per il suo risvolto del risparmiare energia e aiutare a far quadrare i bilanci comunali, nel nostro Paese sia evidentemente vissuto come importante dalle comunità locali da nord a sud, mentre in altri Paesi, forse, ci si aspetta che il tema sia più una faccenda di cui si deve occupare il governo centrale.

A riprova, come si sale di un gradino a province e regioni, l’Italia quasi scompare dall’elenco mondiale di 150 enti coinvolti (le sole Lombardia, Emilia e Sardegna si sono impegnate da noi), mentre si infittisce la partecipazione in altre nazioni.

Gli impegni proposti

Le azioni che queste comunità promettono sono poi molto varie (sia come tipo che come efficacia): la misura più gettonata è la promessa di riduzione delle emissioni di CO2 del 20-30% al 2020-2030, ma ci sono anche aumento dell’efficienza nell’uso dell’energia o di acqua in generale o in certi settori specifici, quote obbligatorie di veicoli elettrici, riduzione delle emissioni su base procapite, uso obbligatorio di una quota di fonti rinnovabili, promessa di non deforestare ulteriormente o riforestare; progetti di tutela ambientale e meccanismi finanziari, come bond per progetti “verdi” o meccanismi di trading della CO2.

Una visita istruttiva

Una visita al sito Nazca, è sicuramente istruttiva per chi si interessa di temi energetici e climatici: anche se alcune delle inclusioni nelle sue liste destano perplessità, certo infonde speranza vedere quanto le tematiche climatiche e di consumo intelligente dell’energia, siano ormai penetrate nel discorso pubblico, finendo negli obbiettivi politici ed economici di così tante comunità e imprese.

Se tutti manterranno quanto promettono di fare in quel sito, e altri ancora ne seguiranno l’esempio, evitare una catastrofe climatica forse non sarà poi così impossibile.

Il sito NAZCA-Climate Action

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