Tagliare gli incentivi aiuta il fotovoltaico a crescere?

In Gran Bretagna si sono proposti tagli degli incentivi al fotovoltaico di circa il 90%. Gran parte dell'industria è insorta, temendo che il colpo di mannaia ammazzi il solare nel Paese. Ma c'è anche chi sostiene che un abbandono rapido dei meccanismi di supporto possa rafforzare questa tecnologia anziché danneggiarla.

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In Gran Bretagna nei giorni scorsi è stato annunciato un pesante taglio degli incentivi al fotovoltaico: secondo la proposta da gennaio 2016 le tariffe feed-in per i piccoli impianti verrebbero tagliate di quasi il 90%. Ad esempio per gli impianti sotto ai 10 kW si passerebbe da 11,3-12,47 p/kWh a 1,63 p/kWh (cioè da circa 15,4 – 17 eurocent/kWh a 2,27 eurocent/kWh) e per tutte le tariffe verrebbe stabilita una ridefinizione periodica graduale al ribasso, fino ad arrivare all’abbandono degli aiuti al solare per il 2019.

Associazioni ambientaliste e di categoria sono insorte, definendo insostenibili i tagli e avanzando proposte di riduzione alternative, per alleggerire la bolletta dei britannici, sulla quale pesano gli incentivi, senza ammazzare il FV. Ma se un abbandono rapido dei meccanismi di supporto rafforzasse il solare anziché danneggiarlo? Questa è la tesi sostenuta da Assaad Razzouk, ceo di Sindicatum Sustainable Resources, in un suo intervento sull’Huffingon Post britannico che offre diversi spunti di riflessione.

L’amministratore dell’azienda delle rinnovabili fa l’esempio della Germania. Razzouk parla di un’industria del FV, quella tedesca, “che ha continuato a crescere” nonostante i tagli significativi degli ultimi anni. In realtà il mercato del FV tedesco si è fortemente ridimensionato (nel 2014 si sono installati 1.890 MW, un calo del 43% rispetto ai 3.304 MW del 2013, e il triennio 2010-2012, nel quale il Paese ha installato più di 7 GW all’anno, sembra lontanissimo), ma si può dire che l’ex leader mondiale del FV a fronte di tagli consistenti, ma previsti e programmati, ha mantenuto un mercato del FV di tutto rispetto e la potenza totale continua a crescere a buoni ritmi.

Secondo l’esperto, infatti, a spingere le installazioni non è tanto l’entità degli incentivi, ma la cultura del solare e l’efficienza in termini di costi e servizi delle aziende del settore, efficienza che può essere appunto stimolata dalla maggiore competizione data dai tagli agli incentivi. Con tariffe più basse, è la tesi, le aziende saranno motivate a ridurre i costi e cercare strategie di distribuzione più efficaci, per far diventare il FV un prodotto veramente di massa. Dal 2008, si ricorda, i prezzi del FV si sono ridotti dell’80% e in mercati anche relativamente giovani, come India e Australia, “si è continuato ad investire nonostante tagli degli incentivi analoghi a quelli britannici”.

È importante ricordare, sottolinea, Razzouk, “che il punto di forza principale dei pannelli solari non è la remunerazione che il governo dà per installarli; è il fatto che sono più puliti ed efficienti che altre fonti di elettricità. Si ripagano effettivamente da soli”. “Nonostante il panico che prende a qualcuno quando gli incentivi al solare scompaiono improvvisamente – continua –  il solare non scomparirà mai come fonte di energia. Al contrario: la rivoluzione dell’energia pulita in atto potrà solo accelerare, nel mondo l’anno scorso si sono installati 40 GW di potenza, contro i soli 7 GW di 5 anni fa”.

Parole condivisibili, ma forse troppo ottimistiche. Che il fotovoltaico sia la fonte del futuro è fuori discussione: troppi i vantaggi di questa fonte pulita, sempre più economica, che si installa in tempi rapidissimi, dà energia la dove serve, e che, nel giro di qualche anno, la fornirà anche quando serve, appena le batterie saranno abbastanza economiche. Che i tagli degli incentivi accelerino lo sviluppo del FV è invece un’affermazione che merita alcuni distinguo.

Nell’esempio tedesco citato tagli severi (ma programmati e previsti) hanno portato ad un calo delle installazioni, ma stanno consentendo di conservare un mercato da circa 2 GW l’anno, mentre si sta incentivando la diffusione dei sistemi di accumulo. In Italia, invece, unico Paese in cui gli incentivi al FV sono stati eliminati completamente (fatta eccezione per le detrazioni fiscali per i piccoli impianti) c’è stato un crollo: nel 2014 si sono installati meno di 400 MW e i dati per il 2015 non sembrano migliori. Eppure, se c’è un Paese in cui il FV ha le carte in regola per farcela senza aiuti è il nostro, dove grazie alla buona radiazione solare, ai prezzi bassi degli impianti e all’alto costo dell’elettricità, il FV è già conveniente, senza incentivi, rispetto all’acquisto di energia dalla rete.

Insomma: togliere le rotelle aiuta di certo il bimbo ad imparare più in fretta ad andare in bici, ma ci vuole molta cautela. Il caso italiano – dove gli incentivi sono stati tolti troppo presto – dovrebbe mettere in guardia la assai meno assolata Gran Bretagna: gli aiuti si possono ridurre, fino ad eliminarli, ma ci vuole molta gradualità e possibilmente altre misure di accompagnamento. La nostra realtà mostra infatti bene che non basta nemmeno che si sia raggiunta la grid parity per continuare a crescere: bisogna creare un contesto normativo chiaro e stabile e favorire l’accesso al credito, vera criticità per modelli di business come quelli basati sui SEU e in genere sull’autoconsumo.

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