Clima, ecco il piano cinese: carbon intensity tagliata del 60-65% entro il 2030

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La Cina ha annunciato il suo piano INDC in vista della COP 21. Nei prossimi 15 anni taglierà l'intensità di CO2 della propria economia (rapporto tra emissioni di CO2 e Pil) con ritmi doppi rispetto ai 15 anni precedenti, triplicando entro il 2020 la potenza da fotovoltaico e raddoppiando, sempre in 5 anni, quella da eolico. Il documento.

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In vista della Conferenza delle Parti numero 21, che si terrà a Parigi a dicembre, la Cina ha annunciato ieri il suo obiettivo nella lotta al global warming: ridurre entro il 2030 l’intensità di carbonio del 60-65% rispetto ai livelli del 2005, cioè del rapporto tra consumi di energia e PIL. L’annuncio è stato fatto dal premier cinese Li Keqiang durante una visita ufficiale in Francia.

La decisione della Cina è parte del piano di contrasto ai cambiamenti climatici, INDC cioè  Intended Nationally Determined Contributions, che ogni Paese deve sottoporre alle Nazioni Unite in vista della conferenza mondiale sul clima che si terrà a Parigi il prossimo dicembre (in basso il documento).

Come già previsto nella storica dichiarazione congiunta con gli Stati Uniti dello scorso autunno, la superpotenza entro il 2030 porterà al 20% il contributo delle fonti “non-fossili”, leggasi rinnovabili e nucleare, sul totale dei consumi di energia primaria ed entro lo stesso anno inizierà a ridurre le emissioni.

Tra le azioni previste nel Piano, accelerazioni su edilizia efficiente, mobilità sostenibile, riforestazione e least but not last, rinnovabili. Si punta infatti a portare la potenza da fotovoltaico dai circa 28 GW attuali a 100 GW in 5 anni, cioè entro il 2020, mentre l’eolico nello stesso periodo dovrà passare dai circa 96 GW attuali a 200 GW. (Nella foto, da satellite, i nuovi parchi FV che si stanno costruendo nel deserto del Gobi).

L’annuncio cinese arriva dopo gli impegni già presi da Unione Europea e Stati Uniti. Tutti i più grandi inquinatori hanno dunque messo sul tavolo delle trattative i rispettivi obiettivi in vista della Conferenza sul Clima di Parigi.

Per capire l’importanza del ruolo della Cina si ricordi che le emissioni cinesi, cresciute vertiginosamente nell’ultimo decennio, pesano per circa il 30% del totale mondiale e che senza il contributo cinese il tentativo di fermare il riscaldamento globale entro la soglia dei 2 °C sarebbe con ogni probabilità destinato a fallire.

Per come sta agendo Pechino potrebbe benissimo superare di misura gli obiettivi annunciati nel piano NRDC depositato ieri. La Cina infatti da qualche anno sta accelerando decisamente sulla decarbonizzazione, anche per gli enormi danni sanitari e ambientali che l’inquinamento atmosferico le sta causando, e che pesano per quasi il 12% del Pil.

I risultati si stanno già vedendo: ad esempio per la prima volta in questo secolo il consumo di carbone cinese – che dal 2000 al 2010 è cresciuto di circa il 10% l’anno – nel 2014 è calato del 2,9% e il trend discendente sta proseguendo in accelerazione nel 2015.

Sempre nel 2014, la Cina ha ridotto la sua intensità energetica del 4,8%, quasi un punto percentuale di più dell’obiettivo che si era data. Dal 2005 il gigante asiatico, dipendente dal carbone per circa l’80% del suo fabbisogno elettrico e per circa il 70% del fabbisogno energetico totale, ha ridotto la sua carbon intensity del 34%.

Anche per questo un recente report del Grantham Instute stima che le emissioni cinesi inizieranno a calare già prima del 2025 in tutti i settori. Questo renderebbe “più probabile” centrare a livello mondiale l’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale entro la soglia critica dei 2 °C in più rispetto ai livelli preindustriali.

Insomma, la Cina potrebbe fare molto meglio di quel che si propone nel piano INDC annunciato ieri, che anche per questo è stato accolto dagli ambientalisti solo con una moderata soddisfazione: “Finora la Cina ha sempre giocato in difesa la partita sul cambiamento climatico, perciò oggi è stato fatto un primo passo importante verso un ruolo più attivo. Affinché la Conferenza di Parigi sia un successo, occorre però che tutti gli attori principali – la stessa Cina, ma anche l’Unione Europea – si pongano obiettivi più ambiziosi”, ha dichiarato ad esempio Luca Iacoboni, responsabile della campagna Clima e Energia di Greenpeace Italia.

Il piano INDC della Cina (pdf, traduzione in inglese da pag.17)

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