Energia ed edilizia, l’approccio minimalista dell’Italia

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Mentre diversi paesi si stanno attivando sul fronte dell'ecodiplomazia in vista della Cop di Parigi, l'Italia persevera nel suo atteggiamento difensivista, come dimostra anche sulla riqualificazione energetica dell'edilizia pubblica. Si spera in qualche positiva novità con il "Green Act" che il governo presenterà a marzo. L'editoriale di Gianni Silvestrini.

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Un paio di settimane fa i leader della maggioranza e dell’opposizione del Regno Unito hanno firmato un importante documento. Cameron, Clegg e Milliband, condividendo la necessità di un forte comune impegno sul clima coerente con l’obiettivo di non oltrepassare i 2 °C, si sono impegnati a non utilizzare la tematica del riscaldamento globale in maniera divisiva alle prossime elezioni.

In effetti, in molti paesi l’attenzione nei confronti di questa sfida strategica per le sorti del pianeta sta aumentando significativamente. Ad iniziare dagli Usa, con un Obama lanciatissimo sia sul fronte interno che nella tessitura di una ecodiplomazia che ha già portato all’importante accordo con la Cina, passando per la Francia che ospiterà la Cop 21 a dicembre e per molti altri paesi europei, dalla Germania che, dopo la decisione di uscire dal nucleare, ora si attrezza anche per una riduzione delle centrali a carbone, alla Danimarca che sta lavorando per diventare totalmente “fossil free” nel 2050.

In Italia, come succede ormai da molti anni, le forze politiche e in particolare il governo non brillano per una particolare attenzione su questo tema. Prevale già dai tempi del Protocollo di Kyoto, con poche e significative eccezioni, una incredibile sottovalutazione delle positive implicazioni economiche connesse con una intelligente politica di riduzione delle emissioni. La logica difensiva, nel solco dell’illuminata politica di retroguardia “meno impegni prendiamo meglio è”, si manifesta in molti settori. 

L’edilizia è uno di questi. È ormai chiaro che si tratta di passare dalla logica degli interventi di risparmio su singoli appartamenti alla riqualificazione spinta con riduzioni dei consumi del 60-80% di interi edifici o quartieri. Lo Stato dovrebbe in questo senso dare l’esempio nell’ambito della riqualificazione annuale del 3% dell’edilizia governativa prevista dalla Direttiva Efficienza.

L’interpretazione italiana è stata come al solito minimalista. La “deep renovation” andrebbe avviata solo nel 2% dei casi. Parliamo cioè, in tutto, di 10-15 interventi al 2020. Un risultato sconfortante, pur tenendo conto delle obiettive difficoltà legate alle lentezze dell’Amministrazione Centrale. Perché non utilizzare il supporto dell’Enea per arrivare all’obiettivo minimale di un centinaio di riqualificazioni spinte da offrire come “vetrina” al resto del paese, secondo le intenzioni europee?

Una proposta concreta che cade al momento giusto. Il governo Renzi, stufo di essere definito ‘governo fossile’, ha infatti deciso di lanciare a marzo un “Green Act”. Ottima decisione che va però riempita di contenuti. Legambiente giovedì ha  presentato le sue proposte. Il Coordinamento FREE organizza per il 19 marzo un evento in cui verranno illustrate 10 linee di intervento che potrebbero qualificare in senso ambientale la politica del governo. Nel libro “Due gradi appena uscito ci sono decine di suggestioni per l’avvio di innovative politiche.

Insomma, nell’anno del clima è ragionevole aspettarsi uno scatto governativo che consenta di utilizzare una serie di forti azioni “green” in grado di ridurre le emissioni e di rilanciare l’economia. Una politica adottata da molti paesi europei e dagli Usa. Perché non dovremmo agganciarci a questo treno?

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