Efficienza energetica, strade per una nuova politica industriale

Al contrario delle rinnovabili, l’efficienza energetica non sembra suscitare opposizioni. Tutti ne riconoscono i molteplici vantaggi. Perché allora i governi non puntano con più decisione su risparmio ed efficenza? Nell'editoriale di Gianni Silvestrini uno sguardo agli ostacoli principali e qualche proposta concreta per superarli.

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La situazione degli approvvigionamenti energetici pone crescenti problemi di sicurezza alla luce delle crisi in Ucraina e Libia. Un blocco della distribuzione di gas nel settore civile avrebbe effetti più gravi di un black-out elettrico perché i tempi di ripristino del servizio sarebbero molto più lenti. Occorre però valutare con saggezza il potenziamento delle infrastrutture di approvvigionamento considerato il rischio di avere enormi investimenti inutilizzati, come è già successo per il parco elettrico. 

Oggi i consumi energetici italiani sono tornati ai livelli del 1992 e nulla fa pensare che cresceranno in futuro, anzi è probabile che diminuiranno alla luce degli obiettivi climatici. Se venissero adottati per l’efficienza energetica target ambiziosi al 2030, le importazioni di metano si ridurrebbero del 30%. Ma l’efficienza, oltre a migliorare la sicurezza energetica, garantisce molte altre ricadute positive.

Il primo effetto è quello di ridurre gli esborsi per le importazioni di combustibili fossili che nel 2013 hanno raggiunto per l’Europa i 400 miliardi di euro. Una politica di efficienza energetica, in presenza di un accordo mondiale sul clima, indurrebbe inoltre una riduzione dei prezzi. Si aggiungerebbe così un altro vantaggio
economico, indiretto, oltre a quello diretto dato dalla riduzione di consumi e importazioni. Per di più si eviterebbe la realizzazione di alcune infrastrutture di trasporto del gas.

La combinazione del taglio di consumi e prezzi contribuirebbe quindi a ridurre il gap di competitività tra l’Europa e gli Usa e la Cina (che godono di prezzi energetici inferiori), ridare fiato all’economia, migliorare i bilanci delle imprese e ridurre le spese delle famiglie. Essendo una tipica manovra anticiclica, consentirebbe inoltre un significativo incremento dell’occupazione.

Ma questo scenario innescherebbe altre ricadute positive. Un quadro certo con obiettivi sul lungo periodo sull’efficienza stimolerebbe infatti la ricerca e la produzione di tecnologie innovative, aprendo nuove opportunità per le esportazioni di un settore previsto in forte crescita.

L’efficienza svolge inoltre un ruolo centrale nella lotta al riscaldamento del pianeta. La IEA ha stimato che il 38% del taglio delle emissioni in uno scenario di prudenza climatica (2°C) verrebbe garantito dagli interventi di efficienza energetica, mentre le rinnovabili contribuirebbero con il 30% delle riduzioni. Altri preziosi benefici collaterali vengono infine dalla riduzione degli inquinanti locali.

Ultima riflessione. Al contrario di alcune tecnologie delle rinnovabili, l’efficienza non suscita opposizioni. Tutti ne parlano bene. Ma se sono tanti i suoi vantaggi perché non è maggiormente sostenuta dai governi? Perché in Italia occorre sempre arrivare alla fine dell’anno per capire se le detrazioni fiscali sulle riqualificazioni edilizie verranno mantenute, pur in presenza di dati che documentano il vantaggio per le casse dello Stato?

Le risposte sono molte.  La principale riguarda la difficoltà di questo comparto di presentarsi compatto nei confronti dei vari livelli istituzionali. I settori produttivi coinvolti sono molti, frammentati (si va dagli elettrodomestici ai motori elettrici, dalla climatizzazione all’illuminazione…) e non riescono ad imporre la propria forza come hanno saputo fare i comparti delle rinnovabili.

Occorrerebbe che in Confindustria, accanto ai due attori che si contendono in maniera conflittuale la tematica dell’energia – i produttori elettrici e le industrie energivore – si creasse un coordinamento dei vari settori in grado di avvantaggiarsi da una politica dell’efficienza. E analogamente i sindacati dovrebbero premere con maggior decisione per l’adozione di politiche più coraggiose da parte di  governo e regioni.

E qui arriviamo a una seconda criticità. Finanziare un intervento di efficienza presenta, generalmente, delle complessità maggiori rispetto al caso di un impianto solare od eolico. Spesso vengono effettuati più interventi integrati, c’è il problema della misurazione dei risultati, nel caso di un edificio incide anche il comportamento degli inquilini…

Il tema della finanza diventa particolarmente critico, considerando che per raccogliere la sfida delle direttive europee sull’edilizia e sull’efficienza occorre un salto di qualità. Si deve infatti andare progressivamente verso un raddoppio delle superfici da riqualificare e passare dagli interventi su singoli appartamenti a quelli sui condomini. La nuova fase è quella della deep renovation, con l’obiettivo di ridurre i consumi del 60-80%.

Ovviamente la maggiore ambizione degli obiettivi impone il tema delle risorse e la necessità di avviare soluzioni di finanza innovativa. Le detrazioni fiscali andranno quindi accompagnate da nuovi strumenti che consentano di coinvolgere risorse private, seguendo l’esempio di alcuni programmi di successo stranieri, nei quali, gli interventi si effettuano grazie a fondi rotativi che vengono poi rialimentati grazie ai risparmi energetici ottenuti.

Ma va previsto anche l’impiego intelligente dei 4 miliardi della programmazione europea 2014-20, destinati principalmente all’efficienza, una cifra che verrà raddoppiata con le risorse nazionali. Analizzando alcuni programmi delle Regioni sull’impiego di questi fondi si riscontra purtroppo un’impostazione debole. Che senso ha finanziare la trasformazione a LED dell’illuminazione pubblica, come ha proposto la Lombardia? Concentriamo invece le risorse nella riqualificazione spinta di edifici pubblici o di interi quartieri, accettando la sfida dei prossimi anni.

E le Regioni che vogliono dare l’esempio, perché non fanno proprio l’obiettivo di riqualificare il 3% della superficie dei propri edifici, al momento prevista dalla direttiva efficienza solo per gli edifici governativi? Visto poi che questi interventi devono essere esemplari, perché non prevedere una certificazione energetico-ambientale validata, che ne garantisca le prestazioni? Gli Usa per gli edifici governativi usano la certificazione LEED, mentre il Regno Unito e la Germania usano il BREEAM e il DGNB.

Per finire, l’efficienza ha bisogno di preparazione, di cultura, di competenze, specialmente in questa fase di rapida evoluzione, che prevede prestazione energetiche sempre più spinte.  E’ un messaggio per i giovani. Parliamo di un settore in forte crescita, strategico per il futuro del paese e del pianeta, che può garantire lavoro e gratificazioni.

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