Fotovoltaico, fisco e catasto: la Camera chiede modifiche

Dopo diverse interrogazioni parlamentari, a chiedere correzioni sostanziali ora arriva anche una risoluzione approvata all'unanimità dalla Commissione Finanze della Camera. Aliquota ai fini dell'ammortamento e impatto degli impianti al servizio di edifici sulle rendite catastali sono gli aspetti sui quali si chiede di intervenire.

ADV
image_pdfimage_print

Sempre più pressanti le richieste di modifica delle nuove direttive in materia di trattamento fiscale degli impianti fotovoltaici, diramate lo scorso dicembre dall’Agenzia delle Entrate con la circolare 36/E, che comportano diverse conseguenze negative. Dopo varie interrogazioni parlamentari, a chiedere correzioni sostanziali ora arriva anche una risoluzione approvata all’unanimità giovedì scorso dalla Commissione Finanze della Camera (allegato in basso)

Come noto, sono due gli effetti penalizzanti dovuti al fatto che la circolare impone di considerare gli impianti FV come beni immobili. La prima è che cambiano l’aliquota deducibile dal reddito di impresa e i tempi tempi dell’ammortamento: dal 9% su 11 anni si passa al 4% su 25. La seconda è che gli impianti al servizio di immobili possono in alcuni casi far aumentare la rendita catastale degli edifici serviti; un’eventualità che si verifica quando l’impianto FV ha una potenza maggiore di 3 kW per unità immobiliare servita e un valore superiore al 15% della rendita catastale dell’immobile.

Le modifiche chieste dalla Commissione Finanze della Camera dei Deputati hanno come fine proprio quello di correggere questi due effetti, che rendono “altamente diseconomica la realizzazione” di impianti FV.

In particolare, si legge nella risoluzione 7-00400 a firma di Gian Mario Fragomeli (PD) che occorrono iniziative dirette “a rivedere la normativa recante l’obbligo di variazione della rendita catastale dell’immobile, nel caso in cui l’installazione di un impianto fotovoltaico ne incrementi il suo valore capitale (o la relativa redditività ordinaria), innalzando la soglia percentuale di detto incremento dall’attuale 15% ad almeno un più coerente 30%“.

Si impegna inoltre il Governo “ad assumere iniziative per incrementare il limite di potenza nominale degli impianti fotovoltaici destinati ai consumi domestici ad un valore pari ad almeno 7 kW, al fine di mantenere l’incentivo alla realizzazione di molteplici punti di produzione di energia ‘pulita’ catalogabili come installazioni esenti dall’obbligo di accatastamento ed assimilandoli quindi – di fatto – ad impianti di pertinenza degli immobili stessi”.

Riguardo alla aliquote per la deducibilità, si chiede che venga stabilita “una specifica aliquota di ammortamento per gli impianti fotovoltaici, prevedendo un unico coefficiente pari al 9%, a prescindere dalla natura mobiliare o immobiliare degli stessi”.

Queste modifiche sono da attuare, si specifica, facendo “salva l’esigenza di assicurare le eventuali, relative, coperture finanziarie, le quali dovranno essere puntualmente individuate a seguito di opportune verifiche tecniche”. Una precisazione introdotta nella risoluzione che fa seguito alle perplessità sollevate dal sottosegretario all’Economia, Enrico Zanetti, sulla fattibilità degli impegni alla luce dei profili finanziari.

Secondo la Ragioneria Generale dello Stato, riferisce Zanetti, il primo impegno della risoluzione, quello che eviterebbe a molti impianti di far aumentare il valore catastale degli immobili serviti, farebbe perdere circa 15 milioni all’anno di gettito da Imu e Tasi, mentre prevedere un unico coefficiente di ammortamento, innalzandolo al 9%, produrrebbe una perdita di gettito stimabile “prudenzialmente in 25 milioni di euro di competenza annua”.

La risoluzione approvata dalla Commissione Finanze della Camera

 

 

ADV
×