L’obiettivo della casa a emissioni zero: due opzioni a confronto

Quali soluzioni hanno il miglior rapporto costi-benefici per una casa che non abbia bisogno di combustibili fossili? Un sistema che abbina solare termico, biomasse e fotovoltaico o la strada del 'tutto elettrico' con fotovoltaico e pompe di calore? Si sono monitorati per cinque anni 8 edifici per individuare vantaggi e criticità delle due soluzioni.

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Le abitazioni a zero emissioni iniziano a essere relativamente diffuse anche in Italia, edifici con un’alta coibentazione e dotati di impianti solari e a biomassa, alcune esperienze puntano tutto sul fotovoltaico altri scelgono soluzioni che utilizzano più impianti integrati tra loro. Ora il nuovo obiettivo non è più dimostrare la fattibilità tecnica o economica, ma trovare le soluzioni più efficienti, cioè di minor rapporto costo-risparmio, e di maggiore durata nel tempo. Le esperienze più diffuse sono quelle che utilizzano sistemi con due o più tecnologie in modo integrato. Possono essere raccolte in due principali famiglie:

  • sistema integrato solare termico/biomasse per il riscaldamento degli ambienti e la produzione di acqua calda sanitaria (ACS) con un impianto fotovoltaico per la copertura dei fabbisogni elettrici;
  • sistema totalmente elettrico con utilizzo delle pompe di calore per il riscaldamento degli ambienti e la produzione di ACS.

Entrambi i sistemi hanno i loro vantaggi e i loro limiti. I sistemi che utilizzano impianti fotovoltaici hanno avuto un’enorme diffusione grazie agli incentivi del Conto Energia. Anche le soluzioni che privilegiano l’isolamento termico e un’attenta progettazione complessiva sono abbastanza diffuse, anche per l’impegno di realtà come CasaClima.

Ricordiamo che il fabbisogno di calore di un edificio dipende dal clima locale, dagli standard di isolamento e dai comfort termici dell’edificio. La maggior parte dell’energia e del costo energetico in una casa è quello per il calore, in particolare per riscaldare gli ambienti e per produrre acqua calda sanitaria. Circa il 90% dell’energia totale, con un costo che si aggira per una casa di circa 80 mq e 4 abitanti intorno alle 1.300 euro l’anno e in qualche caso piò superare 1.800 euro l’anno.

In un precedente articolo (QualEnergia.it, Buone pratiche per realizzare una casa autonoma a energia solare) abbiamo analizzato gli aspetti generali e le buone pratiche per il dimensionamento degli impianti. Ora analizziamo il risultato di una sperimentazione effettuata durante il progetto di ricerca SolarCIP (Criticità Installazione e Progettazione degli impianti solari) portata avanti dall’EcoIstituto RESEDA onlus. Tale sperimentazione è stata principalmente un confronto tecnico-economico ottenuto monitorando le due tipologie di sistemi elencati, per una durata di circa cinque anni di funzionamento.

L’utenza tipo che è stata presa in considerazione è quella di una casa bifamiliare di circa 70 mq di superficie riscaldata, edilizia anni ’70 e ‘80 senza una buona coibentazione; la scelta è stata fatta perché è ancora oggi una delle situazioni più diffuse. Sono stati analizzati 8 sistemi realizzati da aziende diverse e con componenti diversi. Quattro sistemi erano elettrici e quattro integrati, di cui uno per sistema, utilizzati come best-practice di riferimento.

Le loro particolarità tecniche variano intorno alle seguenti caratteristiche medie:

  • caldaia a pellet o a legna da 20 kW, impianto termico solare combi con una superficie captante di 6 kWp (circa 8 mq) e un serbatoio a stratificazione da 1.000 litri e un impianto fotovoltaico di 2 o 3 kWp;

oppure

  • pompa di calore da circa 20 kW e un impianto fotovoltaico di circa 6 kWp, con un serbatoio da 2.000 litri.

Entrambi i sistemi riescono a garantire la copertura dell’intero fabbisogno di energia termica ed elettrica ma il costo iniziale dei due sistemi è diverso: in generale è più costoso il sistema completamente elettrico anche se non necessita di acquisto di combustibile. Per quanto riguarda la manutenzione ordinaria inizialmente è stata più gravosa quella dei sistemi biomasse/solare, in quanto era necessario fare almeno tre pulizie l’anno della caldaia a pellet; con caldaie di minori prestazioni la pulizia sale addirittura di una volta ogni settimana.

I sistemi completamente elettrici hanno avuto qualche problema durante i picchi di freddo invernale e un brusco calo di efficienza intorno al 4 anno. In ogni caso il COP annuale reale del sistema a pompa di calore è rimasto con difficoltà sopra 3 durante i cinque anni di analisi. In uno dei casi i consumi elettrici sono stati di molto superiori a quanto preventivato a causa di un errato abbinamento tra pompa di calore e sistema di distribuzione del calore.

Le conclusioni sono in linea con quanto ci aspettavamo: entrambi i sistemi devono essere progettati adeguatamente e adattati alle caratteristiche dell’edificio dove sono applicati: zona geografica, tipo di sistema di riscaldamento, qualità della coibentazione. Soprattutto per i sistemi a pompa di calore si deve fare attenzione al giusto abbinamento con il sistema di riscaldamento, di solito gli errori sono piuttosto onerosi in questi casi.

Nel sistema integrato, su circa 15 MWh l’anno di consumi energetici e con la configurazione descritta, si coprono circa 5 MWh con l’impianto termico solare, 3 MWh con l’impianto fotovoltaico e il resto con il pellet. Il costo annuale del pellet è intorno ai 900 euro, se fosse stato utilizzato metano il costo sarebbe stato di circa 1.800 euro e con il GPL si sale a 2.300 euro.

Nel sistema elettrico 5 MWh prodotti dall’impianto fotovoltaico sono stati assorbiti dalla pompa di calore con un COPrea,ann = 3. Il conguaglio delle fatture non è sempre stato piacevole con picchi anche di duemila euro poi compensati a fine anno; questo a causa del sistema di rimborsi che non è esattamente contestuale. Inoltre il costo di investimento iniziale è stato sicuramente maggiore rispetto al caso integrato.

L’obiettivo della ricerca non è certo trovare quale delle due strategie sia la migliore, perché ogni caso è a se stante e a seconda dell’utenza un sistema può essere più adatto di un altro. La ricerca che abbiamo portato avanti serve invece per scoprire le criticità che si possono incontrare durante la progettazione e durante le messa in opera di questi sistemi.

Non finiremo mai di ripetere che è necessario ridurre prima di tutto i consumi attraverso un adeguato isolamento dell’edificio e ridurre i consumi elettrici pro-capite. Successivamente i consumi residui possono essere coperti da un sistema che utilizza energie rinnovabili. E’ certamente differente applicare un impianto fotovoltaico ad una casa isolata termicamente oppure ad un edificio privo di coibentazione. Una casa a basso consumo per essere autonoma da un punto di vista termico ha bisogno di un impianto FV di soli 2 kWp una casa ordinaria più di 5 kWp che, con i consumi elettrici ordinari, arriva a 5 kWp e a 8 kWp rispettivamente.

Quello che ci domandiamo è anche quale sistema convenga per il futuro, quando il sistema nazionale dovrà fare a meno dei combustibili fossili. Con il sistema di scambio sul posto, che sicuramente va migliorato anche in un’ottica di smart grid, la tecnologia fotovoltaica ha sicuramente dei vantaggi che però possono essere del tutto annullati in un sistema stand-alone o in caso di crollo del sistema (blackout o breakdown). Il sistema integrato regge meglio rispetto a variazioni delle politiche energetiche o a collassi di sistema; sicuramente ha una maggiore resilienza nel tempo.

 

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