Il mondo del fotovoltaico guarda alle batterie

Gli operatori del fotovoltaico hanno grandi aspettative riguardo agli accumuli. Lo spiega un sondaggio appena pubblicato. Un terzo degli intervistati pensa di dotare di storage oltre il 40% degli impianti realizzati entro il 2015. Tutto dipenderà dal fattore prezzo, lo stesso che sta frenando la diffusione dei micro-inverter.

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Il mondo del fotovoltaico si sta preparando a un boom delle batterie: nel giro di due anni realizzare impianti dotati di storage sarà quasi la norma. Almeno questa è la sensazione diffusa tra gli operatori del settore e riportata da un recente studio di IMS Research. Nonostante il mercato degli accumuli sia al momento quasi inesistente, a causa dei prezzi ancora alti, infatti, circa un terzo degli intervistati è convinto che entro il 2015 installerà batterie in oltre il 40% degli impianti che realizzerà.

La ricerca, condotta intervistando 400 acquirenti di inverter per FV in Germania, Italia e Regno Unito, ha mostrato anche che gli inverter made in China sono sempre più accettati e che la barriera principale alla diffusione dei micro-inverter (gli inverter che lavorano su un singolo modulo o su una coppia, contrapposti ai classici inverter di stringa) sono i prezzi ancora alti.

E’ comunque sull’accumulo di energia che gli operatori hanno le maggiori aspettative: non si attende altro che i prezzi calino per includere le batterie in una larga fetta di progetti. Ma quanto dovranno calare? Secondo il 60% degli intervistati un impianto fotovoltaico dotato di batterie sarebbe economicamente conveniente anche se costasse dal 10 al 29% in più rispetto allo stesso impianto in versione senza accumulo, mentre per un altro 30% dei rispondenti l’accumulo conviene anche con un sovrapprezzo del sistema di oltre il 30%.

“L’energy storage sta diventando sempre più importante per i sistemi fotovoltaici e se i fornitori saranno in grado di dare prodotti in linea con le aspettative degli operatori, il mercato dei sistemi di accumulo potrebbe crescere significativamente nei prossimi due anni”, sottolinea Sam Wilkinson, direttore di questo settore di ricerca a IHS.

Un’affermazione che per i lettori di QualEnergia.it non è certo una novità: il taglio degli incentivi in molti mercati importanti sta spingendo a massimizzare l’autoconsumo. In Italia lo sappiamo bene, dato che mai come con questo quinto conto energia, complice anche l’aspetto fiscale, conviene tenere dietro al contatore quanta più possibile dell’energia prodotta (si veda QualEnergia.it, Fotovoltaico: con il V conto energia conviene autoconsumare e La stangata dell’Irpef sui piccoli impianti fotovoltaici) e che una volta finiti gli incentivi (mancano meno di 100milioni alla soglia dei 6,7 miliardi di spesa che prelude alla fine del conto energia) sarà sempre l’autoconsumo la strada per continuare a fare FV. Chiaro dunque che l’energy storage attiri molta attenzione

Per questo, spiega anche un report di Nano Markets di cui abbiamo parlato di recente, i fornitori di batterie si aspettano che il mercato legato al FV residenziale esploda e stanno studiando prodotti adatti a questo tipo di domanda. Anche tra i produttori di inverter praltro non si sta con le mani in mano sulla questione e già si stanno mettendo sul mercato inverter che integrano sistemi di accumulo e promettono di aumentare del 60% la quota di autoconsumo. Nel frattempo in alcuni luoghi, come in California e prossimamente forse anche in Germania, si sta introducendo l’obbligo per gli impianti solari delle utility di dotarsi di sistemi di accumulo, cosa che potrà spingere la domanda anche per dispositivi di storage di scala più grande. Inomma, prospettive interessanti: la stima di Nano Markets è che il mercato degli accumuli per il fotovoltaico al 2018 varrà almeno 2 miliardi di dollari.

Determinante nella diffusione delle batterie sarà la discesa dei prezzi, come lo sarà per la diffusione dei micro-inverter. La diffusione di questi dispositivi che lavorano sul singolo modulo o sulla coppia di moduli, evitando molti problemi legati all’ombreggiamento che si hanno con inverter convenzionali a stringa e permettendo maggior flessibilità di progettazione, dal 2011 al 2012 è cresciuta del 10%, si legge nel report IHS Research, ma è ancora limitata dagli alti costi.

Competitivi sul prezzo sono invece gli inverter cinesi, che rileva la ricerca, vedono anche la loro reputazione in quanto ad affidabilità decisamente migliorata: la percentuale di intervistati che li ritiene di qualità accettabile è passata in un anno dal 30 al 40%, con l’aumento maggiore in Germania, dove è raddoppiata. Le perplessità più diffuse tra chi ancora storce il naso di fronte agli inverter made in China riguardano l’affidabilità del prodotto e l’adeguatezza dei servizi di assistenza e garanzia.

 

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