La stretta del credito che soffoca le piccole imprese verdi

Il credit crunch sta colpendo anche le piccole imprese operanti nelle rinnovabili e nell'efficienza energetica, rischiando di soffocarne molte. Circa una su due ha difficoltà di accesso al credito, chiesto spesso per sopravvivenza, dicono dati di Fondazione Impresa. Una situazione che i decreti sulle rinnovabili rischiano di peggiorare.

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La piccola impresa verde, che fa risparmiare energia o ne produce di pulita, crea occupazione spesso per giovani qualificati e più difficilmente delocalizza, da molti è vista come un punto di forza per reagire alla crisi. Sembra però che la crisi, sommata ad altri fattori, come l’incertezza normativa, rischi di tagliare le gambe a questo settore fino a ora relativamente in salute e con caretteristiche ‘anticicliche’. Il credit crunch, cioè la stretta del credito, sta infatti colpendo duro anche le piccole imprese delle rinnovabili e dell’efficienza energetica e rischia di metterne in difficoltà molte.

Negli ultimi tre mesi quasi una piccola impresa ‘verde’ su due ha avuto difficoltà di accesso al credito (46,5%) e, a rendere il  dato ancora più preoccupante, c’è il fatto che le imprese che si sono rivolte alle banche nella metà dei casi lo hanno fatto perché manca loro la liquidità necessaria a far funzionare il proprio core business e non certo per fare investimenti straordinari. Sono alcuni dei dati rilevati dal secondo Osservatorio sulla piccola impresa “green” realizzato da Fondazione Impresa su un campione di 400 piccole imprese (meno di 20 addetti), operanti nei settori delle energie rinnovabili, della protezione dell’ambiente, della certificazione e consulenza ambientale e del riciclo dei rifiuti. 

A condizionare maggiormente l’accesso al credito da parte delle piccole imprese “green”, rileva la ricerca, sono la richiesta da parte delle banche di garanzie eccessive (42,1%) e la presenza di tassi di interesse troppo elevati (36,8%). In particolare, le piccole imprese “green” soffrono meno delle altre piccole imprese a causa della richiesta di garanzie eccessive (piccole imprese “green” 42,1%; piccole imprese 48,9%), ma soffrono di più a causa di tassi di interesse troppo elevati (piccole imprese “green” 36,8%; piccole imprese 27,7%). Altre difficoltà di accesso al credito consistono nei costi bancari troppo elevati (10,5% delle piccole imprese “green”; 12,8% delle piccole imprese) e in tempi e procedure troppo lunghe (6,7% delle piccole imprese “green”; 7,4% delle piccole imprese). Ovvio che, per le aziende attive nelle rinnovabili, le travagliate vicende in corso su incentivi e normative restrittive non facciano che aggravare il problema.

Risulta interessante il confronto delle ragioni che hanno spinto le piccole imprese a rivolgersi al credito. Quasi una piccola impresa “green” su due si è rivolta alle banche per mancanza di liquidità (48,3%). Tuttavia, la mancanza di liquidità fa soffrire molto di più le altre piccole imprese (addirittura il 57,1% di queste si è rivolto alle banche per sostenere l’azienda in crisi). Un’altra parte consistente di piccole imprese “green”, invece, si è rivolta agli istituti di credito per poter realizzare nuovi investimenti (si tratta del 41,4% delle piccole imprese “green” contro il 33,0% delle piccole imprese in generale).

E se le cose non sono andate bene, i piccoli imprenditori della green economy sono pessimisti anche per il futuro: a oggi, più di una piccola impresa verde su due (53,5%) ritiene che avrebbe difficoltà a ottenere il credito se si recasse in banca. “Il sostegno del mondo bancario è molto importante per queste piccole imprese e non solo per superare eventuali difficoltà, ma soprattutto per investire e consolidare la propria posizione in un settore, quello della green economy, che ha retto meglio di altri alla crisi e ha buone prospettive di crescita. L’auspicio dei ricercatori di Fondazione Impresa è che il fenomeno del credit crunch si riduca rapidamente e venga mitigato con azioni di sostegno alle piccole imprese “green”, come attori chiave dell’uscita dalla crisi economica del Paese e del raggiungimento di obiettivi di sviluppo sostenibile”, spiegano i curatori della ricerca.

Purtroppo però non sembra che si stia andando in questa direzione. Anzi, per quel che riguarda il fotovoltaico e le altre rinnovabili elettriche, le novità proposte dal Governo promettono di rendere l’accesso al credito ancora più difficile. Si pensi per esempio al sistema dei registri, che subordinano l’accesso agli incentivi per impianti anche molto piccoli (per il FV si parla anche di soli 12 kW!) al fatto di riuscire a entrare in graduatoria in posizione utile prima che si superi il tetto di spesa per gli incentivi indicato.

Se già ora gli istituti di credito fanno difficoltà nell’elargire credito, quale banca finanzierebbe un progetto quando non potrà più sapere fino alla fase finale se questo accederà agli incentivi oppure no?

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