A Milano la mobilità sostenibile, dall’Ecopass all’auto elettrica

Con i referendum cittadini i milanesi hanno approvato la proposta di una mobilità più sostenibile, dando il loro sì anche all'Ecopass. Come cambiare i trasporti nelle città? Ne abbiamo parlato con il presidente del comitato referendario milanese, Edoardo Croci, ex assessore alla Mobilità e padre di pedaggio anti-inquinamento e bike-sharing.

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Con i referendum cittadini del 12-13 giugno i milanesi hanno approvato la proposta di una mobilità più sostenibile dando il loro sì anche a politiche come quella dell’Ecopass. Abbiamo parlato delle soluzioni per rendere meno impattanti i trasporti con Edoardo Croci, economista ed ex assessore alla Mobilità, dal 2006 al 2009, nella giunta Moratti. Croci è il padre dell’Ecopass e del bike sharing a Milano, nonché presidente  del comitato promotore dei referendum consultivi cittadini.


Croci, nell’ultima campagna elettorale la Moratti aveva ventilato l’idea togliere l’Ecopass, sperando di accaparrarsi consensi. Invece i milanesi con i referendum cittadini del 12-13 giugno hanno dimostrato di apprezzare la misura …
Il referendum cittadino ha visto una grossa partecipazione, come quelli nazionali. I quesiti erano cinque, proposti dal comitato “MilanoSìmuove”, che io presiedo, un comitato trasversale dal punto di vista politico e assolutamente apartitico. Questi cinque quesiti devono essere visti assieme: sono parte di un unico progetto per cambiare la città, e abbracciano dunque diversi aspetti: mobilità, energia, verde, acque e uso dello spazio urbano. Il primo quesito comprendeva appunto l’Ecopass. L’Ecopass è partito a Milano nel 2008 come progetto sperimentale e ha dato dei risultati sicuramente positivi: riduzione del traffico e delle emissioni – due terzi dei veicoli che erano tariffati all’inizio hanno smesso di circolare – e aumento del trasporto pubblico. Ma il quesito referendario non si limitava all’Ecopass, era un pacchetto sulla mobilità sostenibile, si è chiesto ai milanesi se vogliono un altro modo si muoversi in città: più trasporti pubblici anche la notte, più aree pedonali, più servizi innovativi come bike-sharing e car-sharing. Assieme a questo è stato proposto anche un sistema disincentivante per le auto, una congestion charge dato che, essendo il parco auto milanese ormai ripulito, il problema è quello di ridurre il traffico tout court. Si internalizza il costo sociale della mobilità privata e si introduce una tassa di scopo per potenziare gli altri sistemi di trasporto pubblico.


Ci sono alcune buone pratiche in particolare da replicare per rendere la mobilità milanese più sostenibile?
Lo stesso sistema di tariffazione degli accessi esiste già in molte città come Londra o Stoccolma ed è suggerito dalle principali associazioni internazionali. Bike sharing e car sharing sono realtà funzionanti in città come Parigi. Il nostro pacchetto tiene conto delle esperienze più avanzate a livello europeo, per collocare Milano come eccellenza in questo senso.


Il principio di far pagare i mezzi di trasporto privati per il traffico e l’inquinamento che provocano si sta affermando anche al di la delle realtà urbane, penso alla direttiva europea Eurovignette, che stabilisce pedaggi maggiorati per i mezzi pesanti sulla rete autostradale del continente. Cosa ne pensa?


Sono strumenti economicamente e socialmente efficienti. Consentono di far pagare le esternalità negative e generano risorse per migliorare il sistema della mobilità: nel caso dell’Eurovignette, significa penalizzare il trasporto su gomma per trasferirlo su rotaia. Il punto di forza di queste misure è che danno risultati quasi da subito.


Se potesse decidere delle politiche nazionali per migliorare la mobilità, che proposte farebbe?


Il nodo va affrontato a partire dalle città. Poi l’altra grande direttrice è quella di spostare il trasporto dalla gomma al ferro.


Riguardo a questo aspetto si nota però, per quel che riguarda i passeggeri, che se da una parte si realizzano infrastrutture come le tratte ad alta velocità, dall’altra i treni locali, usati dai pendolari, diminuiscono …


Le due cose non devono essere messe in alternativa. L’alta velocità è importante consente di avvicinare città apparentemente distanti: Milano ora dista solo un’ora da Torino, Bologna e in prospettiva anche da Venezia. Questo è assolutamente importante per una serie di relazioni economiche sociali. Però bisogna ricordarsi che il trasporto ferroviario deve essere potenziato anche per i pendolari, sulle brevi distanze.


Che ruolo pensa potrà avere l’auto elettrica nella mobilità italiana dei prossimi anni?


Noi nel referendum abbiamo inseriti il progetto di passare alle auto elettriche a partire dal car-sharing. Questa è la strada che sta seguendo anche Parigi con l’Autolib. Credo che la mobilità elettrica possa decollare solo se si punta su alcuni servizi che superino una certa barriera all’ingresso. Non penso che si possa pensare subito a una diffusione spontanea delle auto elettriche tra i privati. Credo sia meglio puntare inizialmente sull’auto in car sharing, sulla logistica sostenibile – e quindi furgoni elettrici che possono entrare nelle ztl in modo esclusivo – su taxi elettrici, su flotte aziendali. In questo modo si crea una massa critica che comincia ad ampliare il mercato e ha anche un ruolo dimostrativo. Dopo questa fase potrà esserci una diffusione più di massa, ma servirà un investimento pubblico e da parte delle utility elettriche per creare le necessarie infrastrutture di ricarica.


Vede un futuro anche per i veicoli ad idrogeno?


Credo una direzione perseguibile sia quella dell’auto elettrica: cominciano ad esserci tempi di ricarica, velocità, autonomie  adeguate. L’auto elettrica è pronta, mentre l’idrogeno è ancora in fase di sperimentazione.

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