Per ottenere l’etichetta in questione – si specifica nel documento emanato dalla Commissione (vedi allegato) – i biocarburanti dovranno avere determinati requisiti. Ad esempio un produttore di etanolo brasiliano dovrà provare che i terreni su cui coltiva la canna da zucchero erano già destinati alla coltivazione almeno dal 2008 e che non siano stati ricavati con la deforestazione. A controllare la certificazione sarà un ente terzo indipendente, mentre la responsabilità sarà comunque dell’importatore. Le regole per la certificazione saranno riviste ogni 5 anni, ma potranno anche essere modificate nel percorso qualora dimostrassero di non funzionare.
Niente più biocarburanti coltivati in aree protette, ad alta biodiversità o in foreste – stabiliscono i nuovi criteri definiti da queste linee guida – che vanno ad aggiungersi a quelli già esistenti, ossia che solo i biocarburanti che comportano almeno il 35% in meno di emissioni rispetto ai combustibili tradizionali siano conteggiati per il raggiungimento dell’obiettivo (percentuale che sarà portata al 50 nel 2017 e al 60 nel 2018).
Ora, pronte le linee guida, dovranno essere le associazioni di produttori e importatori a proporre e mettere in piedi i meccanismi di certificazione. Proprio da questi vengono le reazioni più soddisfatte, come quella di eBIO (pdf), l’associazione europea dell’industria dei biocarburanti o quella di Unica, l’associazione dei produttori di canna da zucchero brasiliani (che pure richede “definizioni più chiare” dei criteri).
Insomma, le linee guida per rendere più sostenibili i biocarburanti non placano il dibattito attorno all’obiettivo europeo in materia. Forti critiche a quel 10% di rinnovabili nei trasporti (che nella pratica potrebbe tradursi quasi totalmente in un 10% di biocarburanti) erano venute da istituzioni come l’Agenzia europea per l’ambiente (Qualenergia. it, Biocarburanti: obiettivo da rivedere), l’IPCC e la Fao (Qualenergia.it, Biocarburanti tra fame e ambiente), mentre qualche mese fa un report dell’Ong Actionaid denunciava che l’aumentato fabbisogno di biofuel, dovuto all’obiettivo europeo, avrebbe portato alla fame 600 milioni di persone (Qualenergia.it, L’Europa dei biofuel e la fame dei paesi poveri).
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