L’Europa dei biofuel e la fame dei paesi poveri

L'obiettivo europeo sui biocarburanti per il 2020 esaspererà il problema della fame nel mondo. A quella data potrebbero esserci 600 milioni di affamati in più per colpa dei biofuel, dice un report dell'ong Actionaid. "I biofuel affamano e non aiutano il clima, mentre forniscono la scusa per non ridurre i consumi nei trasporti".

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L’obiettivo europeo sui biocarburanti per il 2020 esaspererà il problema della fame nel mondo e a quella data potrebbero esserci 600 milioni di affamati in più per colpa dei biofuel. Arriva da un report dell’Ong Actionaid (vedi allegato) l’ultima critica al discusso obiettivo Ue, che prevede che al 2020 il 10% di tutti i carburanti d’Europa venga da rinnovabili (leggasi biocombustibili). E non è solo l’innalzamento dei prezzi dei cereali l’unico effetto collaterale che, secondo lo studio, avrà l’aumentato fabbisogno europeo di biocarburanti: le conseguenze sarebbero pesanti anche a livello sociale e in termini di deforestazione e cambio d’uso del suolo nei paesi in via di sviluppo.

I biocarburanti che finiranno nei serbatoi delle auto europee, si spiega, saranno per due terzi di importazione, soprattutto da paesi in via di sviluppo. Già ora in 5 paesi africani si contano 1,1 milioni di ettari dedicati alla produzione industriale di biocarburanti: un’area grande come il Belgio. Le compagnie europee hanno già acquistato o chiesto altri terreni per almeno 5 milioni di ettari: una sorta di neo-colonialismo che ha come conseguenze la sottrazione della terra ai piccoli proprietari, l’aumento del prezzo e la scarsità di cibo su scala locale, oltre che creare deforestazione.

La produzione di biocarburanti intanto continua a crescere, spinta dai sussidi: 4,4 miliardi di euro quelli erogati finora in Europa, che al 2020 diverranno 13,7. Stando all’obiettivo del 10%, al 2020 il fabbisogno europeo di biocarburanti quadruplicherà. Per quell’anno la superficie destinata ai biofuels nei paesi in via di sviluppo – prevede Actionaid – sarà di 17,5 milioni di ettari: grande come circa mezza Italia.

Le conseguenze si possono immaginare: secondo il Fondo Monetario Internazionale i biocarburanti nella prima parte del 2008 sono stati responsabili del 20-30% dell’aumento dei prezzi dei cereali di quel periodo, secondo la Banca Mondiale addirittura del 75% (Qualenergia.it – “I biocarburanti affamano, non è più un segreto”). Il report di Actionaid prevede appunto che al 2020, se tutti i governi del mondo raggiungeranno gli obiettivi che si sono dati in materia, i biofuel porteranno alla fame altre 600 milioni di persone.

Tutto questo senza contribuire alla lotta global warming, sottolinea l’Ong. Lo studio ricorda come molti tipi di biocarburanti siano, a conti fatti, dannosi per il clima: l’uso di fertilizzanti pessimi per l’effetto serra come i nitrati e il cambio d’uso del suolo – diretto e indiretto – neutralizzano la riduzione delle emissioni. Osservazioni non nuove: specie durante il 2008 il dibattito sul tema è stato molto acceso (Qualenergia.it – “Biocarburanti della discordia”). Forti critiche sono venute da istituzioni come l’IPCC e la Fao (Qualenergia.it – “Biocarburanti tra fame e ambiente”), mentre dubbi sulla sostenibilità dell’obiettivo europeo erano stati espressi dall’Agenzia europea per l’ambiente (Qualenergia. it – “Biocarburanti: obiettivo da rivedere”.

Per una visone meno critica dell’obiettivo Ue si veda invece l’intervista a Giampietro Venturi dello Steering Committee of the European Biofuels Technology Platform – “Biocarburanti tra obbligo e sostenibilità”).

L’Europa però prosegue nel suo camminio in questo settore. “Una soluzione – denuncia Actionaid – che permette alle nazioni ricche di continuare la loro relazione amorosa con il motore a combustione interna e con un’industria restia a rinnovarsi. Una soluzione che ha  anche permesso ai paesi industrializzati di evitare l’urgenza di accorgersi che i consumi attuali di carburante (e di energia in generale) sono insostenibili e vanno ridotti”.

GM

 
18 febbraio 2010

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