Veicoli elettrici e deep renovation sono settori marginali per la SEN

Nella SEN alcuni interventi destinati ad avere ruolo molto importante per gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 ricevono invece una scarsa attenzione: la mobilità elettrica e la riqualificazione spinta di interi edifici. Dall’editoriale di Gianni Silvestrini dell’ultimo numero della rivista bimestrale QualEnergia.

ADV
image_pdfimage_print

Nella proposta in consultazione della Strategia Energetica Nazionale (SEN) colpiscono le assenze e l’ampiezza con cui vengono trattate alcune proposte.

Non si parla infatti di trivellazioni e dintorni, al contrario della prima SEN. Contemporaneamente, si indica un percorso di eliminazione del carbone nella generazione termoelettrica. 

Delle varie ipotesi presentate per la chiusura delle centrali, la scadenza del 2025 rappresenta quella su cui si indirizzano le aspettative degli ambientalisti.

Ovviamente, i silenzi sulle trivellazioni e l’uscita dal carbone hanno fatto infuriare il mondo Oil and Coal.  Ma in compenso il comparto dei fossili vede nel documento una grande, eccessiva, attenzione al metano.

Su questo fronte occorre essere chiari. Le scelte future dovranno essere inquadrate nell’ambito di uno scenario di totale decarbonizzazione del sistema energetico al 2050. Ed il fatto che questo orizzonte non venga considerato nella SEN rappresenta un grave limite del documento. 

Perché solo un’analisi sui tempi lunghi consente di verificare il rischio del mancato utilizzo di enormi investimenti infrastrutturali.

In realtà il gas e parte dei gasdotti e stoccaggi serviranno ancora a metà secolo, ma quella che utilizzeremo sarà la produzione rinnovabile di biometano, che potrà superare i 25 miliardi m3 all’anno, sommata a quella ottenuta combinando la CO2 con l’idrogeno generato per elettrolisi dai kWh solari ed eolici (oggi consumiamo 70 miliardi m3).

Stupisce invece che nella SEN alcuni interventi destinati a svolgere un ruolo molto importante nel prossimo decennio ricevano un’attenzione marginale

Parliamo della mobilità elettrica e della riqualificazione spinta di interi edifici, entrambe decisive per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione al 2030 delle emissioni climalteranti nei settori non ETS che, ricordiamolo, è del 33% rispetto ai valori del 2005 e del taglio del 30% dei consumi energetici finali rispetto allo scenario tendenziale.

Va certamente dato atto che nel documento si parla di “Deep renovation” del nostro parco costruito, un’attenzione che non era presente in passato. Così pure si accenna al ruolo del trasporto elettrico, snobbato in passato.

Ma il fatto è che su questi temi vengono spese poche righe.

In realtà vi è una criticità di fondo che connota molte posizioni “difensive” del governo caratterizzate dal timore che “ci si chieda troppo”, riferito agli obiettivi europei.

Una preoccupazione resa esplicita anche nella SEN quando si sottolinea “la complessità e il costo crescente dei risparmi aggiuntivi necessari a raggiungere l‘obiettivo di 9 Mtep/anno di consumi finali nel periodo 2021-2030”.

Ora, se è comprensibile un’attenzione alle industrie che devono confrontarsi con la concorrenza internazionale nell’ambito degli impegni europei dell’ETS, non si capisce proprio questo atteggiamento di retroguardia nei confronti degli obiettivi sull’efficienza dell’edilizia e dei trasporti, settori caratterizzati da enormi margini di intervento.

In sostanza si dice: non vogliamo obiettivi ambiziosi perché, dopo aver colto i frutti più a portata di mano, nella seconda parte del prossimo decennio sarà più difficile ottenere risparmi addizionali. Per non parlare di alzare l’obiettivo di riduzione 2030 al 40% come chiede il Parlamento europeo.

Ma questa assunzione, che ha portato l’Italia a svolgere un ruolo di freno nella discussione sul miglioramento della Direttiva sull’efficienza energetica, è sbagliata.

La teoria dei rendimenti decrescenti non regge infatti in presenza di rapidi cambiamenti tecnologici. Tanto più se il potenziale di risparmio è molto elevato, come è il caso del nostro parco edilizio e di quello dei trasporti.

Del resto, sono molte le esperienze nelle quali l’innovazione e un approccio olistico nella gestione degli interventi per l’efficienza hanno consentito di ridurre e non di accrescere i costi con il passare del tempo.

Pensiamo all’introduzione degli standard per i frigoriferi in California che ha reso possibile nel giro di vent’anni di ridurre i consumi unitari del 60% e contemporaneamente di dimezzare i prezzi. E un’analoga evoluzione si sta vivendo oggi con la diffusione dell’illuminazione a Led.

Dall’editoriale leggi anche: Veicoli elettrici: chi si prepara al boom e chi, come l’Italia, resta a guardare

Deep renovation: è la volta buona?

Gli indubbi successi delle detrazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione energetica si scontrano con la constatazione che i risparmi ottenibili sono limitati vista la loro applicazione in singoli appartamenti.  Il salto di qualità che occorre in vista degli obiettivi 2030 riguarda il progressivo passaggio ad interventi su interi edifici, quando serve abbinati a misure antisismiche, nell’ambito di una incisiva politica di rigenerazione urbana.

Affinché questo possa avvenire, occorre intervenire su due versanti. Il primo riguarda l’accesso alle risorse necessarie per avviare gli interventi con soluzioni in grado di risolvere la criticità degli incapienti e di garantire la “portabilità” delle detrazioni nei confronti del mondo bancario o in seconda battuta delle utilities.  Ci sono su questo versante interessanti proposte che potrebbero trovare attuazione già nella prossima Legge di Stabilità.

Ma occorre intervenire anche sull’offerta, consentendo di aggregare e riqualificare il mondo dell’edilizia piegato da dieci anni di crisi.  Come nel mondo dell’auto il crollo del prezzo delle batterie apre la strada ad una rapida diffusione dei veicoli elettrici, così nel mondo delle costruzioni nuove evoluzioni favorite da tecnologie digitali sono in grado di ridurre i costi degli interventi lasciando intravvedere possibilità di intervento finora non immaginabili.

Una delle soluzioni più interessanti riguarda la industrializzazione della riqualificazione energetica sulla base dell’esperienza olandese di Energiesprong. Una modalità di intervento che consente di ridurre drasticamente costi e tempi e che permette di finanziare gli interventi con i risparmi di energia senza che i proprietari debbano anticipare un euro. Il successo di questo approccio ne ha favorito la diffusione in Francia, Germania, Regno Unito, Nord America e si sta lavorando per una sua applicazione anche in Italia. 

Nel nostro paese, peraltro, sono presenti delle eccellenze nella costruzione off-site di nuovi edifici che potrebbero essere convertite all’industrializzazione della riqualificazione di edifici esistenti.

Quindi, come nel caso dei trasporti, occorre che il governo dedichi un’attenzione particolare a queste novità in modo da consentire al nostro paese di cogliere le opportunità che si aprono e di consentire alle nostre imprese  di essere attori centrali del cambiamento.  Ma di tutto ciò non c’è traccia nella SEN.

Speriamo che nella sua versione finale e nel Piano Energia Clima da elaborare in base all’Accordo di Parigi questi temi abbiano la giusta rilevanza.

Dall’editoriale della rivista bimestrale QualEnergia (n.3/2017), a breve online.

ADV
×