Da Vattenfall a Volvo, com’è strategico investire in rinnovabili e auto elettriche

Recenti annunci di utility e case automobilistiche evidenziano quanto stia diventando forte la spinta ad abbandonare progressivamente i combustibili fossili, indirizzando i piani industriali verso tecnologie più low carbon. Basteranno questi sforzi a completare la transizione energetica globale?

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Con l’ambizione di “rimodellare l’intero portafoglio produttivo”, il colosso svedese dell’energia elettrica Vattenfall ha compiuto un altro passo per allontanarsi gradualmente dai combustibili fossili.

Come annunciato in una nota stampa, la compagnia scandinava ha deciso di dividere la Business Area Wind, operativa in sei paesi europei (Svezia, Gran Bretagna, Olanda, Germania, Danimarca e Francia), in tre unità distinte: alle due esistenti, dedicate all’eolico offshore e sulla terraferma, si aggiunge una divisione interamente specializzata nel fotovoltaico con storage, Business Unit Photovoltaics & Battery.

Di conseguenza nei prossimi due anni, si legge nel documento, Vattenfall investirà fino a 150 milioni di euro in progetti FV di varie dimensioni, dai grandi parchi utility-scale sul classico modello dell’energia centralizzata, alle installazioni più piccole per la generazione diffusa, da abbinare alle batterie di accumulo elettrochimico.

La tendenza a separare le attività tradizionali da quelle più innovative si sta diffondendo tra le utility elettriche europee, sempre più schiacciate tra l’incudine della perdita di profitti legati all’economia fossile e il martello della transizione energetica verso le tecnologie pulite (articolo di QualEnergia.it sugli investimenti 2016-2017 delle utility).

Rinnovabili, sistemi di accumulo, reti intelligenti, veicoli elettrici, sono tutti settori che attirano investimenti e promettono nuovi guadagni, a patto però di elaborare una strategia industriale con obiettivi lungimiranti, che aiutino le aziende a staccarsi dal “vecchio”: carbone, gas, petrolio e relative infrastrutture come miniere, oleodotti, piattaforme offshore, centrali termoelettriche (articolo di QualEnergia.it sugli impatti finanziari dei rischi climatici).

Il disimpegno fossile di Vattenfall, iniziato lo scorso anno con la vendita degli impianti a lignite in Germania, è proseguito con la definizione del piano industriale 2017-2018, che prevede massicci investimenti nell’eolico e nel fotovoltaico, con un dimezzamento delle risorse destinate alle fonti convenzionali (vedi QualEnergia.it).

La società svedese intende mutare pelle radicalmente nei prossimi anni, con una strada che si prevede ancora per un po’ in salita, poiché Vattenfall rimane uno dei principali produttori di elettricità da fossili e nucleare in tutta Europa.

Le ultime dichiarazioni dei suoi dirigenti però sono chiare: secondo Gunnar Groebler, capo della Business Area Wind, Vattenfall vuole diventare una compagnia CO2-free puntando su eolico e solare, per rendere queste fonti energetiche sempre meno costose e quindi più competitive del carbone.

Quello di Vattenfall non è l’unico annuncio “green” targato Svezia di questi giorni. Proprio ieri, infatti, Volvo ha comunicato che dal 2019 ogni modello commercializzato avrà un motore elettrico, segnando così la fine dell’era delle automobili alimentate esclusivamente da propulsori a combustione interna.

L’elettrificazione, quindi, per Volvo – il marchio lo ricordiamo è stato acquisito dai cinesi di Geely – è il nuovo capitolo della mobilità privata, da riempire con un’offerta completa di modelli 100% a batteria, ibridi plug-in e cosiddetti mild-hybrid, dove un piccolo motore elettrico supporta quello principale a benzina-gasolio per ridurre i consumi.

Qualche giorno fa, era stato il gruppo Daimler a lanciare la sua “offensiva elettrica” nel campo dei trasporti, che prevede la costruzione di una super fabbrica di batterie al litio in Germania e il lancio di dieci vetture elettriche pure entro il 2022.

Il futuro, almeno per certi paesi nordici, è nell’auto a zero emissioni con i motori tradizionali messi al bando?

Non resta che aspettare le contromosse delle altre case automobilistiche e, soprattutto, i piani dei governi per realizzare le infrastrutture di ricarica, che quasi dappertutto sono in forte ritardo (vedi anche QualEnergia.it sul caso italiano).

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