Mobilità, lo sharing è sulla buona strada

Un'analisi del primo rapporto Nazionale sulla sharing mobility in Italia: car sharing, bike sharing, car pooling. Un documento che fornisce uno quadro aggiornato sulla mobilità condivisa nel nostro paese, sulle buone pratiche, indaga sul profilo degli utenti e pone delle domande per il futuro. Un articolo di Anna Donati.

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La mobilità condivisa è arrivata anche in Italia. Oltre 13mila biciclette offerte in bike sharing in 200 Comuni e 5.764 auto in car sharing per 700mila utenti iscritti nel 2016.

Un fenomeno nuovo, interessante, da monitorare, anche per capire se stiamo andando dal possesso del veicolo al servizio di mobilità.

La sharing mobility è stata introdotta per la prima volta nell’ordinamento giuridico nazionale con il decreto del Ministero dell’Ambiente del 27 marzo 1998, usando i termini di “servizi di uso collettivo ottimale delle autovetture“, car pooling e “forme di multiproprietà delle autovetture destinate ad essere utilizzate da più persone“, car sharing.

Per questo, il Ministero per l’Ambiente e la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile hanno promosso nel 2016 un Osservatorio Nazionale sulla sharing mobility, che ha coinvolto oltre 50 partecipanti tra operatori, città e istituzioni, associazioni ambientaliste, esperti.

Un anno di lavoro, tre gruppi tematici, la raccolta di dati e indagini, il confronto con esperienze e ricerche di altri paesi, le proposte normative. Un confronto serrato e interessante cui ho partecipato per conto di Kyoto Club. Un anno di lavoro che è sfociato nella prima Conferenza Nazionale, dove è stato presentato il Primo Rapporto Nazionale sulla sharing mobility (pdf, 17 Mb) che offre un quadro aggiornato sulla mobilità condivisa in Italia, pone l’accento sulle buone pratiche, indaga sul profilo degli utenti e pone delle domande per il futuro.

Che cosa s’intende per sharing mobility?

Nel primo capitolo del Rapporto, dopo averne descritto il funzionamento, sono analizzati le caratteristiche qualificanti e soprattutto il perimetro, definiti a geometria variabile, entro il quale si possono includere i servizi di mobilità condivisa. Per esempio nel Rapporto non è stato incluso Uber con il suo servizio UberPop, anche perché in questo momento è un servizio illegale in Italia a seguito della sentenza di un giudice.

La sharing mobility è una forma di mobilità sostenibile?

Per tutti gli anni 2000, il car sharing e bike sharing, sono stati promossi e finanziati attraverso l’intervento pubblico, con l’obiettivo di scoraggiare l’uso dell’auto privata e limitare l’inquinamento atmosferico nelle città. Con la modernizzazione impressa dalle piattaforme digitali e l’ingresso nel mercato di operatori privati, il quadro è cambiato radicalmente, rendendo necessarie nuove valutazioni e nuovi riscontri sulla sostenibilità del settore.

Il Rapporto affronta questo tema prima in termini generali e poi in chiave quantitativa. Il ruolo della sharing mobility nello sviluppo di una mobilità sostenibile, infatti, non è valutabile solo per gli effetti diretti e di breve periodo ma anche per quelli, molto rilevanti, di lungo periodo e di sistema.

Il Rapporto fornisce una mappatura dei servizi in Italia e indaga sul profilo dell’utente di sharing mobility, quali sono le sue abitudini, le motivazioni e le caratteristiche socio-demografiche, indagando in specifico la realtà di Milano, che ha la maggiore offerta e utilizzo di sharing mobility.

Infine sono state discusse, elaborate e proposte nel primo Rapporto le iniziative prioritarie, a livello normativo, regolamentare e contrattuale, per facilitare uno sviluppo equilibrato di sharing mobility in Italia. A seguito di un processo di partecipazione attiva dei suoi membri, l’Osservatorio ha elaborato una road map condivisa che individua alcuni temi prioritari su cui intervenire subito, fra i quali l’inserimento di sharing mobility nel nuovo Codice della strada, l’avvio di incentivi fiscali agli operatori e agli utilizzatori, la definizione di nuove forme di assicurazione e una pianificazione urbana che consideri la mobilità condivisa dentro i Pums come alleata del trasporto pubblico.

Nel Rapporto sono inclusi anche i risultati dell’indagine sull’utilizzo della mobilità condivisa tra gli studenti e il personale universitario svolta dal “Coordinamento delle università sostenibili”, che oltre a fornire interessanti dati sulla mobilità, coglie le trasformazioni nei comportamenti dei giovani e delle giovani nel prossimo futuro.

Il caso di Milano

Milano è la città italiana più avanzata sul fronte della mobilità condivisa e per le sue politiche per la mobilità sostenibile.

Per queste ragioni l’Osservatorio ha studiato approfonditamente la situazione di questa città facendo ricorso a un’indagine dedicata dalla quale è emersa una buona conoscenza del fenomeno: circa sei intervistati su dieci (58%) hanno sentito parlare dei servizi di mobilità condivisa; gli intervistati esperti sono 16,7% e comprendono sia persone che dichiarano un buon livello di competenza sul tema, ma che non hanno mai usato servizi di sharing mobility (12,2%) sia utilizzatori diretti (4,5%), persone che utilizzano almeno un servizio di mobilità condivisa.

Circa 60mila milanesi dichiarano di utilizzare con frequenza i servizi di mobilità condivisa nelle varie tipologie. L’età media dei fruitori è di 37 anni con il 54% che sta nella fascia 25-44 anni. Altissima la scolarizzazione con il 44% di laureati e il 51% di diplomati. Tra le motivazioni di chi utilizza il car sharing a Milano c’è il risparmio economico, la possibilità di entrare in Area C e sostare gratuitamente, la possibilità di usare di volta in volta il mezzo più adeguato al proprio spostamento e, infine (non in cima alla classifica) anche i vantaggi ambientali e collettivi.

Nel 2015 si sono compiuti con il car sharing 3.415.969 noleggi con percorrenze totali pari a 25.793.853 km, e una lunghezza media per ogni viaggio di 7,2 km. Confrontando questi dati con la mobilità complessiva di Milano emerge che il peso del car sharing è pari all’1,3% degli spostamenti in auto ed è pari al 2,8% delle percorrenze in auto.

Un peso assai limitato nella mobilità milanese, ma calcolando che questo fenomeno ha pochi anni di vita e la propensione alla crescita è elevata, sarà interessante seguirne l’evoluzione.

Altro dato su cui riflettere è la tendenza alla rinuncia della propria automobile come si vede in questo grafico.

La possibilità di rinunciare completamente al veicolo privato è alta tra i fruitori dei servizi. Il 22,7% degli associati ai vari sistemi e il 19,4% di utenti specifici del car sharing hanno già fatto questa scelta; rispettivamente il 36,4% e il 45,1% degli stessi si dichiara disposto a farla a certe condizioni come per esempio un ulteriore sviluppo dei servizi di sharing mobility a disposizione.

Certamente emerge anche una significativa quota del campione totale di “irremovibili” o scarsamente disposti alla rinuncia della propria auto.

La mobilità condivisa fa bene all’ambiente?

Nel Rapporto sono esaminati numerosi studi di altri paesi che indagano sugli effetti della sharing mobility sulla mobilità e quindi dei suoi effetti sull’ambiente.

La domanda fondamentale è sempre capire se chi usa il car sharing e il car pooling aiuta la demotorizzazione – sia come km percorsi sia come possesso dell’auto ­ oppure se utilizza di meno il trasporto pubblico e collettivo.

Per comprendere questo si devono monitorare i fenomeni sia nel breve sia nel medio lungo periodo. In Italia i servizi sono recenti e le indagini appena iniziate per dare risposte univoche, anche perché si accompagnano a fenomeni più generali (crisi economica, ripresa dell’auto, stato dell’offerta di trasporto pubblico, struttura della città). Dagli studi degli altri paesi emergono delle tendenze generali riassunte nel grafico in alto elaborato dall’Osservatorio.

Come si osserva, il bike sharing riduce il peso dell’auto, porta via utenti al trasporto pubblico e non cambia le percorrenze pedonali.

Il car sharing non modifica i comportamenti rispetto all’uso del trasporto pubblico e riduce l’uso dell’auto privata.

Il car pooling riduce le percorrenze dell’auto privata, ma fa perdere utenti al treno e all’autobus.

Questo grafico rende bene la complessità del fenomeno com’è emerso anche in occasione del confronto pubblico con la presentazione del primo Rapporto: a Milano dove il trasporto pubblico ha una buona offerta di servizi la mobilità condivisa è una ottima forma di integrazione e multi modalità. Viceversa a Roma, a causa della crisi del trasporto pubblico in atto, spesso è utilizzata in modo sostitutivo, perché «l’autobus non passa».

Anche il beneficio di entrare nelle Ztl e Area C è un notevole vantaggio per chi usa il car sharing e sarebbe utile indagare se ciò diventa un incentivo a usare di più l’auto, anche se condivisa, se induce più spostamenti o che quale mezzo di trasporto sostituisce (il taxi, un autobus?).

Certamente, superare il possesso dell’auto privata individuale verso l’uso di un servizio di mobilità in auto è molto positivo ed è il presupposto per far calare l’indice di motorizzazione e lo spazio totalizzante riservato oggi alle auto nelle nostre città. Anche nel caso della mobilità condivisa, serve una strategia d’insieme per la mobilità sostenibile a ogni livello a partire dai Pums delle città, che la integri con il trasporto pubblico, l’uso della bicicletta e gli spostamenti pedonali, con l’obiettivo di ridurre il peso dell’automobile privata.

Il bike sharing

L’Italia con più di 200 comuni in cui è attivo il bike sharing e 13.770 bici condivise, è il paese europeo in cui la diffusione, in termini di numero di servizi attivi, è più alta.  La parte del leone per il bike sharing la fa il Nord con il 64% dei servizi e l’81% delle bici condivise, contro il 14% del Centro e il 22% del Sud. Milano e Torino hanno i servizi di bike sharing più estesi sia dal punto di vista delle flotte a disposizione sia degli iscritti, rispettivamente 4.650 biciclette e oltre 64mila abbonati e 1.200 biciclette e 23.672 abbonati.

Il Car sharing

Circa 700mila iscritti, 5.764 veicoli e ventinove città interessate: questi i numeri attuali del car sharing in Italia. Servizio partito nel 2001 con l’offerta a postazione fissa station based di Iniziativa car sharing (Ics). Oggi le città in cui è attivo sono otto, gli iscritti sono circa 20mila in tutta Italia e le auto a disposizione quasi seicento.

Ma è nel 2013, con l’ingresso del servizio di car sharing free floating (a flusso libero) con Car2go ed Enjoy e a seguire con altri operatori (Share’ngo), che il car sharing italiano ha innestato un’altra marcia. Dei 5.764 veicoli censiti a luglio 2016, ben il 34% è al servizio della sola città di Milano che conta 370mila iscritti, seguita da Roma (il 26% dei veicoli e 220mila utenti), Torino (16% dei veicoli) e Firenze (11%). In queste quattro città si concentra l’87% dei veicoli e una analoga quota di utenti iscritti e di noleggi effettuati.

La quota di veicoli elettrici del car sharing è pari al 12% del totale, soprattutto grazie al servizio di Share’ngo che ha una flotta completamente ad alimentazione elettrica, al servizio E-Vai che ha l’80% di elettrico, Ics e GirAci hanno l’8% della flotta con mezzi elettrici. Viceversa, i due principali operatori Car2go ed Enjoy hanno in strada mezzi tradizionali a benzina.

Car Pooling

Si tratta di un servizio che consente di condividere con altre persone uno spostamento in automobile prestabilito: una specie di discendente tecnologico dell’autostop! In Italia esistono diversi tipi di sistemi di car pooling (extraurbano, urbano e per gli spostamenti casa-lavoro) con numerosi operatori: Clacsoon, iGoOn, Easymoove, Zego, Moovely, Scooterino, Strappo, Jojob e Up2go.

L’operatore che oggi domina il mercato italiano è il servizio extraurbano di BlaBlaCar ma per questioni di policy aziendale non ha fornito all’Osservatorio i dati su utenti e percorrenze. Oltre alle auto, la condivisione dei veicoli ha coinvolto anche lo scooter con la proposta di Scooterino nata a Roma nel 2015 per mettere in contatto chi offre o cerca passaggi con la moto. Interessante è anche il caso JoJob, che organizza il car pooling aziendale per i lavoratori: oltre 50mila i lavoratori coinvolti, oltre 11mila viaggi nel 2015 e si stima una riduzione del 30% di emissioni di CO2.

Altri servizi di sharing mobility

Nel Rapporto si descrivono altri interessanti servizi sharing mobility presenti in Italia. Lo scooter sharing per esempio, nato nel 2015 grazie al servizio inaugurato da Enjoy, a Milano, con una flotta di 150 Mp3 Piaggio, esteso successivamente anche a Roma e Catania.

Nel corso del 2016, a confermare l’interesse nel mercato per questa tipologia di servizio di vehicle sharing, a Roma l’operatore ZigZag ha attivato un servizio di scooter sharing a flusso libero con una flotta da 200 mezzi.

Anche il park sharing si è affacciato in Italia, con la possibilità di mettere a disposizione il proprio parcheggio auto (quando non lo utilizzo) e condividerlo in modo reciproco con una community. In Italia è attivo l’operatore Park Sharing Sparky: conta 8mila utenti registrati, 850 proprietari – tra privati, aziende ed autorimesse convenzionate – che mettono in condivisione le proprie aree di parcheggio raggiungendo la dotazione di 8.500 posti auto.

Anche le App che aggregano i servizi man mano che crescono e facilitando l’uso per gli utenti sono in espansione: quelle maggiormente utilizzate sono Urbi, Andale e Carsh.

L’articolo è stato pubblicato sul n.1/2017 della rivista QualEnergia, con il titolo “Lo sharing è sulla buona strada”

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