Efficienza energetica e reti digitali, è dove l’Italia deve migliorare

La Banca Mondiale ha valutato le misure adottate da 111 paesi in tre pilastri della green economy: efficienza energetica, rinnovabili e accesso alle reti elettriche. La classifica vede l’Italia nella top-ten. Intanto le economie emergenti contribuiscono ad accrescere la competitività delle fonti pulite.

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Quali sono i paesi più avanzati nel settore dell’energia green? Come stanno procedendo le politiche per l’accesso universale all’energia sostenibile?

Per facilitare la risposta a queste e altre domande, la Banca Mondiale ha pubblicato la classifica con i punteggi di 111 nazioni.

L’Italia è nella top-ten, anche se come vedremo, deve migliorare su alcuni ambiti, legati soprattutto all’efficienza e digitalizzazione del sistema elettrico.

L’indice RISE (Regulatory Indicators for Sustainable Energy) ha esaminato decine di parametri e sotto-indicatori per valutare la qualità complessiva delle misure adottate per l’efficienza energetica, le fonti rinnovabili e lo sviluppo della rete elettrica, come riassume lo schema sotto.

L’obiettivo è analogo a quello perseguito dalla graduatoria costantemente aggiornata da Ernst & Young (EY) attraverso l’indice RECAI (Renewable Energy Country Attractiveness Index): segnalare i paesi dove conviene di più investire nell’economia verde (vedi QualEnergia.it).

Nel caso di EY, però, il campo è circoscritto alle tecnologie pulite, mentre i voti assegnati dalla Banca Mondiale coprono un ventaglio molto più ampio di settori, inclusa l’elettrificazione delle economie emergenti.

La mappa sottostante evidenzia la distribuzione globale dei punteggi. Prevedibilmente, la “zona rossa” con maggiori problemi e ritardi è l’Africa, il continente meno elettrificato del pianeta, dove circa 600 milioni di persone vivono senza un accesso ai moderni servizi energetici (vedi anche QualEnergia.it).

Qui le politiche per costruire infrastrutture elettriche efficienti, magari con micro-reti alimentate da fonti rinnovabili o ibride con generazione diesel di backup, sono ancora poco incisive nella maggior parte dei casi.

Dalla parte opposta, si legge nel documento, circa un terzo dei paesi valutati (45 in totale), si trova in uno stadio ragionevolmente avanzato, con parecchie iniziative in campo per favorire gli investimenti in efficienza energetica e fonti pulite. Tra questi, osserva la Banca Mondiale, figurano molte economie emergenti, ad esempio Sudafrica, Vietnam, Turchia, Brasile, Cile, Messico, Giordania, Marocco.

Ricordiamo, tra l’altro, che proprio alcuni di questi paesi hanno raggiunto prezzi-record per l’energia rinnovabile nelle aste che assegnano nuova potenza da installare, mostrando quanto siano diventati competitivi l’eolico e il fotovoltaico rispetto alle fonti fossili e quanto rapidamente siano scesi i costi di generazione delle tecnologie verdi.

Qui sotto è visibile la classifica completa (cliccare per ingrandire). L’Italia è in ottima posizione, ottava, mentre i primi tre gradini del podio sono occupati da Danimarca, Stati Uniti e Canada. Per gli Stati Uniti però c’è l’incognita del nuovo presidente repubblicano: Donald Trump riuscirà ad affossare completamente la politica ambientale sostenuta da Barack Obama?

L’Italia – 86 il punteggio complessivo – secondo l’indice RISE deve migliorare soprattutto le politiche di efficienza energetica, definendo traguardi e incentivi ai vari livelli (industrie, pubblica amministrazione, utility) e rendendo più attivi e partecipi i cittadini, ad esempio dando loro la possibilità di monitorare-gestire a distanza e in tempo reale i propri consumi energetici.

La sfida italiana dell’energia sostenibile, quindi, si gioca soprattutto sul versante della digitalizzazione del sistema elettrico, che permetterebbe alle fonti rinnovabili di esprimere al massimo il loro potenziale, attraverso la generazione distribuita e le reti intelligenti con sistemi di accumulo.

La classifica RISE (pdf)

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