Domanda elettrica e Pil in Italia: una prospettiva che guarda al domani

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Energia solare ed efficienza energetica sono asset strategici del nuovo sviluppo italiano, per far diminuire i consumi senza che cali la produttività. Un'analisi dell'andamento storico della relazione tra sviluppo economico e consumi elettrici in Italia a cura di Mario Pagliaro e Francesco Meneguzzo.

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Con il -1,7% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, la domanda elettrica dello scorso ottobre ha fatto segnare la trentaseiesima flessione tendenziale negli ultimi 48 mesi [1]

In quattro anni gli unici rialzi significativi si sono registrati nella torrida estate del 2015 grazie alle esigenze di raffrescamento degli ambienti (Figura 1).

Figura 1 – Serie della domanda elettrica mensile e variazioni tendenziali (dati Terna). La curva nera rappresenta la media mobile a 12 mesi

In breve, la domanda elettrica italiana è crollata di quasi il 9% rispetto al periodo precedente alla grande crisi avviata nel 2008 dal fallimento di una grande banca di affari americana.

Andamento analogo — ma riduzione molto più significativa: -45% e oltre, in meno di 10 anni — per il prezzo unico nazionale (PUN) dell’elettricità (Figura 2) [2], con una significativa eccezione proprio lo scorso ottobre, disaccoppiata dal trend generale e collegata alle restrizioni sui transiti dal sud del Paese (in Sicilia, beneficiando del ripristino dei limiti di transito in import dal continente, +450 MW su settembre grazie al nuovo collegamento realizzato dallo Stato con la Calabria, si registra infatti un calo del 6,1%, con il prezzo zonale mensile a 50,22 €/MWh).[3]

Figura 2 – Serie mensile del PUN e variazioni tendenziali (dati GME). La curva nera rappresenta la media mobile a 12 mesi

In breve, la crisi finanziaria deflagrata a fine 2008 si è rapidamente trasformata in crisi economica e industriale, perché la gran parte della domanda nazionale di elettricità proviene delle attività industriali e dal terziario.

Il calo della domanda elettrica è una prova non equivocabile di decrescita economica. La stessa società pubblica di distribuzione dell’elettricità suggerisce che l’andamento della domanda di energia elettrica mensile “può rappresentare una proxi dell’andamento dell’economia reale”.[4]

La caduta della richiesta di elettricità a poco più di 320 TWh) registrata nel 2009, corrispondenti a -5,7% rispetto al 2008, diveniva fra le maggiori della storia dell’Italia repubblicana.

Si deve risalire alla fine degli anni ’40, nell’Italia uscita semidistrutta dall’ultima guerra, prima del dispiegarsi degli effetti del Piano Marshall, per trovare variazioni negative di livello comparabile. In soli tre anni, il peso dei consumi industriali sul totale passa dal 45% del 2011 al 42% nel 2014.

Naturalmente, l’effetto delle nuove tecnologie applicate ai motori elettrici, ai refrigeratori e ai corpi illuminanti, radicalmente più efficienti delle vecchie tecnologie che sostituiscono, avrebbe come effetto quello di far diminuire i consumi elettrici mantenendo o persino aumentando i livelli produttivi: ovvero l’obiettivo principale della formidabile professione dell’Energy manager.[5]

Ma l’Italia è ancora lontana da una penetrazione di queste tecnologie tale da poter incidere sui consumi complessivi. Ad esempio, nonostante una crescita annuale prossima al 100% nel solo 2015, ad utilizzare i LED sono ancora oggi poco più del 5-6% dei punti luce delle strade italiane.[6]

La relazione fra andamento del Pil e consumi elettrici in Italia veniva indagata ancora a fine 2015 dai tecnologi della società di distribuzione elettrica [4].

Pur constatando “la marcata similitudine nei profili” se ne evidenziava anche la crescente divaricazione, con il Pil che fra il 1984 e il 2014 aumenta di quasi il 50%, e la domanda elettrica del 70%.

In breve, la domanda di elettricità evolve in Italia a un tasso maggiore del Pil. Dopo aver descritto quello dell’impatto della generazione da fonti rinnovabili sul PUN,[7] un modello matematico efficace della relazione fra Pil e consumi elettrici sarà presto pubblicato sulla letteratura scientifica internazionale.

È un altro, adesso, il dato che composto con quello dei consumi di elettricità disvela una dinamica profonda che andrà presto governata con intelligenza e capacità.

Ovvero, l’aumento di popolazione intervenuto nel primo decennio degli anni 2000, per niente trascurabile trattandosi di tre milioni di persone sui precedenti 57 milioni (oltre il 5%).

Includendo questo dato, si scopre che il decremento della produzione elettrica pro capite è stato di quasi il 13% tra il 2008 e il 2015 (Figura 3).

Figura 3 – Serie annuali della produzione elettrica pro capite e della popolazione (dati BP e ONU)

In questa prospettiva, emerge altresì molto chiara la relazione tra decremento (sia annuale sia cumulato continuativamente nel tempo) della produzione di elettricità e variazioni annuali del Pil, ambedue pro capite: normalizzati cioè all’effettiva platea dei cittadini consumatori di energia (Figura 4).

Figura 4 – Serie annuali della produzione elettrica pro capite e delle variazioni del Pil pro capite (dati BP e World Bank)

Il grafico disvela pure come la prolungata e forte crescita della produzione elettrica negli anni 2000, precedentemente alla crisi del 2008-2009, non sia associata a incrementi del Pil paragonabili a quelli della seconda metà degli anni ‘80 del secolo scorso.

In altre parole, l’incremento demografico non si traduce in aumento della produzione industriale; e ad esso si accompagna verosimilmente un calo di produttività complessivo del sistema Paese.

Al contrario, le nuove tecnologie dell’efficienza energetica e quelle ormai divenute low cost per la generazione distribuita dell’energia, il fotovoltaico e il fototermico con cui solarizzare tutti gli edifici italiani, consentono al contempo di aumentare la produttività e diminuire sia i costi produttivi che i consumi di energia prelevata dalla rete. Fare di più con meno, cioè. Interrompendo la pericolosa spirale meno consumi – decrescita economica – meno consumi…

Si vede dunque come l’energia solare e l’efficienza energetica non siano opzioni culturali, tecnologiche e politiche addizionali buone per far contenti gli ambientalisti o gli elettori: ma asset strategici del nuovo sviluppo italiano.[8]

(Gli autori, Mario Pagliaro e Francesco Meneguzzo, sono ricercatori rispettivamente del Polo solare della Sicilia del Cnr e dell’Istituto di Biometeorologia a Firenze del Cnr)

Riferimenti:

[1]. Terna, Rapporto mensile del 31/10/2016, Roma: Dicembre 2016.

[2]. Gestore dei mercati energetici, mercatoelettrico.org, Roma: Dicembre 2016.

[3]. Gestore dei mercati energetici, Newsletter del GME, n.98, Roma: Novembre 2016.

[4]. Terna, Direzione dispacciamento, Previsioni della domanda elettrica in Italia e del fabbisogno di potenza necessario. Anni ANNI 2015 – 2025, Roma: Dicembre 2015.

[5]. R. Ciriminna, M. Pecoraino, F. Meneguzzo, M. Pagliaro, Reshaping the education of Energy managers, Energy Research & Social Science 21 (2016) 44-48.

[6]. Istituto nazionale di statistica, Ambiente urbano: gestione eco sostenibile e smartness, Roma: Novembre 2016.

[7]. F. Meneguzzo, F. Zabini, R. Ciriminna, M. Pagliaro, Assessment of the Minimum Value of Photovoltaic Electricity in Italy, Energy Science & Engineering 2 (2014) 94-105.

[8]. Il petrolio? Meglio sottoterra, libro intervista a cura di A. Cacciato, StreetLib, Loreto: 2016.

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