Petrolio, Ici a piattaforme, soddisfazione ambientalista

  • 25 Febbraio 2016

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L'Ici sulle piattaforme petrolifere va pagata e le strutture devono essere accatastate nella categoria D/7. È quanto ha stabilito la Corte di Cassazione. La soddisfazione di Greenpeace, verso il referendum del 17 aprile, per votare "Sì".

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L’Ici sulle piattaforme petrolifere va pagata e le strutture devono essere accatastate nella categoria D/7. È quanto ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 3618/16 (depositata ieri, in allegato in basso), che ha accolto – con alcuni “limiti” – il ricorso del Comune di Pineto (Teramo) contro Eni per il mancato pagamento dell’imposta tra il 1993 e il 1998.

Greenpeace accoglie positivamente la sentenza della Corte di Cassazione che impone alle piattaforme petrolifere il pagamento dell’ICI. La sentenza arriva a conclusione di un lungo contenzioso tra il comune abruzzese e l’ENI, con il primo che chiede all’azienda versamenti per arretrati pari a circa 30 milioni di euro.

«Era ora, verrebbe da dire. È incredibile che i petrolieri siano stati sin qui esentati da un pagamento di tributi che invece spetta a tutti, anche alle industrie e alle attività produttive», commenta Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace. «Purtroppo le regalie alle aziende fossili non si limitano a questo. È urgente che si adottino provvedimenti per rivedere le royalties, che in Italia sono solo del 7%, mentre all’estero superano spesso il 50%, e sulle quali vengono poi applicati di norma ulteriori sgravi. Inoltre dovrebbe essere cancellato l’assurdo sistema di franchigie, che esenta una parte della produzione da questi oneri», conclude Boraschi.

Secondo Greenpeace il sistema delle franchigie – l’esenzione dal pagamento delle royalties sotto una soglia minima di produzione – non è altro se non l’ennesimo regalo ai petrolieri. Per le estrazioni in mare questa soglia è fissata in 80 milioni di metri cubi standard per il gas e in 50mila tonnellate per il petrolio. A oggi, oltre la metà degli impianti in mare produce sotto queste soglie e, dunque, le compagnie non versano un centesimo di royalties. In pratica, è solo un trucco per non smantellare strutture sempre più obsolete, fragili e pericolose.

Greenpeace ricorda che anche per questo è importante votare al referendum del prossimo 17 aprile contro le trivelle in Adriatico: con una vittoria del “Sì” molti impianti scarsamente o per nulla produttivi avrebbero un fine vita chiaro, obbligando le società a smantellarli.

L’associazione ieri ha organizzato una dimostrazione a Piazza Venezia, a Roma (foto titolo), contro la strategia energetica del governo e per invitare gli italiani a votare “Si” al referendum del prossimo 17 aprile promosso da nove Regioni.

La sentenza (pdf)

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