Il regalino ai vecchi impianti a biomassa costerà almeno 230 milioni all’anno

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L'emendamento della Legge di Stabilità che estende per 5 anni gli incentivi agli impianti a biomassa giunti alla fine del periodo incentivato potrebbe costare da 230 a 300 milioni di € all'anno. Soldi delle bollette sottratti ai nuovi impianti a fonti rinnovabili. Si rischia di sforare il tetto dei 5,8 miliardi e far cessare gli incentivi ai nuovi impianti.

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(Aggiornamento 21 dicembre: la legge di Stabilità è stata approvata alla Camera mantenendo l’emendamento in questione)

Con il pacchetto “Taglia Bollette” del decreto Competitività, il Governo Renzi ha fatto di tutto per ridurre la spesa per le energie rinnovabili, al punto di approvare una norma controversa e forse incostituzionale come il taglio retroattivo al fotovoltaico, noto come Spalma Incentivi. Ora però, con questa legge di Stabilità rischia di regalare 2-300 milioni all’anno a vecchi impianti a biomasse che si sono già ripagati.

È l’effetto dell’emendamento approvato in Commissione Bilancio della Camera che concede 5 anni di incentivi in più, con tariffa all’80%, a impianti a biomasse, biogas e bioliquidi sostenibili, che escono dal periodo incentivato entro la fine del 2016.

Un aggravio di spesa di almeno 230 milioni di € per aiutare 166 impianti

La modifica costerà almeno 230 milioni di euro all’anno, che potrebbero anche arrivare anche a 250-300. Questa la stima fatta da QualEnergia.it spulciando tra i documenti pubblici del GSE con l’aiuto dell’analista Tommaso Barbetti di eLeMeNS.

Sono infatti 166 gli impianti alimentati con le fonti in questione che sono usciti o usciranno dal periodo incentivato entro il 31 gennaio 2016, per una potenza cumulata di 635 MW (492 MW da biomasse e rifiuti, 26 MW da bioliquidi e 109 da biogas). Stimando che questi 635 MW producano per 6500 ore l’anno si parla di poco più di 4 TWh di elettricità incentivata l’anno. Ipotizzando, conservativamente, un incentivo medio di 145 euro a MWh che diventa 116 euro con la riduzione del 20% prevista dall’emendamento e sottraendo il prezzo energia, ipotizzato a 55 €/MWh, l’estensione costerà dunque circa 230 milioni di euro all’anno.

“Una stima conservativa, dato che si tratta di impianti che hanno tariffe diverse e noi abbiamo considerato un incentivo medio piuttosto basso – spiega Barbetti – nella realtà non è improbabile che la spesa arrivi anche a 250-300 milioni l’anno”.

A rischio il tetto di spesa dei 5,8 miliardi

Questo aiuto a installazioni vecchie, in genere di grossa taglia e che producono solo energia elettrica, ricordiamo, è fatto a spese di tutto il resto del comparto delle rinnovabili elettriche, dato che la spesa per l’estensione degli incentivi andrà a erodere il budget dei 5,8 miliardi riservato alle FER non FV, superato il quale gli incentivi ai nuovi impianti cessano. Il tetto è a rischio?

“Teoricamente sì – risponde l’analista – la cifra è tale da portare sicuramente allo sforamento del budget, se gli impianti che ne hanno diritto ottenessero l’estensione dal primo gennaio 2016”, cioè prima che entri in vigore il nuovo decreto sulle rinnovabili elettriche, che introduce un nuovo sistema di calcolo della spesa che dovrebbe liberare risorse. “Vanno però considerati i tempi tecnici per le richieste di estensione e l’esame di queste da parte della Commissione europea, che potrebbero essere lunghi.”

L’erogazione dell’incentivo – dispone l’emendamento in questione – è infatti subordinata alla decisione favorevole della Commissione europea in esito alla notifica del regime di aiuto: i produttori interessati al prolungamento dovranno fornire al MiSE tutti gli elementi per la notifica alla Commissione, che dovrà verificare – per ogni impianto – le compatibilità ai sensi della disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell’ambiente e dell’energia.

L’emendamento in questione e la sintesi di quel che prevede

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