Bomba sulla Cop 21: la Cina brucia più carbone di quanto dichiarato finora

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I consumi cinesi di carbone finora sono stati sottostimati di circa il 17%. Il dato in un documento ufficiale. Ignorate emissioni di CO2 annuali per oltre 1 miliardo di tonnellate: più di quelle dalla Germania e pari al 3% del totale mondiale. Quali le implicazioni?

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Una notizia che scompiglia le carte in vista dei negoziati sul clima della Cop 21 che inizieranno a Parigi a fine mese: il più grande emettitore mondiale di CO2, la Cina, finora ha sottostimato in maniera rilevante i propri consumi di carbone. In una nuova pubblicazione ufficiale di Pechino – riporta il New York Times, che per primo ha dato la notizia – i consumi sono stati rivisti al rialzo dall’Ufficio Nazionale di Statistica di circa il 17% rispetto ai dati rilasciati negli ultimi anni.  Ad esempio nel solo 2012 il gigante asiatico avrebbe usato 600 milioni di tonnellate di carbone in più di quanto precedentemente dichiarato.

L’errore nelle statistiche nazionali sarebbe dovuto ai calcoli incompleti provenienti dalla singole province e ha come conseguenza una sottovalutazione del dato sulle emissioni di oltre un miliardo di tonnellate di CO2 all’anno (ogni tonnellata di carbone causa 2,3-2,5 tonnellate di CO2, perché gli atomi di carbonio si legano all’ossigeno già in atmosfera). Una quantità pari a circa il 3% delle emissioni mondiali e superiore al totale dei gas serra annui rilasciati da un Paese come la Germania (che ha emesso 912 milioni di tonnellate di CO2 nel 2014).

Facile capire come questa notizia sia importante per i negoziati di Parigi: andranno riviste – si vedrà se in maniera significartiva o meno – tutte le analisi sugli sforzi necessari a fermare il riscaldamento globale.

Per la Cina il dato nuovo non dovrebbe aumentare la difficoltà a raggiungere gli obiettivi che si è data in vista della Cop 21, poiché sono target relativi, come ridurre il rapporto tra CO2 e Pil e raggiungere il picco delle emissioni entro il 2030. Con i consumi ‘rivisti’ il picco sarà più alto, ma raggiungibile prima. Tuttavia per Pechino sarà probabilmente maggiore lo sforzo per portare, entro lo stesso anno, il contributo delle fonti “non-fossili” al 20%. Si ritiene da più parti che si prenderà ancora più sul serio la sfida di ridurre la dipendenza da questa fonte che sta causando danni impressionati all’economia cinese soprattutto per l’inquinamento atmosferico, che (stima OMS) si mangia il 12% del Pil cinese.

I nuovi dati sui consumi di carbone sono stati pubblicati, senza troppa pubblicità, in una pubblicazione ufficiale sulle statistiche energetiche che mostra come il dato sia stato sottostimato a partire dal 2000, soprattutto a causa di “buchi neri” riconducibili alle piccole industrie. Le correzioni più rilevanti riguardano infatti i consumi di settori come chimica, cemento, siderurgia, mentre gli aggiustamenti riferiti ai consumi per la produzione elettrica sono più contenuti.

Secondo Lin Boqiang, direttore del China Center for Energy Economics Research della Xiamen University – sentito dal NYT – il governo ha ammesso la necessità di correggere i dati ma non ha ancora commentato pubblicamente la notizia, secondo Lin perché le nuove cifre porteranno ad un ricalcolo degli impatti e delle azioni da intraprendere per raggiungere gli obiettivi sul clima.

La International Energy Agency dovrebbe già aver aggiornato, nel report pubblicato oggi (qui in pdf), le proprie stime delle emissioni cinesi in base ai nuovi dati, rivedendo al rialzo del 4-6% i dati dal 2011 al 2013. Secondo altri, come Jan Ivar Korsbakken del Center for International Climate and Environmental Research di Oslo, sentito sempre dal NYT, il dato sulle emissioni cinesi andrebbe rivisto al rialzo dell’11%. Il livello di concentrazione della CO2 in atmosfera, che è misurato direttamente, ovviamente resta inalterato, ma i nuovi dati sulle emissioni cinesi metteranno in discussione gli studi su come la CO2 emessa si accumula o viene assorbita. 

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