Dalla riqualificazione energetica passa la ripresa dell’edilizia

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Realizzazione di edifici a consumi energetici “quasi zero”, ma soprattutto riqualificazione energetica spinta di blocchi di edifici e risanamento di interi quartieri. Politiche e interventi efficaci potranno ridurre i consumi e le emissioni e far uscire il settore dalla crisi, creando occupazione. Ma cosa servirebbe per partire anche in Italia?

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Negli ultimi anni le emissioni mondiali di gas serra hanno visto una forte crescita, ma le stime sui costi necessari per evitare una catastrofe climatica invece di aumentare si sono abbassate.  Merito della rapidissima evoluzione tecnologica che ha reso disponibili soluzioni molto efficaci con costi continuamente decrescenti. In alcuni paesi, peraltro, una politica intelligente di riduzione delle emissioni climalteranti potrebbe servire anche per contrastare la crisi economica e aumentare l’occupazione.

Secondo la Commissione Europea per ridurre del 40% le emissioni al 2030 rispetto al 1990 serviranno investimenti annui di 38 miliardi di euro, largamente compensati dal calo delle importazioni di energia. E’ interessante sottolineare come la metà di queste risorse dovrebbe essere destinata alla riqualificazione edilizia.

In effetti, dopo la profonda trasformazione del sistema elettrico causata dal successo delle rinnovabili, trasporti ed edilizia saranno i prossimi settori investiti dalla rivoluzione “green”.

In Italia, come in altri paesi, le costruzioni presentano caratteristiche termiche in larga parte molto scadenti, tali da rendere possibili notevoli riduzioni dei consumi. Si aprono quindi interessanti prospettive, a patto che le aziende del settore sappiano innovare, aggregandosi e riqualificandosi. 

Una prima opportunità, limitata nei numeri ma impegnativa nella sostanza, riguarda la realizzazione di edifici a consumi energetici “quasi zero” previsti dalla normativa europea per la fine del decennio, scadenza che la Lombardia ha virtuosamente anticipato al 2016, e che comporterà scelte innovative sugli impianti e i materiali da utilizzare.

In realtà questo esercizio consentirà di mettere a fuoco la vera posta in gioco che riguarda la riqualificazione energetica spinta di blocchi di edifici e il risanamento di interi quartieri. La strategia climatica della UE comporta infatti un salto di qualità puntando sia ad un raddoppio delle superfici annualmente riqualificate sia a riduzioni più spinte, fino al 60-80%, dei consumi degli edifici: la cosiddetta “deep renovation”.

Per fare partire un’operazione di questa ampiezza, in grado di rilanciare il comparto dell’edilizia, occorre preparare il terreno su diversi fronti. Il primo è quello finanziario. L’ossigeno per un’operazione così ampia può venire dai risparmi conseguibili grazie alle riduzioni delle bollette in grado di ripagare gli investimenti iniziali. Esistono diversi schemi a livello internazionale che prevedono l’anticipo del capitale necessario utilizzando, ad esempio, fondi di rotazione rimpinguati grazie alle minori spese energetiche. E’ quindi necessario un ruolo attivo dello Stato che, accanto alle detrazioni fiscali, predisponga strumenti mirati alla riqualificazione “spinta” di interi palazzi, analogamente a quanto peraltro già previsto (nuovo Conto Termico) per gli edifici pubblici. 

Proposte in tal senso, con stanziamenti adeguati e senza impatti negativi per il bilancio dello Stato, sono state presentate al Governo per un eventuale inserimento nella Legge di Stabilità. Si prevede la creazione da parte della Cassa Depositi e Prestiti di un fondo di rotazione in grado di erogare ai proprietari interessati alla riqualificazione spinta degli immobili fino all’80-90% del costo di investimento. Lo Stato riconoscerebbe al Fondo un credito di imposta decennale analogo all’attuale 65% destinato ai singoli contribuenti, mentre la quota restante verrebbe ripagata dai proprietari grazie alla riduzione dei consumi. E’ stato valutato che il Bilancio dello Stato, considerando le maggiori entrate fiscali derivanti dal forte incremento dell’attività edilizia, non subirebbe alcun impatto negativo.

Non bastano però soluzioni di ingegneria finanziaria, ma occorre compiere un salto di qualità nell’approccio stesso alla riqualificazione, utilizzando tutte le opportunità offerte dai nuovi materiali e dalla rivoluzione digitale. Si va dal controllo e gestione dei consumi a soluzioni più radicali, come l’industrializzazione degli interventi che consente di accorciare incredibilmente tempi e costi.  Fa scuola l’esperienza olandese Energiesprong che grazie, alla prefabbricazione modulare dei vari componenti, come il cappotto isolante, è riuscita ad azzerare le bollette nelle case popolari, riducendo i costi e portando i tempi di intervento a pochi giorni.

Si tratta di un percorso che può valere per alcune tipologie edilizie. In altri casi, specie se esistono problemi strutturali, conviene abbattere e riscostruire, magari prevedendo un premio volumetrico.

Insomma, idee nuove, finanza intelligente e adeguamento del modello di business possono aprire prospettive molto interessanti in un settore che ha perso mezzo milione di posti di lavoro. Oltre a servire per ridurre drasticamente le emissioni climalteranti.

Questo articoli di Gianni Silvestrini è stato pubblicato il 15 settembre su L’Unità

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