Non perdiamo la ‘nave’ dei certificati bianchi

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Il Consiglio Europeo ha approvato un regolamento che introduce l'obbligo di monitoraggio di consumi energetici, emissioni e altre informazioni essenziali per analizzare le prestazioni complessive di efficienza energetica delle navi. Come ottimizzare il rapporto benefici/costi del provvedimento? L'analisi di Andrea Molocchi, Ecba Project.

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Forse non tutti sanno che sotto il semestre italiano di presidenza dell’UE è stato approvato un provvedimento importante per il comparto marittimo e per l’industria dell’efficienza energetica: il cosiddetto “regolamento MRV”.

Il 17 dicembre 2014, infatti, il Consiglio Europeo ha raggiunto un accordo di compromesso col Parlamento sulla proposta di regolamento della Commissione riguardante il monitoraggio, la rendicontazione e la verifica delle emissioni di CO2 delle navi. Il testo finale è stato formalmente approvato dal Consiglio Europeo il 28 aprile 2015 ed è imminente la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Anche se una normativa europea che interviene unilateralmente su una materia intrinsecamente globale è generalmente sconsigliabile, a mio parere questo regolamento propone degli elementi molto positivi, sia dal punto di vista ambientale che economico, attraverso un approccio di stimolo dell’efficienza e del risparmio energetico, con ricadute positive non solo sulla competitività delle imprese marittime europee, ma anche sull’innovazione tecnologica associata agli interventi di efficienza (il regolamento europeo nasce nell’ambito di una strategia europea volta a stimolare l’International Maritime Organization – IMO – ad adottare un analogo provvedimento esteso a tutti i mari del globo, ma bisogna constatare che anche nell’ultima riunione IMO, di maggio 2015, non si è raggiunto un accordo globale in proposito).

Dato che gli obiettivi ambientali ed economici sono stati spesso storicamente contrapposti nell’impostazione delle politiche, il fatto che essi si trovino finalmente “alleati” in un provvedimento normativo, è anche un segnale di speranza che le politiche industriali e ambientali possano davvero essere orientate in maniera integrata verso uno sviluppo sostenibile. Ma è anche importante che questa svolta sia compresa e capita fino in fondo, in quanto numerosi sono i passaggi attuativi che dovranno sostanziare questo nuovo percorso, evitando il ripetersi di errori di molte politiche ambientali del  passato.

Cosa prevede la nuova normativa?

Il regolamento europeo si applica alle navi di qualsiasi bandiera, sopra le 5000 tonnellate di stazza lorda, in relazione alle emissioni di CO2 da combustione, rilasciate sia nella fase di stazionamento in porto sia durante i viaggi in arrivo e in partenza da porti comunitari (dall’ultimo porto di scalo fino a un porto sotto la giurisdizione di uno Stato membro e da un porto sotto la giurisdizione di uno Stato membro fino al successivo porto di scalo, così come nei viaggi fra porti comunitari).

Questi i principali obblighi a carico delle compagnie marittime (aziende con responsabilità operativa delle navi), con una sequenza di scadenze che va dall’entrata in vigore del regolamento fino al 2019:

  1. Entro il 31 agosto 2017 le compagnie di trasporto marittimo devono presentare ai verificatori, per ciascuna delle loro navi, un piano di monitoraggio che indichi il metodo scelto per monitorare e rendicontare le emissioni di CO2 e per raccogliere le altre informazioni pertinenti richieste dal regolamento.
  2. A partire dal 1° gennaio 2018 sulla base del piano di monitoraggio preliminarmente approvato, le compagnie dovranno iniziare a monitorare al livello di ogni viaggio e con cadenza annuale le emissioni e le altre informazioni richieste.
  3. A decorrere dal 2019, ed entro il 30 aprile di ogni anno, le compagnie dovranno presentare alla Commissione e alle autorità dello Stato di bandiera un rapporto sulle emissioni di ogni nave sotto la propria responsabilità, che dovrà essere preliminarmente valutato come soddisfacente da un verificatore accreditato.

Un aspetto fondamentale da evidenziare è che gli obblighi di monitoraggio al livello del singolo viaggio non riguardano solamente i consumi energetici e le emissioni di CO2, ma anche altre informazioni ritenute essenziali per analizzare le prestazioni complessive di efficienza energetica della nave nella sua operatività effettiva: la durata del viaggio, la distanza percorsa e il carico trasportato (numero di passeggeri, tonnellate o metri cubi di merce trasportata o altre unità di misura del carico specifiche per tipo di nave, come nel caso delle navi container e Ro Ro).

I parametri da monitorare sono quelli che tipicamente entrano in gioco nell’indice di efficienza energetica operativa del trasporto marittimo (altrimenti noto con la sigla EEOI, per distinguerlo dal EEDI, che esprime invece l’efficienza di design, ovvero nominale, di una nave di nuova costruzione), che rapporta i consumi energetici al “servizio di trasporto”: maggiore il servizio di trasporto realizzato a parità di consumo energetico, maggiore l’efficienza; minori i consumi-nave a parità di carico trasportato e di distanza percorsa, maggiore l’efficienza.

In sostanza, con questa impostazione estesa all’efficienza energetica, il nuovo regolamento pone le basi per valorizzare tutte le possibili modalità e innovazioni utili a risparmiare energia (dalla logistica ai sistemi IT e TLC aziendali, dalle tecniche di stivaggio ai sistemi di weather routing), anche ricorrendo ad una maggiore trasparenza informativa e al coinvolgimento di tutti gli operatori interessati.

Questa impostazione della politica europea sulle emissioni di CO2 del trasporto marittimo va sottolineata: l’UE non ha puntato sul monitoraggio esclusivamente degli aspetti ambientali (emissioni di CO2), ma anche e soprattutto sugli aspetti di competitività industriale (consumi e grado di efficienza energetica), varando un regolamento che consente a chiunque di operare confronti fra navi e compagnie (anche i mercati azionari possono far bene all’ambiente!), e che permette ai fornitori e utilizzatori di soluzioni tecnologiche con prerogative di energy saving di iniziare a monitorare e testare le prestazioni delle tecnologie entro un quadro di riferimento riconosciuto.

È un passaggio essenziale per pervenire a una logica virtuosa in cui le emissioni di CO2 sono ridotte facendo efficienza, e non perché le compagnie marittime siano costrette a ridurre le frequenze delle linee o siano indotte ad aumentare i transit time perché penalizzate con imposte sulle emissioni. Questo regolamento è la premessa per arrivare ad un meccanismo diametralmente opposto, di tipo incentivante, in cui la società armatrice più efficiente viene premiata con benefici economici, sul modello riconosciuto dall’art. 7 par. 7 della direttiva quadro europea n. 27/2012 (meccanismi di incentivazione dei progetti di risparmio energetico basati sull’emissione e scambio di certificati).

Come ben sanno le ESCo e gli Energy manager, si tratta di un modello già ampiamente sperimentato e utilizzato nel nostro paese ben prima del varo della direttiva quadro sull’efficienza energetica (compie 10 anni quest’anno), che è stato “confermato e rilanciato”, dall’art. 7 del recente Dlgs 102/2014 di recepimento della suddetta direttiva: “Il  regime  obbligatorio  di  efficienza  energetica di cui all’articolo 7 della citata direttiva 2012/27/UE  è  costituito dal meccanismo dei certificati bianchi di cui ai decreti  legislativi  16 marzo 1999 n. 79 e 23 maggio 2000 n. 164 e relativi provvedimenti  di attuazione, secondo le condizioni di cui al presente articolo”.

È quindi chiaro che col regolamento MRV l’UE ha voluto anticipare e stimolare l’iniziativa dell’IMO in materia di emissioni di CO2 delle navi esistenti, anche allo scopo di trarne vantaggi competitivi a favore dell’industria europea, considerata la necessità globale a lungo termine di progressiva de-carbonizzazione delle attività economiche. Ma è anche altrettanto chiaro che per portare fino in fondo questa strategia occorre comprenderne le potenzialità e affermare con la necessaria coerenza i passi successivi.

Se guardiamo a quanto accaduto nell’ultimo meeting IMO (MEPC68 di maggio 2015), dove il difficile negoziato su questo tema sta portando ad un testo che va esattamente nella direzione opposta, di tendenziale eliminazione degli obblighi di monitoraggio riguardanti le informazioni sul servizio di trasporto reso (con l’alibi che queste informazioni costituiscono un’informazione sensibile sotto il profilo commerciale), si può intuire la pericolosità di un approccio riduttivo a livello IMO.

Se si dovesse andare verso un sistema di monitoraggio minimale, limitato solamente ai consumi e alle emissioni annuali, questo approccio porterà diritto verso un sistema di comando e controllo (ad es. obiettivi di riduzione delle emissioni basati sui dati storici) che penalizzerà uniformemente tutte le aziende del settore, a partire da quelle europee, certamente più virtuose, che non stimolerà l’innovazione e le ricadute di competitività sui sistemi economici, e che aggraverà i costi della riduzione delle emissioni. In poche parole: un meccanismo che non servirà a nessuno, nemmeno all’ambiente.

Come ottimizzare il rapporto benefici-costi di questo provvedimento?

La cosa più urgente da fare è “non perdere la nave dei certificati bianchi”. Ci riferiamo alla nuova strategia energetica inaugurata dall’UE con la direttiva quadro 27/2012, che pone il rapporto benefici/costi al centro della strategia di de-carbonizzazione europea, e al  Dlgs 102/2014 di recepimento in Italia, che rilancia il meccanismo dei certificati bianchi come strumento principale per il raggiungimento degli obiettivi nazionali di risparmio energetico e riduzione delle emissioni. La “nave da non perdere” è l’atteso Decreto di aggiornamento delle Linee Guida dei certificati bianchi (“Linee guida per la preparazione, esecuzione  e  valutazione  dei progetti e per  la  definizione  dei  criteri  e  delle  modalità  per  il  rilascio   dei   certificati   bianchi), previsto dall’art. 7, comma 5 del Dlgs 102, e recentemente annunciato dal Ministro Federica Guidi.

I progetti nel settore dei trasporti sono ammessi al meccanismo, ma occorre chiarire meglio le condizioni di accesso per i progetti di efficienza energetica riguardanti le navi. Alcuni esempi emblematici:

  • Gli interventi di efficienza energetica possono essere realizzati sia su navi nuove che su le navi esistenti (con problematiche normative e realizzative molto diverse); inoltre, in entrambi i casi gli interventi possono avvenire in Italia così come in cantieri esteri.
  • Le navi possono approvvigionarsi di bunker al di fuori del territorio nazionale e, qualora ciò invece avvenga sul territorio nazionale, possono essere navi di qualsiasi bandiera.
  • Le navi che si riforniscono di bunker nel territorio nazionale possono essere utilizzate sia nei collegamenti fra porti nazionali che nel traffico internazionale, ma solo nel primo caso (cabotaggio) le emissioni di CO2 associate ai consumi di carburante rientrano negli obblighi nazionali di riduzione delle emissioni dell’inventario nazionale. 

Certamente, il nuovo regolamento MRV può fornire tempestivamente la base regolamentare per il monitoraggio, la rendicontazione e la verifica dei consumi delle navi che intendano realizzare progetti ai sensi del meccanismo dei certificati bianchi, ma sarebbe opportuno che il Decreto di aggiornamento delle Linee Guida, recentemente annunciato dal Ministro Federica Guidi e di prossima emanazione, chiarisse le modalità di accesso specifiche per i progetti navali, in relazione ai regolamenti del settore marittimo.

Fra l’altro, la normativa prevede che l’adeguamento delle linee guida sia effettuato previo svolgimento di una consultazione pubblica.

Il Green Shipping Summit, convegno del Port & Shipping Tech che si terrà a Genova il 17 e 18 settembre, sarà un’importante occasione per condividere con gli operatori del settore marittimo le novità apportate dal nuovo regolamento MRV e dalla bozza di Decreto sulle linee guida per i certificati bianchi, e per discutere proposte di miglioramento in fase attuativa, in grado di valorizzare pienamente il potenziale offerto dalle nuove soluzioni di risparmio energetico.

Nell’implementazione del regolamento sarà necessario evitare un approccio burocratico e puntare sull’opportunità per le compagnie di migliorare la  conoscenza sui livelli di efficienza nei consumi energetici delle unità della flotta e di monitorare sistematicamente i livelli di servizio reso, da cui dipendono le emissioni complessive di CO2.

L’introduzione di un quadro di riferimento comune per il monitoraggio dei consumi, infatti, favorirà l’analisi delle performance dei molteplici fattori che influenzano i consumi energetici del trasporto marittimo e la concreta adozione delle migliori soluzioni di efficienza energetica e operativa, creando i presupposti per un forte miglioramento della competitività.

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