Petrolio a basso prezzo: i veri effetti sulle fonti rinnovabili

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"Non ci si deve dunque domandare in che modo il calo dei prezzi del petrolio avrà un impatto sulla transizione verso le energie pulite, ma piuttosto in che modo la transizione verso le rinnovabili sta influenzando il prezzo del petrolio". L'analisi di Bloomberg New Energy Finance sugli effetti del crollo del prezzo del barile.

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Il crollo del prezzo del barile in corso non rallenterà significativamente lo sviluppo delle rinnovabili. Quel che sta succedendo non dipende tanto da un eccesso di petrolio a buon mercato, quanto da una domanda che non cresce più come ci si aspettava in passato, anche per effetto della transizione energetica verso fonti alternative. È questa la sintesi estrema dell’ultima analisi sugli impatti del petrolio a prezzi stracciati diffusa da Bloomberg New Energy Finance (vedi allegato in basso).

Il messaggio è reso bene dalle parole del presidente della società di consulenza, Michael Liebreich: “La visione ortodossa della crescita illimitata della domanda di greggio semplicemente non regge in un mondo di motori super efficienti, veicoli elettrici, gravi problemi di inquinamento atmosferico e preoccupazioni per il clima.Non ci si deve dunque domandare in che modo il calo dei prezzi del petrolio avrà un impatto sulla transizione verso le energie pulite, ma piuttosto in che modo la transizione verso le energie pulite sta influenzando il prezzo del petrolio”.

Per gli analisti il crollo del barile di questi ultimi 6 mesi – dai 112,3 $ del 30 giugno ai 54,12 del 31 gennaio – peraltro avrà un impatto molto contenuto sullo sviluppo delle rinnovabili a livello mondiale. I 266 miliardi di dollari l’anno investiti in fonti pulite in media negli ultimi 5 anni, si fa notare, sono stati destinati in gran parte a impianti che non sono in concorrenza diretta con il petrolio. Inoltre, eolico e fotovoltaico sono sempre più competitivi e continuano a crescere nonostante i vari tagli agli incentivi.

Il barile low cost avrà effetti differenti nei vari contesti. Potrà certamente frenare la diffusione delle auto elettriche. Negli Usa, ad esempio, la quota delle auto elettriche (al momento inferiore all’1%) raggiungerebbe al 2020 il 9% con la benzina a 3,34 $ per gallone ma non supererebbe il 6% nel caso di un prezzo alla pompa di 2,09 $ al gallone.

Il petrolio low-cost impatterà anche sui biocarburanti, che vi competono direttamente. Ma i biofuel non ne risentiranno negli Usa e in Europa, dove sono in vigore contenuti minimi di legge nei carburanti, per cui la domanda resterà invariata. Relativamente moderato anche l’effetto sulla domanda di bioetanolo, che in alcuni mercati come il Brasile è già competitivo con il petrolio a 65$/b.

Per quel che riguarda l’effetto su prezzi del gas, sarà molto diverso nei vari contesti. Negli Usa la discesa dei prezzi del petrolio potrebbe portare paradossalmente a un aumento di quelli del gas: con i prezzi alti si estrarrebbe infatti meno greggio non convenzionale, la cui produzione si accompagna spesso all’estrazione di gas. BNEF stima che un calo del greggio da 100 a 60 $/b comporterebbe un apprezzamento del gas negli Usa di 0,9 $ per milione di Btu. In questo modo il crollo del prezzo del petrolio negli States avrebbe renderebbe ancor più competitive le rinnovabili nei confronti della generazione elettrica a gas.

Diversa la situazione in Europa. Qui i prezzi del gas sono sovente indicizzati al greggio, per cui al calare del prezzo del barile tende a scendere anche quello del gas, ma la relazione è complessa per il ruolo dei mercati spot, sui quali ad esempio i prezzo del gas nel 2014 ha iniziato a scendere prima di quello del Brent.

In ogni caso sviluppo delle rinnovabili nell’Ue, si fa notare, è generalmente guidato da obiettivi specifici e iniziative politiche e il gas più a buon mercato, combinato con la crescita del prezzo della CO2 (+44% nel 2014), non farà altro che riportare la quota del carbone nel mix elettrico al livello di qualche anno fa. Effetti che si vedono già ad esempio nei dati del Regno Unito che indicano nel terzo trimestre 2014 una contrazione della generazione da combustibili solidi del 43% (a 11,5 TWh) rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, a fronte di un incremento di quella a gas di 8 TWh e da rinnovabili di 2,6 TWh.

Dove il barile a basso prezzo potrebbe rallentare le rinnovabili, secondo Bloomberg, è nei paesi produttori di petrolio e nell’off-grid. Sarà rallentata la sostituzione con le fonti pulite dei generatori diesel, che comunque risultano antieconomici anche con un petrolio sui 60$/b. Potrebbero poi essere messi in dubbio programmi di investimento in elettricità pulita dei paesi petroliferi, come quello dell’Arabia Saudita, che punta a realizzare 41 GW di solare entro il 2035.

In ogni caso, ovviamente, gli impatti del crollo del prezzo del petrolio dipenderà dal tempo di recupero delle quotazioni. Sebbene alcuni analisti prevedano una rapida ripresa a 100 $/b, giacché questo è il livello necessario a giustificare gli investimenti nell’esplorazione, secondo BNEF ci sono motivi per ritenere che una quotazione a due cifre possa persistere anche per qualche anno: il crollo dei prezzi del petrolio, si spiega, è dovuto più a uno shock della domanda che dell’offerta, guidato dal rallentamento della Cina e dalla riduzione della dipendenza degli Usa dalle importazioni.

La nota di Bloomberg New Energy Finance (pdf)

 

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