South Stream e UE, per Putin la questione è chiusa

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Il presidente russo ha dichiarato che il South Stream per l'export di gas verso l'Europa meridionale non si farà più. I 63 miliardi di m3 di gas naturale della pipeline potrebbero essere reindirizzati verso la Turchia, forse un nuovo hub per l'Europa del Sud. L'annuncio fa crollare il titolo in Borsa della Saipem, partner del progetto.

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“L’Europa non vuole il gas russo con il South Stream? Bene, allora lo diamo alla Turchia”. È questo più o meno il contenuto della posizione espressa ieri dal presidente russo Vladimir Putin e dal responsabile Gazprom in visita ad Ankara. Stiamo a livello di minaccia o è una vera e propria comunicazione ufficiale, viste anche le obiezioni dell’UE sul progetto? Il gasdotto in questione, che bypassa l’Ucraina (vedi figura sotto) e attraversa il Mar Nero e la Bulgaria, è un progettato che dovrebbe costare almeno 40 miliardi di dollari (c’è chi parla di 50) per portare dal 2018 nel continente europeo circa 63 miliardi di m3 di gas naturale.

Gli ostacoli tecnico-economici e politici posti dalla Commissione Europea (rischio di un’eccessiva dipendenza energetica dalla Russia), dalla Bulgaria (che non ha concesso il via libera per passaggio della pipeline) e dalle stesse sanzioni UE in atto contro Mosca per la crisi ucraina, non hanno fatto altro che rendere sempre più difficoltoso il processo di attuazione di questo costosissimo progetto, che peraltro è già partito: due navi posatubi sono infatti già al lavoro nel Mar Nero. Abbandonare il progetto sarà un duro colpo soprattutto per Saipem del Gruppo Eni, il cui titolo è già crollato in Borsa, e che ha un ruolo rilevante in South Stream con contratti di fornitura delle linee per circa 2,4 miliardi di euro. Gli altri partner sono EDF e Wintershall.

Il portavoce del ministero degli esteri russo, ha dichiarato che “troveremo altre forme per realizzare i nostri piani collegati alle forniture di gas in altre regioni”. E in effetti, oltre agli accordi in divenire per progetti con la Cina, l’idea russa di far passare il gasdotto in Turchia sta diventando una soluzione fattibile. È pur vero che al momento la Turchia importa gas russo per un quarto della capacità dell’obiettivo South Stream, ma con 63 mld di m3 il paese potrebbe diventare un hub per tutto il sud Europa. Intanto l’export di gas russo, via Blue Stream, verso la Turchia il prossimo anno aumenterà di 3 mld di m3 (+20%) con uno sconto del 6%.

Al netto della questione sempre centrale per l’UE della sicurezza energetica e della necessaria diversificazione delle fonti, la domanda che molti ormai si pongono è: il fabbisogno europeo tra qualche anno sarà in aumento, stazionario o in calo? Ad esempio, per l’Italia, nel pieno della crisi, quest’anno la domanda di gas sarà crollata a 62-63 miliardi di metri cubi, cioè pari ai consumi del 1998. Ma, oltre alla crisi, rinnovabili ed efficienza energetica possono ancora abbassarla di molto.

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