Import idroelettrico ‘d’oro’ dalla Serbia, risponde il Ministero dello Sviluppo Economico

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A febbraio Qualenergia.it denunciò un accordo poco trasparente con la Serbia per l’import in Italia di elettricità idroelettrica prodotta da operatori italiani e società locali allo stratosferico prezzo di 155 €/kWh, usando in esclusiva un cavo sottomarino da realizzare con denaro pubblico. Seguì a marzo un'interrogazione parlamentare. Ora arriva la risposta del Ministero.

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Nel febbraio di quest’anno “rivelammo” con un articolo (Elettricità rinnovabile dalla Serbia. Accordo poco trasparente da 12 miliardi?) l’esistenza di un accordo con la Serbia per l’importazione in Italia di elettricità idroelettrica prodotta da una dozzina di nuove centrali appositamente costruite sulla Drina e sull’Ibar, allo stratosferico (per l’energia idroelettrica) prezzo di 155 euro/MWh, usando il cavo sottomarino in costruzione, sempre con soldi pubblici, fra Italia e Montenegro.

Secondo i termini del’accordo, stipulato nel 2011 dal Ministro per lo Sviluppo Economico (MiSE) del governo Berlusconi, Paolo Romani, l’import dal paese balcanico avrebbe potuto toccare i 6 TWh annuali, con un esborso potenziale in 980 milioni l’anno per 15 anni.

Chiedemmo delucidazioni su questo progetto sia alla società, la Seci Energia (gruppo Maccaferri), che, con il suo socio serbo Elektroprivreda Srbije, avrebbe dovuto costruire le centrali, e anche al Ministero, non ottenendo, come simpatica tradizione di non trasparenza del nostro paese, alcuna risposta da nessuno. E si stava parlando di investimenti di denaro pubblico. 

Per fortuna il nostro articolo fu notato e ripreso dai senatori Girotto e Castaldi del M5S, che presentarono a marzo una interrogazione sull’argomento proprio Ministero dello Sviluppo Economico, a cui, finalmente, sarebbero stati obbligati a rispondere. Obbligati, si, ma con calma. La risposta, infatti, è arrivata solo ieri, 13 novembre (in basso allegata).

Nel testo inviato dal MiSE, oltre al consueto paragrafo volto a ricordare quanto sono costose le nuove energie rinnovabili italiane e che danno facciano all’economia (paragrafo che ormai viene inserito in tutti i documenti del ministero, anche quelli che riguardano la manutenzione delle macchine agricole o la produzione di sedie nel trevigiano …), essenzialmente si riconosce la giustezza dell’allarme che avevamo sollevato, rassicurando però che la potenziale spesa quasi miliardaria ormai è esclusa.

In realtà la spiegazione addotta per giustificare l’accordo suona oggi alquanto bizzarra: il MiSE sostiene che, sostanzialmente, l’idea di importare l’elettricità dalla Serbia a prezzi maggiorati, venne, quasi per disperazione, perché nel 2011 si temeva che al 2020 l’Italia non sarebbe stata in grado di rispettare gli accordi 20-20-20, nella parte che prevedeva la produzione del 17% di energia da fonte rinnovabile. Ma già nel 2012, l’Italia aveva raggiunto il 13,5% della percentuale di rinnovabili, e nel 2011 il boom delle rinnovabili “autoctone” si stava delineando chiaramente. Non sembra quindi ci fossero tali e tante preoccupazioni da spingere a stipulare in fretta e furia un accordo così vincolante sul lungo termine e soprattutto così costoso.

C’è stato quindi quantomeno un “eccesso di prudenza” o, a essere maligni, questa frenesia importatrice preventiva decisa senza consultare nessuno, potrebbe sembrare una nuova versione delle “energie assimilate” del Cip6: un modo, cioè, per usare le rinnovabili come scusa per far fare affaroni a una qualche industria con buoni contatti proprio là dove si prendono le decisioni.

Comunque sia, il MiSE assicura che, secondo l’articolo 36 del decreto legislativo 28 del 2011, un prezzo incentivato, anche se minore di quello riconosciuto in Italia, all’elettricità serba sarebbe stato riconosciuto solo dopo aver constatato il pericolo di incorrere in sanzioni europee, per il mancato raggiungimento dell’obbiettivo 20-20-20. Mentre per arrivare al livello dei 155 euro/MWh, troppo alto, perché identico a quello vigente in Italia per nuovi impianti idroelettrici di media potenza ad acqua fluente, sarebbe stato poi necessario un ulteriore decreto del Consiglio dei Ministri.

Non essendoci probabilmente più questo pericolo di sanzioni, l’elettricità verrà quindi importata dalla Serbia al prezzo di mercato, oggi intorno ai 55 euro/MWh, con la formula del ritiro dedicato da parte del GSE, come era del resto previsto dal precedente accordo di cooperazione energetica con la Serbia del 2009.

Ma ci chiediamo se Seci Energia e i loro partner serbi siano al corrente di questa nuova situazione, visto che a marzo garantivano che le prime centrali dedicate all’export verso l’Italia erano ormai quasi pronte a entrare in funzione e che, immaginiamo, per loro incassare 55 euro/MWh, invece dei 155 euro/MWh previsti non sia esattamente la stessa cosa.

Vedremo se, dopo aver investito un miliardo di euro in questo progetto, prenderanno la notizia con filosofia, o reclameranno penali. Certo che se per loro 55 o 155 euro/MWh non facessero differenza, viene da chiedersi che razza di profitto avrebbero avuto se la tariffa fosse stata quella maggiorata.

Infine il MiSE rassicura anche riguardo al cavo sottomarino fra Italia e Montenegro che alcune nostre fonti sostenevano sarebbe stato usato praticamente in esclusiva per una quindicina di anni per il trasporto dell’energia del progetto Seci. In realtà, ribadisce il MiSE, il nuovo cavo è un’opera di interconnessione elettrica prevista a livello europeo; trasporterà prioritariamente energia rinnovabile in base a quote assegnate da Terna tramite procedura pubblica. Se così sarà, dicono a Terna, l’import di energia a prezzi concorrenziali dai Balcani, consentirà di recuperare rapidamente il costo della nuova connessione.

Vedremo se “tutto è bene quel che finisce bene”.

La risposta del Ministero dello Sviluppo Economico all’interrogazione parlamentare (pdf)

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