Ecco come il Ministero dello Sviluppo Economico vuole tagliare la bolletta

Spalma-incentivi obbligatorio e retroattivo per il fotovoltaico, oneri di sistema da pagare, in parte, anche sull'energia autoconsumata, possibilità di avere prezzi negativi in Borsa. Ma anche taglio agli sprechi e ad alcune discutibili agevolazioni. Ecco cosa bolle nella pentola del decreto MiSE che punta a ridurre del 10% la bolletta elettrica delle PMI.

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Da 700 a 900 milioni di euro da recuperare tramite il ‘famigerato’ spalma-incentivi obbligatorio e retroattivo per il fotovoltaico e il temuto colpo all’autoconsumo, che potrebbe stroncare sul nascere il mercato del FV post-incentivi. Sono questi i due interventi più preoccupanti che bollono nella pentola del decreto per ridurre del 10% la bolletta delle PMI, che dovrebbe arrivare a giugno. Altri soldi a spese delle rinnovabili non programmabili si vogliono ottenere facendo pagare loro i costi di sbilanciamento, mentre va segnalata la previsione di introdurre prezzi negativi alla Borsa elettrica, che possono verificarsi nelle ore di massima produzione rinnovabile.

Tra le varie indiscrezioni sulle intenzioni del Governo qualche dettaglio in più emerge da una presentazione del MiSE (allegato in basso) circolata in questi giorni, che mostra quelle che dovrebbero essere le linee-guida per il provvedimento.

Il pacchetto di misure proposto interviene sia su voci tariffarie specifiche, sia su componenti strutturali. Dovrebbe produrre risparmi per 1.900-2.900 milioni di euro su base annua, due terzi dei quali andranno a beneficio delle sole bollette delle PMI. Le incertezze sulla stima, si spiega, derivano da due ragioni: alcune misure, sono dominate da alea sul gettito, che è legato a fattori non controllabili; altre dipendono dalla maggiore o minore radicalità che il governo intenderà adottare in sede di scrittura delle norme.

Come detto, accanto allo spalma-incentivi volontario, previsto dalla legge “Destinazione Italia” (dal quale si attende un gettito di 100-250 milioni di euro), si parla di una rimodulazione degli incentivi obbligatoria. “Gli operatori fotovoltaici – in particolare quelli di grande dimensione (>200 kW) e di natura finanziaria – godono di incentivi superiori sia alle altre fonti rinnovabili, sia agli altri paesi europei – si legge – il 4% degli operatori beneficiano del 60% della spesa annua per incentivi”. Per questo “si propone di allungare obbligatoriamente il periodo di incentivazione da 20 a 25 anni, con conseguente riduzione della spesa annua mediamente del 20%, senza riconoscere alcun tasso di interesse”. Dalla misura, come anticipato, è atteso un gettito di 700-900 milioni, che andranno a beneficio delle piccole e medie imprese.

Altro intervento particolarmente temuto dal mondo delle rinnovabili è quello sull’autoconsumo, qui previsto con alcuni elementi di incertezza. “I consumatori connessi a reti private (Riu, Seu, Seseu) sono esentati dal pagamento degli oneri generali di sistema per la quota di energia prodotta e autoconsumata all’interno della rete stessa“, si premette nella presentazione. “Questa ‘area di esenzione’ sta crescendo a ritmi molto rapidi, scaricando gli oneri generali di sistema sulla restante parte dei consumatori”. Per questo “i titolari di Riu, Seu e Seseu verranno chiamati a contribuire una quota parte degli oneri (inizialmente di circa il 10%), crescente nel tempo”. Dalla misura è atteso un gettito di 100-150 M€ a beneficio delle PMI.

Numerosi gli altri fronti sui quali si conta di risparmiare. La delibera dell’Aeeg – attualmente all’esame del Consiglio di Stato – che prevede di far pagare alle rinnovabili non programmabili gli oneri di sbilanciamento, anziché socializzarli come in precedenza, secondo il MiSE dovrebbe portare 100 milioni di euro l’anno. La riforma della componente Costo Evitato di Combustibile (Cec) per gli impianti Cip6 dovrebbe dare altri 180 milioni.

Altre risorse verrebbero dalla riduzione delle agevolazioni per specifiche categorie di consumatori. Si risparmierebbero 100-150 milioni di € con un giro di vite sugli sconti per la cosiddetta interrompibilità. Altri 120 milioni verrebbero da tagli alle esenzioni alle Ferrovie dello Stato, che verrebbero mantenute solo per i consumi imputabili al servizio universale, eliminandole per i servizi a mercato (come l’alta velocità). Stop anche al trattamento di favore per Vaticano e San Marino, rispettivamente dal 2014 e dal 2015, una misura che porterebbe 10-20 milioni, mentre altri 20 milioni verrebbero recuperati dagli sconti agli ex-dipendenti delle società elettriche.

Molte le azioni che si intendono intraprendere anche per quanto concerne i costi di sistema. C’è una spalmatura triennale del fondo garanzia ricavi di Terna (dovrebbe dare 40-80 milioni); un taglio ai costi di funzionamento del GSE (50 milioni); la riduzione di colli di bottiglia (100-300 milioni anche grazie al completamento del collegamento Sicilia-Continente); lo spostamento alla fiscalità generale della componente A2 che remunera i costi di smantellamento delle vecchie centrali nucleari (100-300 milioni); una stretta sulla remunerazione degli investimenti nelle reti (100-300 milioni); interventi contro abusi di potere di mercato e intensificazione dei controlli sui beneficiari degli incentivi.

Oltre a questo, si legge, “l’Italia deve adottare una serie di modifiche al proprio regolamento di Borsa elettrica, nell’ambito del processo di accoppiamento coi principali mercati elettrici europei; in particolare il nostro paese dovrà introdurre la possibilità di prezzi negativi, che possono verificarsi nelle ore di massima produzione rinnovabile. Questo consentirà di ridurre i prezzi medi, specialmente nelle zone particolarmente critiche dal punto di vista concorrenziale (es. Sicilia)”.

La presentazione del MiSE (pdf)

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