I cambiamenti climatici colpiscono tutti. Il nuovo report IPCC

Tutta la popolazione mondiale è vulnerabile agli eventi climatici estremi e agli altri impatti del global warming. La seconda parte del V rapporto IPCC mette l'accento più sulle conseguenze che stiamo già vivendo che sui rischi futuri. E avverte: i governi devono investire molto di più nel pianificare l'adattamento del sistema socio-economico.

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Gli impatti osservati del cambiamento climatico sono molto diffusi e consequenziali. Il cambiamento climatico è ormai ovunque. Gli impatti si sono evidenziati in ogni continente. Il mondo umano come quello naturale ne soffrono gli effetti, che sono conseguenti e in crescita. L’enfasi sugli impatti che si verificano attualmente è aumentato rispetto alla AR4, che aveva evidenziato come gli impatti stavano emergendo“. Così la seconda parte del quinto rapporto (AR5) sugli impatti dei cambiamenti climatici, che l’IPCC presenterà questa mattina ma che QualEnergia.it ha già potuto sfogliare.

Obiettivo del documento è stimolare i leader mondiali ad agire con maggiore decisione per ridurre le emissioni di gas serra e per attuare misure significative per la resilienza del sistema socio-economico. Il rapporto finale verrà rilasciato stamattina a Yokohama, in Giappone, dopo l’ultimo incontro del WGII dell’IPCC al quale hanno preso anche Sergio Castellari e Riccardo Valentini del CMCC. Per chi non la conocesse, l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), affiliata alle Nazioni Unite, è un’associazione di migliaia di scienziati di tutto il mondo che è stata fondata nel 1988. Da allora ha pubblicato un rapporto sullo stato delle conoscenze scientifiche sul cambiamento climatico, ogni cinque anni. Il Quinto Rapporto di Valutazione (AR5) aggiorna lo stato dell’arte dopo l’ultima relazione pubblicata nel 2007.

Tutta la popolazione mondiale – vi si legge – è oramai vulnerabile agli eventi climatici estremi. I recenti eventi devastanti e le catastrofi atmosferiche estreme mostrano che il nostro livello di adattamento rimane basso. La forza e l’attualità di questa affermazione è un’evidente differenza con il AR4, che invece sottolineava molto di più gli impatti futuri rispetto agli impatti attuali.

L’imponente rapporto, composto da centinaia di pagine è stato rilasciato in tre sezioni e redatto da tre diversi gruppi di lavoro. Il primo gruppo di lavoro WGI, si è concentrato sugli aspetti fisici che influenzano il cambiamento climatico (relazione pubblicata il 27 settembre 2013). Il secondo gruppo di lavoro WGII, che presenterà il rapporto stamattina, guarda agli aspetti di adattamento e resilienza al cambiamento climatico. Nel mese di aprile, infine, il gruppo di lavoro WGIII presenterà ai governi le sue proposte su come essi possano intervenire per mitigare il cambiamento climatico.

Siamo vicini – continua il documento – a mancare la  possibilità di limitare il riscaldamento di 1,5 °C oltre i livelli preindustriali. Ciò sottolinea la necessità di un’azione immediata se vogliamo restare al di sotto dei 2 °C, o comunque vicino. Otre questa soglia, il cui rispetto è l’obiettivo concordato nei negoziati internazionali, gli impatti cominceranno ad essere gravissimi e di difficile gestione“, scrivono gli autori dell’AR5. C’è il rischio di superare una temperatura media globale che porterà a cambiamenti nel sistema di notevoli dimensioni, con gravi conseguenze ancora sconosciute anche alla comunità scientifica.

“Il nuovo rapporto è l’ennesima dimostrazione che le scelte di oggi andranno ad  incidere in modo significativo, aumentando i rischi derivanti dal cambiamento climatico per i prossimi decenni”, commenta Kelly Levin del World Resources Institute di Washington. Diversi campanelli d’allarme, mostra infatti il report, sono già suonati: “Molte specie hanno migrato verso nuove destinazioni, modificando la tempistica del loro comportamento stagionale in risposta ai cambiamenti climatici. Il persistere del riscaldamento globale, impedirà a diverse specie di muoversi abbastanza velocemente per adattarsi.

Se il riscaldamento dovesse andare al di là dei 4 gradi Celsius, come predetto da alcuni modelli climatici, si vedranno gravissime conseguenza, ad esempio in agricoltura. Anche considerando lo scenario più ottimista delle previsioni, il quinto rapporto avverte: “L’impatto del riscaldamento globale sull’agricoltura è stato e continuerà ad essere negativo. I recenti improvvisi aumenti dei prezzi alimentari dimostrano che i mercati sono sensibili alla variabilità del clima. I potenziali benefici per il riscaldamento in alcune regioni localizzate non saranno sufficienti a compensare gli impatti negativi.

Da quanto sembra emergere dal rapporto, gli scienziati sono preoccupati, perché la popolazione non è adeguatamente preparata per il cambiamento climatico. Gli impatti dei recenti eventi climatici estremi, come ondate di calore, siccità, inondazioni e incendi, dimostrano la significativa vulnerabilità e l’esposizione di alcuni ecosistemi e sistemi umani alla variabilità del clima. Continua l’AR5 (WGII Capitolo 26 p.4):

Sempre più spesso, i governi hanno deciso di incorporare misure di adattamento climatico nelle loro scelte politiche, riconoscendo una priorità alle popolazioni più vulnerabili. Oggi nel Nord America, i governi locali stanno mostrando la loro leadership nella pianificazione per l’adattamento. Questa è motivata da preoccupazioni per la sicurezza economica ed energetica e la voglia di giocare un ruolo da leader. Alcune politiche costituiscono strategie ‘integrate’ (New York) oppure la partecipazione coordinata di più Comuni (Vancouver). Negli ultimi anni sono poi emersi anche piani di gestione del rischio climatico settoriali come ad esempio la conservazione dell’acqua a Phoenix (USA) e Regina (Canada); protezione dagli incendi a Kamloops (Canada) e Boulder (USA). Le amministrazioni colpite dal coleottero del pino di montagna hanno fatto molti passi verso l’adattamento, e le comunità costiere del Canada orientale stanno investendo nel restauro delle paludi salate per adattarsi al livello dei mari. Tetti verdi, boschi radi e agricoltura urbana sono settori in espansione (Chicago, New York, Kamloops, Città del Messico), così come la protezione dalle inondazioni (New Orleans, Chicago), polizze assicurative private e governative, piani di risparmio (Messico), controllo dell’inquinamento atmosferico (Città del Messico), e dei sistemi di emergenza“.

Queste esperienze sono l’evidente dimostrazione di un significativo deficit di adattamento nei paesi in via di sviluppo e al tempo per i paesi sviluppati in alcuni settori e regioni. Questo denota come i governi devono investire molto di più nella pianificazione per gli impatti dei cambiamenti climatici. I soggetti più a rischio risultano essere quelle comunità che sono già emarginate, tra le quali le fasce più povere delle città, dove si congiungono la crisi economica, sociale e climatica. “Azioni di adattamento sono già in corso e includono i sistemi di conservazione dell’acqua, il ripristino di acqua salata paludosa, e le modifiche ai sistemi di assicurazione. Purtroppo esistono ancora complicati ostacoli all’adattamento in forma di vincoli giuridici, la mancanza di accesso alle informazioni scientifiche, e la mancanza di coordinamento tra le diverse competenze“, spiega il rapporto.

Nei paesi in via di sviluppo diventa sempre più una realtà il bisogno di trasferire determinate comunità in zone meno rischiose, e garantire maggiori servizi di supporto. Abbiamo bisogno di istituzioni che prendano azione in tempi più rapidi e sistemi di allerta precoce. Questo perché gli impatti del cambiamento climatico sono già evidenti, come evidenziato anche nell’allegato alla Strategia EU per l’adattamento ai cambiamenti climatici, “Climate Proofing, for Resilient Infrastructure”, i rischi e gli impatti sono già evidenti nella comunità europea. Il Rapporto sembra andare nella stessa direzione dell’EU; infatti si sottolinea come i pianificatori delle infrastrutture dovranno prestare maggiore attenzione ai rischi climatici:

Opere ingegneristiche e opzioni di adattamento tecnologico sono ancora le risposte adattative più comuni, anche se vi è una crescente esperienza del valore delle misure istituzionali e sociali basate sugli ecosistemi; ad esempio la fornitura di reti di sicurezza climatica integrata per coloro che sono più vulnerabili. L’intersettorialità, seppur ancora complicata, può semplificare il processo decisionale e di pianificazione dell’adattamento, favorendo la sensibilità dei diversi ambiti alle necessità climatiche. La crescente complessità delle politiche dell’adattamento significa che l’apprendimento istituzionale è una componente importante per la sua comprensione (Elevato accordo, prove solide)“. [ WGII Capitolo 14, pag. 2]

Un ulteriore esempio ci viene dalle centrali elettriche a combustibili fossili: in futuro dovranno avere abbastanza acqua per funzionare in luoghi che saranno sempre più caldi e aridi. I governi, come anche le aziende energetiche, stanno attivamente progettando e costruendo le infrastrutture che saranno in servizio nei prossimi decenni. I prossimi dieci anni risulteranno dunque cruciali, perché è qui che si “forma il resto del secolo”.

Nonostante si sia arrivati ad un momento chiave, c’è ancora uno spiraglio per affrontare il cambiamento climatico e per scongiurare le conseguenze più gravi. Ma non potrà bastare questo rapporto per darci una nuova prospettiva e speranza: è importante che ogni singolo attore del sistema mondiale sappia utilizzare tutte quelle forze ed esperienze positive (capacità resilienti) esistenti per vincere anche la sfida climatica.

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