Recepire la direttiva sull’efficienza energetica per uscire più in fretta dalla crisi

Le misure tracciate nella recente Direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica e su come gli Stati membri possano raggiungere l’obiettivo di efficienza energetica del 20% al 2020, potrebbero rilanciare l'economia anche in Italia e creare posti di lavoro non de-localizzabili. Se ne è parlato ad un convegno organizzato da Kyoto Club.

ADV
image_pdfimage_print

Ricordava un recente studio Iea che l’efficienza ha un ruolo enorme nel mondo dell’energia e un potenziale ancora più grande. In Europa su questo fronte c’è molto da fare: come ha mostrato l’Agenzia europea per l’ambiente (EEA), tra i 3 obiettivi al 2020, quello sul risparmio energetico, l’unico non vincolante, è anche quello su cui si è più indietro. Una spinta si spera provenga dalle misure tracciate nella recente Direttiva 2012/27/UE, che indica agli Stati membri come raggiungere l’obiettivo di efficienza energetica del 20% al 2020 e impone di fissare un obiettivo nazionale e di recepire le relative disposizioni entro il 5 giugno 2014. Proprio di questo si è discusso ieri pomeriggio a Roma a un convegno organizzato dal Kyoto Club.

Degli obblighi che la direttiva introduce abbiamo già parlato (vedi qui), ma ricordiamone qualcuno: impone alle compagnie energetiche di ridurre le loro vendite di energia di almeno l’1,5% all’anno; stabilisce che lo Stato debba riqualificare energeticamente almeno il 3% del patrimonio edilizio dell’amministrazione centrale e acquistare beni e servizi con requisiti di efficienza; promuove audit energetici, cogenerazione ad alto rendimento, strumenti di misura e di gestione della domanda.

Una strada che potrebbe anche farci uscire più in fretta dalla crisi. Come ha spiegato nell’aprire l’evento, Monica Frassoni, presidente di European Alliance to Save Energy: “Una trasposizione puntuale e ambiziosa della direttiva è una delle migliori soluzioni per rilanciare la nostra economia e creare posti di lavoro non de-localizzabili; avrebbe un potenziale sicuramente superiore a molte leggi finanziarie e di stabilità approvate negli ultimi anni”.

Ma le misure non sono semplicissime da recepire: Marcello Capra, della segreteria tecnica-Dipartimento per l’Energia-Ministero dello Sviluppo Economico, ha presentato lo stato dell’arte del recepimento in Italia della Direttiva (vedi slides), illustrando anche quanto fatto finora per promuovere l’efficienza. Capra contesta la valutazione contenuta nel recente report EEA, secondo cui il nostro paese sarebbe in ritardo nel raggiungimento dell’obiettivo 2020 per l’efficienza energetica: “non ci è chiaro in base a quali dati sia stata fatta la stima dell’Agenzia”, commenta.

C’è ancora molto da fare, ha spiegato nel suo intervento G.B. Zorzoli, Portavoce Coordinamento FREE, ma le opportunità che l’efficienza dà sono grandi: ad esempio con i nuovi requisiti imposti per l’edilizia da un’altra direttiva, la 2010/31/UE sugli edifici a emissioni quasi zero “si potranno ottenere risparmi per circa 15 miliardi di metri cubi di gas, circa un quinto dei consumi”. Non c’è dubbio poi che le nuove disposizioni europee promuoveranno la green economy: “rinnovabili da integrare nell’edificio, soluzioni per l’efficienza e di domotica saranno quasi uno standard nell’edilizia”.

Delle potenzialità della domotica ha parlato Aldo Colombi, AD di Schneider Electric: “ogni kWh elettrico risparmiato presso l’utente, fa risparmiare 3 kWh alla fonte – ha ricordato – e le soluzioni di domotica possono ridurre i consumi elettrici anche del 15%”. Restando in tema, Gianni Binacchi, vicepresidente di ANIE, ha ricordato la necessità di completare la normativa che consente di calcolare il risparmio energetico conseguibile con gli impianti di automazione: “Le norme già ci sono, bisogna fare pressing per armonizzarle e arrivare ad includere il contributo del risparmio da automazione nella Performance Energetica dell’edificio”.

Interessanti prospettive per il risparmio energetico sono poi quelle aperte dai meccanismi di gestione della domanda, che la direttiva 27/2012 cita esplicitamente all’articolo 15. Parliamo di possibili nuove politiche tariffarie (da un’evoluzione della bioraria fino ad arrivare ai prezzi dinamici), ma anche della diffusione di tecnologie come soluzioni di domotica, pompe di calore e veicoli elettrici, che consentirebbero una gestione aggregata della domanda. Da questo punto di vista, ha mostrato Marcella Pavan, del Dipartimento per la Regolazione dell’Autorità per l’Energia, i benefici ottenibili sono diversi, sia a livello di sistema che per i consumatori.

Insomma, i modi per attingere all’immensa riserva dell’efficienza energetica sono diversi e si stanno definendo. Peccato che a livello politico sembri mancare la consapevolezza del potenziale e un indirizzo strategico sul medio termine. “Si è discusso moltissimo dell’Imu, che fa risparmiare in media 235 euro all’anno a famiglia e si è trascurata l’efficienza energetica, che può tagliare la bolletta anche di 1.500 euro all’anno”, ha commentato Ermete Realacci presidente della Commissione Ambiente della Camera dei Deputati. Realacci ha ricordato i risultati ottenuti con l’ecobonus: “18 miliardi di fatturato, 1,4 milioni di beneficiari, 54mila nuovi posti di lavoro”, lamentando che la misura, recentemente prorogata, non sia ancora stata stabilizzata.

Sulla necessità di stabilizzare al 2020 le detrazioni fiscali sono d’accordo anche Massimo Beccarello di Confindustria e Sebastiano Serra della segreteria tecnica Ministero dell’Ambiente. Il primo ricorda come “ogni euro investito in efficienza ne frutti 4”, mentre Serra denuncia la miopia del ministero dell’Economia, “che opponendosi alla stabilizzazione ha mostrato di non considerare dati importanti come quelli che ci vengono dal report Enea su questa misura”.

Dove invece Beccarello di Confindustria non si trova d’accordo con gli altri partecipanti alla discussione (Serra, Realacci, Frassoni e il direttore scientifico di Kyoto Club e QualEnergia Gianni Silvestrini) è sugli obiettivi europei al 2030. Beccarello auspica un obiettivo unico “che lasci ad ogni Stato la possibilità di individuare gli strumenti più efficaci per ridurre le emissioni, in modo da privilegiare le tecnologie più efficienti”.

Una posizione “comprensibile solo per Stati che vogliono investire in nucleare e carbone con CCS”, obbietta Silvestrini. Gli fa eco Serra, secondo il quale l’obiettivo unico sarebbe un autogol per l’economia italiana: “con quello che abbiamo investito nelle rinnovabili in questi anni siamo avanti rispetto agli altri. Abbiamo filiere forti sia nelle rinnovabili che nell’efficienza e sarebbe controproducente non avere a livello europeo una strategia di sviluppo ben definita per questi comparti”, osserva. E aggiunge: “la mia posizione, come quella del ministro Orlando (si veda anche la lettera dei 13 ministri di cui parliamo oggi, ndr), è che vadano fissati tre obiettivi separati per rinnovabili, efficienza energetica ed emissioni e che la decarbonizzazione vada perseguita con determinazione, ad esempio esonerando dal rispetto del ‘patto di stabilità’ le misure per ridurre la CO2”.

 

Segui QualEnergia.it  anche su e

ADV
×