Il fotovoltaico sul tetto e la difesa dello status quo

Anche un piccolo impianto fotovoltaico su tetto, magari affiancato da un sistema di accumulo, è una minaccia per i profitti delle utility e per l'attuale struttura del sistema elettrico. Compagnie elettriche e regolatori in tutto il mondo se ne sono accorti e stanno facendo le loro mosse, anche piuttosto palesi, per tutelare lo status quo.

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Il modello energetico centralizzato, basato sui grandi impianti a fonti fossili è sotto assedio da parte della generazione distribuita da rinnovabili con autoconsumo. L’impianto fotovoltaico sul tetto, che appena i prezzi delle batterie lo permetteranno sarà affiancato da un sistema di accumulo, soddisfacendo una quota rilevante dei consumi di una famiglia, di una fabbrica o di un supermercato è una minaccia per i profitti delle utility e impone anche di ripensare la struttura del sistema elettrico. Compagnie elettriche e regolatori se ne sono accorti da tempo e stanno facendo le loro mosse per tutelare lo status quo, mentre il mondo del solare cerca di difendersi, in Italia, ma anche in altri paesi come Usa e Australia.

Una famiglia dotata di impianto FV da 4 kWp con batteria da 3 kWh – sottolinea ad esempio un recente report del gruppo bancario svizzero UBS di cui abbiamo parlato qualche settimana fa – ridurrà gli acquisti dalla rete del 50-60% e le attività commerciali di una percentuale ancora maggiore. Di qui al 2020 – prevede UBS – l’autoproduzione da solare in Italia potrebbe coprire fino al 17% del fabbisogno. E con 43 GW di fotovoltaico ‘non incentivato’ che si prevede possano essere installati tra Italia, Germania e Spagna da qui al 2020, ci sarà una riduzione della domanda elettrica e un crollo dei margini di guadagno dei produttori elettrici storici: le aziende più colpite saranno RWE, E.ON, Cez e Verbund, ma anche i bilanci della nostra Enel e della spagnola Iberdrola ne risentiranno.

Lo stesso allarme lo troviamo in un altro report recente, pubblicato sull’altra sponda dell’oceano, dall’Edison Electric Institute, think tank legato alle utility Usa (vedi allegato in basso). Fotovoltaico e accumuli, assieme all’efficienza energetica, vi si legge potrebbero “mettere in pericolo il modello della utility centralizzata”. La riduzione della domanda dalla rete che ne potrebbe conseguire potrebbe portare a un crollo dei prezzi e, “se una rimodulazione delle tariffe potrebbe mitigare le perdite, la minaccia più a lungo termine di consumatori che abbandonino completamente la rete, o la usino solo come back-up, ha il potenziale di causare danni irreparabili a profitti e prospettive di crescita”.

Allora diventa chiaro perché il mondo elettrico tradizionale si muova per impedire questo scenario. In Italia il contrattacco ha ormai una certa storia, che abbiamo ampiamente raccontato nell’ultimo anno, fatta di una campagna mediatica massiccia e pressioni politiche sul peso degli incentivi che hanno portato ai tagli che ben conosciamo. Ultimo capitolo della difesa lo status quo, che il FV può mettere a rischio anche senza incentivi, è il dibattito sugli oneri di sistema per l’autoconsumo: al momento sono dovuti solo per la quota di energia prelevata dalla rete esterna, ma l’Autorità, preoccupata che con l’aumento dell’autoconsumo vengano spalmati su una base sempre più ristretta di kWh, diventando così più cari per chi compra dalla rete, vorrebbe che si facessero pagare anche per la quota di energia prodotta e usata ‘dietro al contatore’ (si veda QualEnergia.it, Grid parity fotovoltaico, quando l’arbitro decide di alzare l’asticella).

Storie analoghe intanto stanno arrivando da altri paesi: negli Stati Uniti le utility si stanno battendo duramente contro il net metering, ossia i contatori intelligenti bidirezionali che permettono politiche simili a quella del nostro scambio sul posto. Anche in Australia – dove ci sono più di un milione di impianti su tetto – è cominciata la battaglia difensiva. In Queensland, ad esempio, l’Autorità per la concorrenza locale sta proponendo oltre che tagli agli incentivi, tariffe orarie speciali che penalizzino chi ha il fotovoltaico sul tetto e il diritto delle utility a rifiutarsi di connettere alla rete gli impianti FV. In New South Wales chi ha i moduli sul tetto deve contrattare con l’utility, con evidente disparità di forze, il prezzo al quale questa comprerà l’energia in eccesso, che poi rivenderà.

“I gestori di rete e i venditori di energia non vogliono che gli australiani si riprendano il controllo del sistema elettrico. Stanno rendendo la vita difficile a chi vuole passare al solare per difendere i propri profitti”, commenta Geoff Evans, presidente della neonata Solar Citizens, associazione creata appunto per tutelare il fotovoltaico residenziale. Anche negli Usa il fronte del solare residenziale si sta compattando: le maggiori aziende che installano FV su tetto, che negli Usa si fa soprattutto in leasing, SolarCity, Sungevity, Sunrun e Verengo, hanno dato vita alla Alliance for Solar Choice proprio per combattere i tentativi di ostacolare il FV in autoconsumo che la lobby delle compagnie elettriche stanno facendo in 43 Stati.

Siamo agli inizi di uno scontro sul quale ci sentiamo di sbilanciarci in un pronostico: un cambiamento di paradigma come quello che porterà ad un sistema energetico più pulito, efficiente e democratico si può frenare ma non si potrà impedire.

Il report dell’Edison Electric Institute (pdf)

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