La brusca frenata dell’eolico italiano nel 2013

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Per effetto del nuovo sistema incentivante il settore eolico tornerà ai volumi di 10 anni fa. Aste e contingenti frenano la realizzazione di nuovi parchi, ma hanno spinto a tagliare i costi del kWh. Fermo il repowering, il minieolico verso il raddoppio. La fotografia del settore nell'ultimo report sulle rinnovabili elettriche dell'Energy & Strategy Group.

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Un mercato che dovrà tornare ai volumi di 10 anni fa per effetto del decreto sulle rinnovabili elettriche. E’ quello dell’eolico italiano, così come descritto dall’ultimo report sulle rinnovabili elettriche diverse dal fotovoltaico dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano, presentato questa mattina a Milano (ma che QualEnergia.it ha potuto vedere in anteprima) e che contiene un ampio approfondimento sul settore.

(Aggiornamento: qui la pagina da cui scaricare il report)

Il volume d’affari del settore ha avuto una crescita costante negli ultimi anni con una punta di 4 miliardi di euro di investimenti raggiunta proprio nel 2012 grazie al record di nuova potenza entrata in esercizio. Il nuovo decreto mette a disposizione per il 2013 dei contingenti di potenza incentivabili che, se sommati, arrivano a 1,36 GW, pari a più della nuova potenza installata nel 2012. Peccato però che più della metà di questa potenza sia destinata a impianti offshore o rifacimenti per i quali, al momento, non è stata registrata alcuna richiesta. Considerando invece i soli contingenti di potenza per nuovi impianti a terra (500 MW per le Aste e 60 MW per i Registri) e confrontandoli con le installazioni medie annue degli ultimi anni, risulta chiaro che il settore subirà una brusca frenata: si tornerà a valori di installato annuo simili a quelli registrati nel 2004-2005.

Oltre a limitare la potenza incentivabile, il decreto rinnovabili, cioè il DM 6 Luglio 2012, ha introdotto per gli impianti più grandi il meccanismo delle Aste e per gli altri quelli dei Registri. I risultati della prima procedura di iscrizione sono arrivati lo scorso 15 gennaio: solo nel caso degli impianti eolici presentati a Registro è stato sforato il limite del contingente, con progetti per oltre 3 volte la potenza disponibile. Per le Aste di impianti onshore, invece, è stato richiesto solo l’88% della potenza disponibile, mentre per le Aste offshore si è richiesto solo poco più del 4% della potenza prevista.

Complessivamente, dunque, nel 2013 la potenza incentivata sarà pari a 532 MW. Dai risultati dell’Asta – fanno notare gli autori del report – emerge chiaramente come gli operatori abbiano deciso di presentare all’Asta solo i progetti ‘pronti’; dei circa 3.200 MW di impianti con autorizzazioni valide, infatti, sono stati iscritti alle Aste solo 442 MW. Le ingenti garanzie hanno senz’altro precluso la possibilità di iscriversi a numerosi soggetti.

Le Aste dunque non sono state un successo, ma  – anche grazie a errori di valutazione degli operatori – hanno spinto in basso i costi del kWh da eolico. Come sappiamo il meccanismo garantisce la precedenza nell’accesso all’incentivo a chi accetta una tariffa più bassa. In questo caso, essendoci meno richieste rispetto al contingente, la strategia vincente sarebbe stata quella di proporre una riduzione minima della tariffa base. Eppure tra le 18 domande arrivate, se c’è chi ha proposto una riduzione solo del 2,5%, c’è anche chi è arrivato al meno 24,4% e ben 5 progetti hanno richiesto una remunerazione totale inferiore a 110 €/MWh. Un effetto considerevole se si pensa che negli ultimi anni, lincentivo minimo per considerare remunerativo un investimento eolico è sempre stata sopra ai 150 €/MWh: il meccanismo delle Aste ha invece mostrato che ci sono operatori pronti a investire con remunerazioni inferiori anche a 100 €/MWh.

Interessanti da questo punto di vista i calcoli dell’Energy & Strategy Group su quanto potrebbe scendere la remunerazione in relazione alla ventosità dei siti scelti: una riduzione di solo il 2% rispetto alla base d’Asta permette di avere IRR (Internal Rate of Return) positivi e prossimi al 6% anche in siti con ventosità medie tali da garantire 1.750 MWh per MW installato; ma con riduzioni maggiori del 15% servono siti con almeno almeno 2.000 MWh/MW e scendere fino a 90 €/MWh, una riduzione del 30%, richiede siti con una ventosità piuttosto rara nello stivale.

Dunque, realizzare nuovi parchi è una sfida difficile. Ci sarebbe un grosso potenziale di repowering: la sostituzione delle turbine installate prima del 2000 con macchine più potenti potrebbe portare 1,6 GW in più. Tuttavia – si legge nel report – questo potenziale è, al momento, completamente non sfruttato a causa della normativa che rende poco interessante per gli operatori questo tipo di interventi: il primo Registro per i rifacimenti è andato completamente deserto.

Cresce invece l’interesse per i parchi eolici in esercizio, con la conseguente creazione di un mercato secondario per l’eolico italiano: nell’ultimo anno si sono registrati passaggi di proprietà per oltre 550 MW di impianti in esercizio. Altro tema caldo è quello relativo alla gestione degli impianti, con la nascita di numerose aziende specializzate.

Un’ultima nota positiva riguarda il minieolico: dato che al Registro sono già stati presentati 135 impianti con potenza inferiore o uguale ai 200 kW si prevede che questo mercato potrà più che raddoppiare la potenza installata a fine 2013.

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