Il mercato delle rinnovabili elettriche nell’era post-decreto

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Il decreto sulle rinnovabili elettriche diverse dal fotovoltaico, entrato in vigore il primo gennaio 2013, ha tagliato nettamente gli incentivi: quali le fonti più penalizzate? Come sta cambiando il mondo delle rinnovabili? Lo spiega il “Report sulle Rinnovabili Elettriche Non Fotovoltaiche” dell'Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano.

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Il decreto sulle rinnovabili elettriche diverse dal fotovoltaico, entrato in vigore il primo gennaio 2013, ha tagliato nettamente gli incentivi. I più penalizzati sono i grandi impianti a biomassa, per i quali diventa praticamente obbligatorio percorrere la strada dell’utilizzo di sottoprodotti in un’ottica di filiera integrata. Ma alcune tecnologie come eolico e mini idro soffrono meno dei tagli e sono anche quelle più prossime alla grid parity. Sono queste alcuni delle conclusioni del Report sulle Rinnovabili Elettriche Non Fotovoltaiche dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano.

Lo studio, che sarà presentato giovedì 21 marzo a Milano ma che QualEnergia.it ha potuto vedere in anteprima,(aggiornamento: qui la pagina da cui scaricare il report) offre un panorama completo sul mondo delle rinnovabili elettriche in Italia, partendo da un’analisi della normativa e andando ad approfondire la situazione di mercato delle varie fonti (dedicheremo due approfondimenti separati a ciò che gli esperti del Politecnico scrivono su biomasse ed eolico).

Analisi normativa vuol dire soprattutto capire quali sono le conseguenze del decreto sulle rinnovabili elettriche, ossia il DM 6 Luglio 2012. Gli incentivi previsti dal nuovo decreto sono, in media, decisamente inferiori a quelli pre-2013, le riduzioni secondo i calcoli fatti nel report sono stimabili tra il 15 e il 30%. Compensano in parte premi aggiuntivi rispetto alle tariffe incentivanti base (compresi tra 10 e 40 €/MWh) per diverse tipologie e/o configurazioni e modalità di funzionamento sostenibile degli impianti, come certe filiere per le biomasse.

I tagli più consistenti avvengono per impianti di grandi dimensioni e nel settore delle bioenergie – in particolare del biogas e dei bioliquidi – premiando tuttavia l’uso di “sotto-prodotti”, quali gli scarti di produzione, rispetto all’utilizzo di “prodotti”, ossia di biomassa vergine. Per alcuni cluster di impianti  – mini eolico, mini idroelettrico, eolico offshore, forza maremotrice-oceanica – i livelli delle remunerazioni sembrano invece superiori rispetto al passato.

Proprio mini idroelettrico ed eolico tra l’altro – emerge dal report – sono tra le tecnologie più vicine ad essere economicamente attraenti anche senza incentivi. Secondo l’analisi in alcune situazioni di siti particolarmente ventosi o fiumi con elevata portata d’acqua, eolico e piccolo idroelettrico non sono molto lontane dalla grid parity, presentando rendimenti interessanti anche in assenza di incentivi.

Al contrario, per gli impianti a biomasse, la sola valorizzazione dell’energia elettrica al prezzo di mercato non permette nemmeno di pagare i costi operativi. La sostenibilità economica dipende quindi dalla valorizzazione e dall’utilizzo degli scarti/sottoprodotti e dall’inserimento dell’impianto nel contesto locale al fine di valorizzare al massimo la produzione elettrica e soprattutto termica. Attraverso l’utilizzo di sottoprodotti e il recupero termico anche questi impianti – si spiega – possono avvicinarsi alla grid parity.

Il report si chiude con l’osservazione del cammino delle diverse fonti rispetto agli obiettivi 2020, così come tracciati nel PAN, il Piano di azione nazionale. Negli ultimi 5 anni si è assistito a un raddoppio della potenza da fonti rinnovabili installata, da 23,6 GW nel 2008 agli oltre 49,2 GW di fine 2012, con dei tassi di crescita medi ponderati del 15%. La fonte con maggior crescita è stata il fotovoltaico con tassi di crescita medi annui di oltre il 105%. Tassi di crescita più contenuti, ma pur sempre significativi (di poco inferiori al 20%) sono stati quelli registrati dall’eolico e dalle bioenergie, entrambi mercati più maturi. Nel 2012 dopo l’idroelettrico (fonte rinnovabile “storica” per il nostro Paese che ha rappresentato quasi la metà della produzione da rinnovabile in Italia) la seconda fonte per produzione è stata il fotovoltaico seguita dalle bioenergie ed eolico.

“Confrontando quanto previsto al 2020 e quanto già raggiunto nel 2012 – si legge nel report – è possibile notare come ci sia da colmare ancora una certa distanza, anche se alcune fonti fanno già registrare risultati superiori agli obiettivi 2020. In particolare il fotovoltaico già oggi produce circa l’80% di energia in più di quanto avrebbe dovuto raggiungere nel 2020. Anche l’idroelettrico nel 2012 ha registrato livelli di produzione maggiori rispetto agli obiettivi finali. Le fonti che invece, a oggi, devono ancora raggiungere gli obiettivi al 2020 sono l’eolico, le bioenergie e il geotermoelettrico. C’è stata dunque una deviazione rispetto alla programmazione prevista. Guardando poi il mix di spesa è possibile constatare come non sia propriamente distribuito sulle fonti che maggiormente richiederebbero incentivi per raggiungere i propri obiettivi. La domanda alla quale è però importante rispondere riguarda il mix produttivo auspicabile per il 2020. Gli attuali Decreti hanno un orizzonte di 3 anni e se, come visto, il PAN non risulta più attuale, poiché già disatteso, diviene essenziale introdurre nuovi obiettivi per bilanciare meglio lo sviluppo delle diverse fonti, così da permettere agli operatori del settore di effettuare investimenti mirati e di lungo periodo.”

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