Il Manifesto del “biogas fatto bene”

CATEGORIE:

Un documento programmatico, “Il biogas fatto bene,” elaborato dal CIB – Consorzio Italiano Biogas e Gassificazione - e sottoscritto dalle principali associazioni del settore agro energetico: Agroenergia, AIEL, APER, CIA, CIB, Confagricoltura, CRPA, DAEL (Distretto agro energetico Lombardo), FIPER e ITABIA. Linea guida per il raggiungimento degli obiettivi fissati dal PAN, garantendo, allo stesso tempo, uno sviluppo equilibrato e duraturo del settore.

ADV
image_pdfimage_print

Il CIB – Consorzio Italiano Biogas e Gassificazione ha lavorato intensamente per stimolare un dibattito interno al settore che ha portato al documento programmaticoIl biogas fatto bene” sottoscritto dalle principali associazioni del settore agro energetico: Agroenergia, AIEL, APER, CIA, CIB, Confagricoltura, CRPA, DAEL (Distretto agro energetico lombardo), FIPER e ITABIA.

Il testo traccia una linea di principi che mira a garantire il raggiungimento degli obiettivi fissati dal PAN, assicurando, allo stesso tempo, uno sviluppo equilibrato e duraturo del settore.

Cosa significa “fare bene il biogas”?

Significa inserire il biogas nel ciclo produttivo dell’azienda agricola o zootecnica senza che ciò significhi ridurre la capacità dell’azienda agricola di produrre cibo e foraggi come ha sempre fatto: anzi, da questa integrazione deve nascere una maggiore capacità delle aziende agricole italiane, spesso oggi in difficoltà economiche, di produrre le proprie specialità alimentari, in modo più sostenibile da un punto di vista ambientale ed economico.

Come “fare bene il biogas”?

Ripristinando il riciclo della sostanza organica e dei nutrienti in azienda anche nelle aree dove non c’è più zootecnia. Un’azienda agricola con un impianto a biogas può divenire indipendente nell’approvvigionamento di concimi chimici e può ripristinare il riciclo della sostanza organica in digerita nel suolo.

Il biogas offre delle opportunità uniche per ridurre gli impatti ambientali delle attività agricole e zootecniche . Come già si è detto l’utilizzo di effluenti zootecnici in digestione anaerobica permette di ridurre in modo drastico le emissioni di metano e ammoniaca delle stalle; l’utilizzo della doppia coltura (ad es.: il raccolto invernale per il digestore) permette di ridurre la lisciviazione dell’azoto e dei nutrienti nei corpi idrici superficiali e sotterranei. La possibilità di maggiori rotazioni con colture metanigene, riduce la diffusione di parassiti quali la diabrotica in aree a monocoltura a mais. L’utilizzo del calore dei cogeneratori permette l’essicazione dei foraggi senza l’utilizzo del gasolio e del metano. Presto, ci auguriamo, l’utilizzo del biometano nella trazione agricola permetterà di ridurre il consumo e il costo di carburanti fossili in agricoltura.

Ma perché sia veramente fatto bene il biogas deve poter essere capace di utilizzare sempre meno terreno agricolo di primo raccolto. In questo il biogas si dimostra la filiera in grado di produrre più energia per ettaro utilizzato. Come? riducendo progressivamente l’utilizzo di terreni di primo raccolto destinati al mais con un crescente ricorso alle biomasse di integrazione , biomasse che oggi non costituiscono reddito per le aziende agricole perché sottoprodotto o perché non utilizzate:

a) Colture di secondo raccolto su terreni lasciati nudi dalla coltura foraggiera principale (per esempio il triticale prima della soia o il sorgo dopo il frumento);

b) Sottoprodotti agricoli: paglie, stocchi, pule, ecc.;

c) Effluenti zootecnici;

d) Sottoprodotti agroindustriali;

e) Colture perennanti su terreni marginali, non più redditizi per l’agricoltura a seminativo;

f) frazioni del raccolto meno “nobili”, come per esempio i colletti della barbabietola e in futuro i sottoprodotti delle bioraffinerie.

Questo è il “biogas fatto bene” ed è importante sottolineare che le azioni che permettono di “fare bene il biogas”, permettono significativi miglioramenti del reddito dell’azienda agricola. Permettono di aumentare la PLV con i doppi raccolti, di ridurre il costo dei concimi, il costo della distribuzione degli effluenti zootecnici, dell’essicazione dei foraggi e così via. Sono tutti interventi che possono essere realizzati in assenza di vincoli e obblighi di legge: perché fanno bene al bilancio dell’impresa agricola e alla sua competitività.

Per questo il “biogas fatto bene” non solo è utile all’ambiente e al sistema energetico italiano, ma è indispensabile al rilancio della competitività delle aziende agricole italiane.

Il “biogas fatto bene” coniugato con il biometano è, inoltre, una grande opportunità per affrontare il grande assente nel dibattito sullo sviluppo delle fonti rinnovabili: la transizione dal petrolio nel sistema dei trasporti.

Come visto precedentemente, il biometano è un biocarburante di seconda generazione nella sua accezione più chiara. In virtù di un largo ricorso a biomasse di integrazione, alla possibilità di essere prodotto in ambito decentrato e immesso nella rete del gas, essere utilizzato a distanza ove e quando più necessita, il biometano ha nel suo ciclo di vita una riduzione di emissioni di gas serra significativa, sino a poter risultare carbon negative (ovvero un sistema energetico in cui le emissioni evitate sono maggiori del combustibile fossile di riferimento) nel caso di largo utilizzo di effluenti zootecnici, sottoprodotti agroindustriali e di riciclo della sostanza organica nei terreni.

Più biometano e gas naturale utilizzeremo nei trasporti e più rapidamente realizzeremo, a costi contenuti, una transizione ad un sistema dei trasporti a basse emissioni di gas serra (l’UE ha definito chiaramente come, fra i biocarburanti, Il gas metano di origine biologica sia uno dei combustibili a minori emissioni in atmosfera), e soprattutto lo potremo fare con biomasse, tecnologie e “lavoro” made in Italy.

Questo è il biogas fatto bene: un nuovo strumento per la competitività delle aziende agricole, affinché possano continuare a produrre le specialità italiane in modo più competitivo e sostenibile da un punto di vista ambientale, nel contempo contribuendo a ridurre le emissioni di gas serra , i cui effetti sul clima da alcuni anni abbiamo imparato a conoscere in campagna.

Il CIB e “il biogas fatto bene”

Il costante contatto con gli operatori del settore permette quotidianamente di toccare con mano il grande interesse attorno al biogas e al biometano non solo da parte del mondo agricolo e da quello delle tecnologie che gravitano attorno ad esso ma anche da quello istituzionale e da quello legato alle istanze ambientaliste. L’adesione da parte di queste quattro componenti conferma quanto l’approccio integrato allo sviluppo delle energie rinnovabili e del biogas sia ricco di potenzialità.

Attraverso il documento “Il biogas fatto bene” il CIB ha formulato proposte operative per indirizzare lo sviluppo del settore con giuste regole comportamentali nella conduzione delle aziende agricole, per cui è fondamentale dimensionare l’impianto in funzione della superficie aziendale, degli indirizzi e delle opportunità di mercato.

L’obbiettivo è procedere ad una programmazione per lo sviluppo degli impianti a biogas, riducendo i fenomeni di competizione per l’uso del suolo agricolo per la produzione di biomasse e per la distribuzione del digestato, da parte di impianti a biogas non dimensionati ai contesti locali, non dotati di una sufficiente disponibilità di biomasse producibili in azienda e, in particolare, nelle aree ad elevata concentrazione zootecnica.

Sono state altresì formulate nuove proposte di modifica per il sistema incentivante per stimolare l’utilizzazione dei sottoprodotti e la costruzione di impianti di taglia più contenuta, che meglio si abbinano all’azienda zootecnica, dando crescente priorità all’utilizzo di effluenti zootecnici, residui e sottoprodotti agricoli e agroindustriali, colture di secondo raccolto, colture perennanti e colture di primo raccolto ottenute in rotazione.

Infine, sono state formulate proposte per favorire l’opzione del biometano che, per i motivi visti in precedenza, dimostra tutta la sua importanza strategica permettendo, tra l’altro, di impattare in misura meno pesante, rivolgendosi ad una più ampia pluralità di utenti finali, sulle singole categorie che sostengono l’avvio della filiera e di integrare la produzione di biogas con le altre fonti FER non programmabili e intermittenti, riducendo la necessità di interventi per l’adeguamento della rete elettrica legata alla crescente domanda di immissione di energia rinnovabile.

Con “Il biogas fatto bene” il CIB ritiene di aver, tra l’altro, contribuito ad accrescere la consapevolezza della complementarietà delle attività agricola – zootecnica tradizionale con quella agro-energetica che ben si integrano tra loro supportando la sostenibilità ambientale (riduzione delle emissioni di CO₂), agronomica (Direttiva Nitrati) ed economica (integrazione del reddito aziendale).

Gli obiettivi del “biogas fatto bene”:

  1. La filiera è ad elevata intensità di lavoro italiano e vogliamo ulteriormente potenziarla.
  2. Incrementare ancora di più l’efficienza dell’uso agricolo delle colture dedicate.
  3. Ridurre l’impiego di biomasse di primo raccolto.
  4. Dimensionare gli impianti in funzione delle superfici aziendali, degli indirizzi e delle opportunità di mercato promuovendo quelli di taglia contenuta o comunque commisurati alla realtà aziendale.
  5. Stimolare l’utilizzazione dei sottoprodotti agricoli e agro industriali.
  6. Stimolare la migliore utilizzazione del digestato quale importante fertilizzante rinnovabile.
  7. Stimolare l’impiego dell’energia termica in particolare a favore di comunità (scuole, ospedali, ecc.)
  8. Sfruttare tutte le potenzialità della flessibilità di impiego: motori cogenerativi, purificazione a biometano con immissione in rete e in distributori decentrati per l’autotrazione.
  9. Stimolare l’impiego delle bioenergie di seconda generazione anche per aumentare la produzione decentrata.
  10. Stimolare la produzione e l’impiego del biometano quale combustibile a minor emissioni in atmosfera rappresenta una filiera “carbon negative”. 
ADV
×