WEO 2012, tra futuro fossile e opportunità dell’efficienza

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Un futuro insostenibile è quello previsto dall'edizione 2012 del World Energy Outlook della IEA. Nel 2035 le fossili ancora protagoniste, con il global warming oltre i 3,6 °C. Ma l'efficienza energetica potrebbe dimezzare la crescita del fabbisogno energetico, dandoci benefici economici netti e solo 5 anni in più per agire contro il punto di non ritorno.

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È un futuro che dobbiamo sperare non si realizzi quello previsto dall’edizione 2012 del World Energy Outlook dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA) pubblicata ieri (in allegato executive summary e sintesi per punti). Lo scenario “di mezzo” previsto per il 2035, detto “New policy scenario”, vede infatti ancora le fonti fossili protagoniste e porterebbe a un aumento della temperatura media del Pianeta di oltre 3,6 °C, ben al di là della soglia critica dei 2 °C. Un grosso aiuto per prendere tempo e trasformare il nostro sistema energetico in modo da evitare il peggio potrebbe però venire dall’efficienza energetica.

Con l’efficienza, prevede la IEA, si potrebbe dimezzare la crescita del fabbisogno energetico prevista per il 2035. E sarebbe anche un buon affare: stando allo scenario tracciato detto “Efficient world scenario” (vedi grafico sotto), a fronte degli 11.800 miliardi di dollari di investimenti necessari per ottenere questi risparmi al 2035, si avrebbe un ritorno in benefici economici di 18mila miliardi. Puntare sull’ efficienza energetica – anche se da solo non basterebbe a farci stare entro i 2 °C di riscaldamento – ci darebbe più tempo per agire nel breve termine. Infatti il punto di lock-in, ossia il momento in cui sarà troppo tardi per sperare di ridurre i gas serra quanto del necessario, previsto per il 2017, nello scenario “Efficient ” verrebbe posticipato di un quinquennio, al 2022.

Il trend però sta procendendo diversamente rispetto allo scenario “Efficient” e stiamo sprecando anche questa opportunità: senza nuove politiche adeguate due terzi degli interventi di efficientamento economicamente più convenienti resteranno irrealizzati. I Governi non stanno puntando quanto serve sull’efficienza energetica, mentre il sistema energetico cambia troppo lentamente.

I sussidi alle fonti fossili, per esempio, nel 2011 sono cresciuti – soprattutto nei Paesi emergenti in Asia e Medio Oriente – con un +30% a livello globale che li porta a 523 miliardi di dollari contro gli 88 che sono andati a sostenere le rinnovabili. Da notare inoltre che affinché le rinnovabili abbiano uno sviluppo tale da permettere di raggiungere gli obiettivi sul clima, secondo la IEA, esse avranno bisogno in tutto il periodo, e  fino al 2035, di 4.800 miliardi di dollari in incentivi, di cui la metà già impegnata in impianti esistenti o destinata agli obiettivi 2020.

Invece nel “New policy scenario” le fonti rinnovabili cresceranno sì, ma non quanto ci richiede la sfida climatica, mentre le fossili rimarranno centrali. Tutte assieme le rinnovabili già dal 2015 avranno la seconda ‘fetta’ per grandezza nel mix elettrico mondiale, ma il carbone continuerà ad avere la quota più pesante fino al 2035. Il 75% del fabbisogno energetico totale continuerà a essere soddisfatto con le energie fossili, tanto che l’Agenzia continua a sperare in un ruolo determinante della cattura della CO2 (CCS).

Senza CCS impiegata su vasta scala, se vogliamo stare sotto ai 2 °C, al 2050 potremmo usare solo un terzo delle riserve fossili disponibili; qualcosa di improbabile visto che si stima una domanda di energia in aumento di un terzo entro il 2035. Ci si attende così per quell’anno un aumento delle emissioni dai 31,2 Gt di CO2 equivalente del 2011 a 37 Gt, un volume che ci porterebbe a un aumento della temperatura oltre i 3,6 °C.

Crescerà molto, secondo il report, la produzione Usa sia di gas naturale che di petrolio, rendendo il Paese esportatore netto di gas al 2020 e anche il maggior produttore mondiale di petrolio. Tuttavia ciò avverrà solo grazie al proseguimento di tecniche estrattive altamente impattanti ed energeticamente meno efficienti e inquinanti come il fracking idraulico per estrarre gli idrocarburi dagli scisti o le trivellazioni in acque profonde (vedi Qualenergia.it, Entro il 2020 gli Usa saranno il più grande produttore mondiale di petrolio). Ottime prospettive dal punto di vista dei petrolieri anche in Iraq, che peserà per il 45% dell’aumento della produzione mondiale di petrolio al 2035.

A livello mondiale, secondo la IEA, la domanda di greggio salirà fino a 99,7 milioni di barili al giorno dagli 84,7 attuali, con il barile che arriverà a costare 125 dollari reali nel 2035 (215 come prezzo nominale). Cresce del 50% anche la domanda di gas, soddisfatta sempre di più con lo shale gas; per quella da carbone – al netto di serie politiche contro le emissioni – si prevede un aumento del 21% (si veda grafico in alto sull’evoluzione del mix elettrico nelle varie aree).

Al 2030 si prevede comunque che un miliardo di persone sia ancora senza accesso all’elettricità e nel rapporto si sottolinea come la scarsità d’acqua sarà un elemento cruciale nella scelta delle modalità di produzione elettrica. Due punti che dovrebbero giocare a favore di tecnologie come il fotovoltaico e l’eolico: entrambe infatti hanno consumi d’acqua quasi nulli se rapportati all’enorme fabbisogno delle centrali termoelettriche.

Sarebbe ora che la comunità mondiale e i singoli Stati inizino a capovolgere con atti concreti questi scenari foschi che annualmente l’International Energy Agency propone, e che dipingono un futuro che, a prescidere dalla questione clima, è da evitare anche solo per gli impatti economici e sulla scarsità delle risorse che comporterebbe.

L’executive summary del World Energy Outlook 2012 (pdf)

Sintesi in italiano (pdf)

La sintesi per punti (pdf)

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