SEN, programmare l’energia con il fiato corto

Il nuovo documento di Strategia Energetica Nazionale punta a obiettivi ambiziosi e di breve periodo, soprattutto sul fronte della riduzione dei costi dell'energia, ma resta vago su come raggiungerli. Resta forte l'accento sul rilancio degli idrocarburi in Italia e molto 'di maniera' la spinta verso fonti rinnovabili ed efficienza energetica.

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La realizzazione della Strategia Energetica Nazionale, ora on line per la consultazione (vedi allegato in basso), si propone, a detta del Governo, il superamento degli obiettivi europei 20-20-20, puntando ad alcuni risultati per la fine del decennio (cioè tra 8 anni) in un’ipotesi di crescita economica in linea con le ultime previsioni della Commissione europea. Questi gli obiettivi segnalati nel corso della sua presentazione:

  • allineamento dei prezzi all’ingrosso ai livelli europei per tutte le fonti energetiche: elettricità, gas e carburanti;
  • riduzione di circa 14 miliardi di euro all’anno della fattura energetica estera (rispetto ai 62 miliardi attuali), con la riduzione dall’84 al 67% della dipendenza dall’estero, grazie a efficienza energetica, aumento della produzione da rinnovabili, minore importazione di elettricità e maggiore produzione di risorse nazionali;
  • riduzione di circa il 19% di emissioni di gas serra, superando gli obiettivi europei per l’Italia pari al 18% di riduzione rispetto alle emissioni del 2005;
  • 20% di incidenza dell’energia rinnovabile sui consumi finali lordi (rispetto al circa 10% del 2010); sui consumi primari energetici l’incidenza equivale al 23%, mentre si ha una riduzione dall’86 al 76% dei combustibili fossili. Inoltre, ci si attende che le rinnovabili diventino la prima fonte nel settore elettrico, al pari o superando leggermente il gas, rappresentando circa 36-38% dei consumi (rispetto al 23% del 2010);
  • riduzione di circa il 24% dei consumi primari rispetto all’andamento inerziale al 2020 (ovvero, -4% rispetto al 2010), superando gli obiettivi europei di -20%, principalmente grazie alle azioni di efficienza energetica.

Le priorità assegnate all’efficienza energetica, alle fonti rinnovabili e all’uso sostenibile di combustibili fossili richiederanno ricerca e sviluppo di tecnologie d’avanguardia, conclude ottimista la nota. Nella SEN c’è un profluvio di belle parole sull’efficienza energetica, ma proprio oggi è stata presentata alla Camera una proposta di legge di stabilità in cui non compare la proroga del 55% che rischia così di morire a giugno 2013, dopo essere stato depotenziato dallo stesso Governo proprio poche settimane fa.

Il documento programmatico del Governo, ma di fin troppo corto respiro, sottolinea che i risultati attesi “saranno accompagnati da benefici in termini di crescita economica e occupazione soprattutto per effetto del recupero di competitività nei settori a più elevata incidenza di consumi elettrici e di gas, del risparmio di risorse attualmente utilizzate per l’importazione di combustibili, degli importanti investimenti nel settore energetico e nell’indotto e del rilancio della ricerca e dell’innovazione nel settore”. 

Si stima che saranno 180 miliardi di euro gli investimenti da qui al 2020 nelle rinnovabili, nell’efficienza energetica, ma anche nei settori tradizionali e infrastrutturali: reti elettriche e gas, rigassificatori, stoccaggi, sviluppo idrocarburi. Si tratta di investimenti privati, in parte supportati da incentivi, e previsti con ritorno economico positivo per il Paese.

Quali saranno esattamente gli strumenti messi in campo dal Governo e quali politiche veicoleranno il denaro privato sul settore, a prescindere da alcune dichiarazioni di intenti, non sembra emergere chiaramente dal documento di oltre 110 pagine. Restano, rispetto alla bozza precedente, priorità contrastanti che sembrano voler giustificare un forte rilancio degli idrocarburi nazionali; una politica che alla fine poco inciderà sulla bilancia energetica del nostro Paese e meno di quanto previsto dal documento.

A tal proposito, sul contestato aspetto dell’estrazione del gas o del petrolio offshore, Passera ha dichiarato che “l’Italia ha riserve che deve usare anche se il Paese non vuole venir meno in nessun modo ai massimi vincoli di tutela sia ambientale che di sicurezza”. Ma poi, credendo di rassicurare, spiega che “le norme che abbiamo aggiunto nei nostri decreti addirittura portano a 12 miglia sia per il gas che per il petrolio la possibilità di fare trivellazioni in modo tale da difendere al massimo le zone a maggior valenza ambientale e culturale”. Al massimo? Ma rispetto a quale disastro ecologico?

Altra perla del Ministro è quando afferma che “gran parte di queste riserve sono sulla terraferma e quindi non hanno, entro certi limiti, problemi ambientali o di altro genere”. I danni ambientali dei campi petroliferi in Italia, come quelli oggi presenti in Basilicata, potrebbero chiarire al Ministro quali siano invece i veri problemi sul nostro fragile e prezioso territorio, che sicuramente non saranno mai sanati dalle esigue compensazioni economiche.

Sull’altra importante questione dell’eccesso di offerta elettrica, e sul possibile sostegno alla mancata redditività delle centrali, soprattutto a gas, che lavorano meno ore a causa della crescita delle rinnovabili, il ministro dello Sviluppo Economico dice: “Non siamo favorevoli a nuovi programmi di capacity payment nel campo della produzione, dato l’eccesso di offerta che c’è”. Ma, aggiunge: “Tra i costi di un eccesso di incentivazione delle rinnovabili c’è stato anche quello di mettere fuori mercato a parità di volumi di consumi le centrali a gas”. Costi delle rinnovabili? Non magari una nuova opportunità per fare una vera transizione energetica? Se per i pregressi incentivi alle rinnovabili Passera continua a parlarne solo come “distorsioni di mercato”, come andrebbe interpretata allora la forsennata corsa ai cicli combinati e alle centrali convenzionali (vedi ‘decreto sblocca centrali’) degli ultimi anni, con un’offerta che era già satura? Dichiarazioni che non fanno che confermare da che parte stia il ministro. Ma  lo stesso orizzonte a breve della SEN pare voglia evitare il confronto con un mercato dell’energia che cambierà profondamente nei prossimi due decenni e punterà decisamente verso la decarbonizzazione. Il rischio è di ritardare il processo di innovazione delle imprese energetiche.

La consultazione pubblica è sempre un buon metodo, ma è credibile da parte di un Governo e di un ministro che si sono finora rifiutati di affrontare la complessa tematiche energetica con tutti gli stakeholders e peraltro con gli effetti che conosciamo sul comparto delle energie pulite?

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