Decreto rinnovabili elettriche, quali impianti converranno?

Nuova burocrazia e contingenti di potenza tanto limitati da mettere in forse il raggiungimento degli obiettivi 2020, ma anche alcune novità importanti. Che impatto avrà il nuovo decreto sulle rinnovabili elettriche sul mondo italiano dell'energia pulita? Ci risponde Riccardo Terruzzi dell'Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano.

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Nuova burocrazia e contingenti di potenza tanto limitatati da mettere in forse il raggiungimento degli obiettivi 2020, ma anche novità importanti, come gli incentivi differenziati tra prodotti agricoli e scarti per le biomasse, nonché inserimenti inaspettati, come l’aiuto agli inceneritori. Che impatto avrà il nuovo decreto sulle rinnovabili elettriche diverse dal fotovoltaico sul mondo italiano dell’energia pulita? Lo abbiamo chiesto a Riccardo Terruzzi dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano.

Terruzzi, possiamo fare un bilancio di questo decreto? Quali sono le fonti e le tipologie di impianto che ne risentiranno di più e quali di meno?

In generale, a prescindere dalla fonte, gli impianti che ne escono più svantaggiati sono quelli di grande taglia. Sia per la riduzione delle tariffe che per l’aumento degli ostacoli burocratici che devono affrontare, specialmente in riferimento al meccanismo delle aste. Va meglio per impianti più piccoli per i quali l’incentivazione resta su livelli accettabili o anche buoni, come nel caso del minieolico, che ora comprende solo impianti sotto i 60 kW, probabilmente la fonte più avvantaggiata nel decreto. Anche nelle biomasse vengono favorite le soluzioni di piccola taglia e i nuovi scaglioni di potenza incentiveranno la realizzazione di impianti al di sotto del megawatt. Novità importante per le biomasse è che si incentivano in maniera diversa gli impianti a seconda che si usino scarti e sottoprodotti o prodotti, aspetto che spingerà a utilizzare di più scarti e sottoprodotti agricoli.

Con questa novità quali saranno le filiere più interessanti per le biomasse?

Si andranno ad attivare filiere locali che utilizzino sottoprodotti, si dovrà tarare l’impianto che si vuole realizzare in funzione della disponibilità locale di scarti agricoli. In quest’ottica gioca un ruolo importante anche il fatto che si sono introdotti dei bonus per la cogenerazione e per l’abbattimento dei nitrati. Questo, soprattutto per il teleriscaldamento, porterà a calare ancora di più l’impianto nel contesto in cui lo si vorrà realizzare: lo si dovrà costruire vicino a punti in cui si potrà utilizzare il calore.

Il decreto contiene anche incentivi alla combustione di rifiuti non differenziati, che impatto potrà avere questo sul mondo delle biomasse?

Questa è una novità che non ci si aspettava. Si è introdotta l’incentivazione anche dell’utilizzo di rifiuti indifferenziati e le tariffe cui danno diritto sono anche molto alte. Questo preoccupa perché la realizzazione di questi impianti potrà andare a sottrarre potenza al contingente incentivabile, a scapito delle rinnovabili vere.

Quali sono le fonti cui i nuovi contingenti imporranno una frenata più brusca nelle installazioni?

Per l’eolico è stato stabilito un contingente incentivabile di 500 MW per anno per i prossimi 3 anni: se lo confrontiamo con la potenza installata l’anno scorso significa che il mercato sarà dimezzato, visto che nel 2011 abbiamo installato circa 1 GW. La preoccupazione per i contingenti troppo ristretti poi aumenta se si considera che gli impianti realizzati nel periodo transitorio, fino ad aprile, andranno a sottrarre potenza da questi target. Tutto ciò fa dubitare del fatto che si possano raggiungere gli obiettivi europei.

Ci sono poi le nuove procedure burocratiche: il meccanismo delle aste potrà rendere più difficile l’accesso al credito?

Già ora, dato il contesto economico, l’accesso al credito non è facile. Sarà molto più difficile con un iter burocratico come quello previsto per ottenere gli incentivi. Oltretutto è stato introdotto l’obbligo di una fideiussione pari al 5% del totale dell’investimento per accedere al meccanismo delle aste: questo, se da una parte servirà a escludere dalla gara chi non abbia intenzioni serie di realizzare gli impianti, dall’altra sarà un ulteriore ostacolo. In generale bisognerà dare tempo anche alle banche di capire come funziona il meccanismo: nei primi tempi probabilmente sarà difficile farsi finanziare i progetti e dunque saranno soprattutto i grandi gruppi con capitale proprio a fare gli impianti.

Tra le fonti normate dal decreto si può gia iniziare a pensare a tipologie di impianto che potrebbero fare a meno degli incentivi e operare in grid-parity?

È una domanda difficile. Sia eolico che biomasse sono fonti con tecnologie piuttosto mature e dunque con ridotti margini di riduzione di costi. Per l’eolico, per esempio, il taglio degli incentivi potrà sì portare a una piccola riduzione dei costi di installazione, ma qui grid-parity significa più che altro riuscire a fare gli impianti nei siti ad alta ventosità che permettono di produrre per un numero adeguato di ore. Ma in Italia sono già stati in gran parte utilizzati.

E per le biomasse, quale sarà la strada per la grid-parity?

Per quanto riguarda le biomasse, la questione dell’integrazione nel contesto locale è fondamentale per il raggiungimento della grid-parity o comunque per massimizzare il rendimento dell’investimento. A monte significa approvigionarsi a livello locale e con sottoprodotti, per ridurre i costi; a valle significa integrarsi molto bene con il contesto locale nella vendita dell’energia prodotta, riuscendo a utilizzarla completamente, specialmente per la parte termica. Questa è la strada per il raggiungimento della grid-parity nelle biomasse, che però al momento resta ancora piuttosto lontana.

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