Il fotovoltaico ce la può fare già ora senza incentivi?

In Spagna in questi giorni si è approvato il progetto di un impianto da 51 MW che lavorerà senza incentivi. Anche in Italia ci sono studi che mostrano come alcuni tipi di installazioni sarebbero già ora competitivi senza sussidi, in barba al quinto conto energia. Qualenergia.it inizia la sua indagine sui casi in cui il FV è vicino alla grid parity.

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In Spagna si inizia già a realizzare impianti fotovoltaico senza incentivi, complice anche la sovrapproduzione di moduli e i bassi costi di questi componenti. Il Comune di Posadas, nella provincia spagnola di Cordova, nei giorni scorsi ha infatti approvato il progetto di un parco fotovoltaico da 51 MW della società Gamonarejo che, visto il blocco degli incentivi imposto all’inizio dell’anno dal Governo di Madrid, funzionerà senza alcun sussidio.

Il sindaco di Posadas, Antonio Ortega, ha spiegato al portale specializzato “Energías Renovables” che il parco sarà finanziato con circa 40 milioni di euro “da un gruppo di investitori cinesi e tedeschi con un’eccedenza di celle fotovoltaiche”. Gamonarejo, con sede a Madrid, ha già presentato richiesta al distributore elettrico locale, Endesa Sevillana, per la connessione alla rete del parco, che occuperà un’area di 140 ettari e creerà 200 posti di lavoro temporanei e 15 stabili.

Anche in Italia – viste le grosse difficoltà nell’accesso agli incentivi che il quinto conto energia, così come proposto, porrebbe – si è iniziato a parlare di impianti economicamente fattibili senza incentivi. Alcune tipologie di impianti, sostiene la Aba Impianti di Milano, sarebbero già convenienti senza sussidi. Per dimostrarlo riporta lo studio di un’ipotetico impianto su tetto da 72 kW situato a L’Aquila per un edificio con un consumo annuo di 100.000 kWh e un consumo contemporaneo di energia prodotta pari a 70.000 kWh, che è quello di un’azienda attiva sia durante le ore mattutine sia nelle ore pomeridiane, in grado di assicurare una producibilità pari a 1.400 kWh/kW (un dato secondo moi un po’ troppo sovrastimato).

L’impianto ha un costo di realizzazione stimato di 93.000 euro (anche qui un costo troppo basso rispetto agli attuali prezzi di mercato attuali, che pur sono in calo) e un onere annuale di manutenzione di 4.500 euro. Considerando un tasso d’interesse annuo del 5%, sostiene la società, è così possibile quantificare nel dettaglio il reale ritorno economico dell’impianto: il risparmio dei consumi contemporanei si aggirerebbe attorno agli 11.000 euro, in considerazione del prelevamento diretto dell’energia dal sistema fotovoltaico e dal sempre più elevato costo dell’energia stessa. Il contributo in conto scambio per i 30.000 kWh immessi nella rete e successivamente rivenduti sarebbe di circa 4.300 euro. Sui 20 anni, contando usura dell’impianto e aumento del costo dell’energia, il risparmio/autoconsumo supererebbe i 17.000 euro, mentre il contributo in conto scambio sarebbe ritenuto pari a poco meno di 4.000 euro.

Siamo comunuqe ancora su ipotesi da analizzare con maggiore attenzione ed è meglio non sbilanciarsi troppo su queste possibilità, piuttosto limitate. Ma quando potremmo dire che per alcuni casi molto particolari di impianti siamo già prossimi alla grid parity e quindi poterci affrancare dai travagli del conto energia? Una possibilità è stata ventilata anche da Arturo Lorenzoni nella nostra recente intervista. Per capire però quali sono le condizioni che permetterebbero a un impianto di farcela senza incentivi cercheremo di riportare nei prossimi giorni analisi più dettagliate ed esempi più circostanziati. Ma resta il fatto che per la gran parte degli impianti l’incentivo ha sempre una ragione essere, almeno per accompagnare il settore per pochissimi anni ancora.

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