Anche i francesi temono per la sicurezza degli Epr

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L'Autorità per il nucleare francese ha dei dubbi sulla sicurezza dei nuovi reattori, gli Epr che Enel vorrebbe realizzare anche in Italia. Probabile moratoria sui lavori a Flamanville. Difficilmente si aprirà il secondo cantiere francese, quello di Penly. Anche a Olkiluoto, in Finlandia, c'è aria di pausa di riflessione.

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Anche l’Autorità per il nucleare francese (Asn) ha dei dubbi sulla sicurezza dell’EPR, il reattore di terza generazione avanzata che Enel vorrebbe realizzare anche da noi. La Asn ventila la possibilità di uno stop di uno dei due cantieri aperti in Europa per la costruzione di questo reattore, quello di Flamanville, che come quello finlandese di Olkiluoto – dove ugualmente ci sarebbe aria di moratoria – sta accumulando ritardi, extra costi e richiami che riguardano la sicurezza del reattore.

Dall’Asn francese sembra dunque arrivare un’ulteriore smentita di quanto, a ridosso delle tragedia giapponese, avevano affermato diversi nuclearisti: “L’EPR è sicuro e quel che è successo a Fukushima non potrebbe mai succedere in una di queste centrali di ultima generazione”. Lo avevamo sentito ripetere diverse volte: dai vertici di Areva, il costruttore del reattore, mentre da noi lo ha dichiarato lo stesso ministro Romani. “Il problema (di Fukushima, ndr) riguarda centrali di prima generazione che non hanno i sistemi di sicurezza presenti in quelle di terza avanzata. E poi è accaduto a causa di un maremoto, cosa che non potrebbe accadere in Europa”, dichiarava  il 15 febbraio nella trasmissione ‘Porta a Porta’. In un’unica frase due chicche di incompetenza: quelle di Fukushima non sono centrali di prima generazione e in Italia dall’eruzione del Vesuvio del 79 dopo Cristo a oggi abbiamo avuto 72 maremoti. Ad accompagnarlo in trasmissione, con tanto di schema in 3D dell’EPR, di cui illustrava la sicurezza, c’era Marco Enrico Ricotti della neonata Agenzia per la sicurezza nucleare italiana.

Su queste pagine abbiamo più volte contestato queste affermazioni: “le differenze tecnologiche ci sono, ma sono relative. Le strutture di contenimento sono sì più ampie, ma va detto che i reattori EPR hanno potenze doppie e usano uranio più arricchito: gli involucri sono più sollecitati. Per quel che riguarda i sistemi di refrigerazione non è cambiato molto: quel che è successo a Fukushima potrebbe senza dubbio accadere anche in un EPR”, ci spiegava l’ingnener Giorgio Ferrari nei primi gironi dopo l’incidente in Giappone. Un’ulteriore ombra sulla sicurezza degli EPR  – ci ricordava – la getta anche una nota congiunta pubblicata l’anno scorso delle autorità di vigilanza di Gran Bretagna, Francia e Finlandia (Qualenergia.it, Bocciato in sicurezza l’EPR, quello che vuole Enel). Una bocciatura secca del sistema di sicurezza d’emergenza: non essendo indipendente c’è il rischio che vada in tilt assieme a quello principale, rendendo impossibile governare il reattore. Ad oggi non si sa ancora se e come il problema sia stato risolto.

Ora il dubbio sulla sicurezza di queste nuove centrali viene rilanciato nel post-Fukushima da una voce molto importante, quella dell’Autorità per la sicurezza nucleare francese. Sentito dalla Commissione di valutazione delle scelte tecnologiche del Parlamento (Opecst), il presidente dell’Asn, André-Claude Lacoste, ha infatti sottolineato che il reattore EPR che Edf sta realizzando a Flamanville (partecipato dall’Enel con il 12,5%) dovrà integrare le esperienze tratte dall’incidente di Fukushima. Interpellato sulla possibilità di una moratoria alla realizzazione del secondo reattore EPR francese in progetto a Penly, Lacoste ha replicato che “se si porrà questa questione, e noi la porremo, sarà sul cantiere di Flamanville 3”. Quanto a Penly, il presidente dell’Asn ha semplicemente messo in dubbio la sua realizzazione.

La revisione del parco nucleare francese richiesta dal primo ministro François Fillon e gli stress-test concordati in sede europea, ha chiarito l’Asn, porteranno inevitabilmente a una serie di interventi sulle centrali in servizio, ma anche su quelle in costruzione. Ossia: meglio congelare almeno in parte i lavori a Flamanville in attesa di decidere se e come introdurre modifiche progettuali. Un’analoga moratoria potrebbe riguardare il reattore EPR di Olkiluoto che Areva sta realizzando in Finlandia. Il ministero dell’Economia di Helsinki ha chiesto infatti alla locale Autorità per la sicurezza nucleare (Stuk) una revisione del progetto.

In conclusione, niente di buono all’orizzonte per gli unici due EPR in costruzione in Europa. Con ogni probabilità le moratorie ventilate segneranno un’ulteriore complicazione nella loro già travagliata storia. Il cantiere finlandese ha avuto finora oltre 3mila richiami per irregolarità nei lavori; doveva essere pronto nel 2009, non lo sarà (anche senza la moratoria ventilata) prima del 2013 e il preventivo è salito dai 3,3 miliardi a inizio lavori agli oltre 6 comunicati quest’estate dal costruttore. C’è anche chi ritiene che il conto sia già salito a oltre 7,3 miliardi.  Il reattore di Flamanville invece ha accumulato finora 2 anni di ritardo e un preventivo che da 3,3 miliardi di euro era arrivato quest’estate a 5 e che secondo Greenpeace ora avrebbe superato i 7 miliardi. Tra i richiami per la sicurezza che ha ricevuto, anche uno relativo al cemento con cui era costruito il contenitore del vessel – la cui tenuta può fare la differenza tra un disastro e una catastrofe – che presentava delle fessurazioni.

Forse la pausa di riflessione a cui pensa l’Asn non è per niente una cattiva idea.

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