Clima, stiamo guidando guardando indietro

Le alluvioni in corso in gran parte del paese sono un chiaro segnale del global warming, spiega il climatologo Vincenzo Ferrara: occorre rivedere il rischio idrogeologico alla luce del clima che cambia, ma non si sta facendo. Intanto l'Italia sta già sentendo l'effetto del riscaldamento globale più di altri paesi,dicono gli ultimi dati Ispra.

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La pioggia non si ferma, la terra frana, i fiumi straripano, le case si allagano, le vie di comunicazione vengono interrotte. E sono danni economici, gente sfollata e spesso anche morti e dispersi. Scene che in questi ultimi anni vediamo sempre più spesso nei telegiornali e a cui stiamo assistendo anche in queste ore, con gran parte del Nord Italia letteralmente sott’acqua a causa della forte pioggia che scende da venerdì sera. In alcune zone in sole 48 ore sono sono caduti oltre 500 millimetri di acqua.


Sono anche eventi come questi che ci ricordano quanto la nostra penisola stia già affrontando gli effetti del clima che cambia. E come lo stia facendo senza essere minimamente preparata.


A farcelo notare il climatologo Vincenzo Ferrara, una delle massime autorità italiane in materia di cambiamenti climatici, responsabile del settore clima dell’ENEA, e riferimento italiano dell”International Panel on Climate Change (IPCC). “Quello che sta succedendo è un chiaro sintomo del cambiamento climatico nella nostra penisola. Precipitazioni più concentrate di durata relativamente breve ma di intensità molto forte che colpiscono le zone più esposte alle correnti sud occidentali come appunto la Versilia, l’appennino Calabrese e le Prealpi”, spiega a Qualenergia.it Ferrara commentando le piogge di questi ultimi 3 giorni.


Insomma, il cambiamento climatico in atto non farà che peggiorare la situazione del rischio idrogeologico che  già ora è altissimo nel Belpaese (una media di 61 morti all’anno e di danni per un miliardo di euro secondo l’ultimo rapporto Cresme citato dall’Ansa) ed esacerbato dalla pessima gestione del territorio (si veda a proposito questa interessante inchiesta in uscita su La Nuova Ecologia, pdf). “Fenomeni del genere saranno sempre più frequenti – avverte Ferrara – il rischio deve essere ricalcolato di conseguenza. Quando si fa pianificazione del territorio o si progettano infrastrutture, come le strade, che dureranno decenni, si dovrebbe già ragionare tenendo conto di come il clima sta cambiando e come sarà negli anni a venire. Invece questo non si fa: si continua a guardare al passato. E’ come guidare guardando solo lo specchietto retrovisore“.


La consapevolezza degli impatti del riscaldamento globale è ancora troppo bassa, sia nell’opinione pubblica che tra i decisori politici. Forse le alluvioni di questi giorni spingeranno qualcuno a riflettere sul problema più di altri segnali meno eclatanti, ma altrettanto eloquenti, come i dati sul clima della penisola nel 2009, raccolti nell’ultimo rapporto Ispra (vedi allegato). Vi si legge che l’anno scorso per l’Italia è stato più caldo di 1,19 °C rispetto al trentennio di riferimento1961-1990.


“Il 2009 e stato il diciottesimo anno consecutivo con anomalia termica positiva, con un valore medio per il territorio nazionale che si colloca al quinto posto nel periodo che va dal 1961 ad oggi”. E l’Italia si sta scaldando più del resto del pianeta: “negli ultimi undici anni ad eccezione del 2005, l’anomalia positiva della temperatura media nel nostro Paese è stata superiore a quella media globale sulla terraferma di quasi un grado (+0.76 °C). Come già nel 2008, il valore più alto di anomalia della temperatura media è stato registrato nelle regioni settentrionali (+1.44 °C), seguito da +1.31 °C al Centro e +0.92 °C al Sud e sulle Isole. I valori di anomalia mensile sono stati positivi in tutti i mesi dell’anno ad eccezione dei mesi di dicembre al Nord e febbraio e ottobre al Centro, al Sud e sulle Isole. Maggio e agosto sono stati i mesi piu caldi rispetto alla norma”.




Anche gli indicatori degli estremi di temperatura confermano il riscaldamento in atto: “Il numero di giorni con gelo, cioè il numero medio di giorni con temperatura minima minore o uguale a 0 °C, e stato inferiore al valore normale del trentennio di riferimento,mentre il numero di notti tropicali, cioè con temperatura minima maggiore di 20 °C, e il numero di giorni estivi, cioè con temperatura massima maggiore di 25 °C, sono stati superiori ai rispettivi valori normali. Il numero medio di notti tropicali nel 2009 e il quarto valore più alto a partire dal 1961. Relativamente agli indicatori di intensita, durata e numero delle onde di calore, il 2009 si colloca al 7°, 7° e 6° posto, rispettivamente, dell’intera serie dei valori medi a partire dal 1961.”

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