EPR, rischio Chernobyl?

Documenti segreti di Edf ed Areva svelano rischi potenzialmente devastanti della tecnologia scelta per il rinascimento nucleare italiano. Modifiche studiate per modulare la potenza e migliorare il rendimento economico dei reattori, potrebbero portare a un'esplosione, proprio come a Chernobyl. Intanto in queste ore Greenpeace sta occupando la centrale di Montalto di Castro.

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L’EPR, il reattore che si vorrebbe protagonista del rinascimento nucleare italiano, presenterebbe rischi enormi per la popolazione che finora sono stati tenuti nascosti. Mentre arriva in Gazzetta il decreto per il nucleare italiano e Greenpeace sta occupando la centrale di Montalto di Castro, dalla Francia arriva una notizia inquietante sulla tecnologia scelta. Modifiche segrete per migliorare la resa economica dei reattori EPR renderebbero possibile una fusione del nucleo, con relativa esplosione del reattore. Insomma un incidente come quello di Chernobyl.

La notizia arriva da alcuni documenti riservati di EDF e Areva entrati in possesso dei francesi del Reseau Sortir du Nucleaire (e consultabili qui) ed è stata diffusa con tempismo perfetto: proprio mentre a Parigi è in corso la conferenza internazionale (cui partecipa anche l’Italia) organizzata dal Agenzia per l’energia nucleare francese per promuovere la tecnologia.

Il costruttore e l’utility – senza informare l’Agenzia per la sicurezza del nucleare – avrebbero studiato dei modi per migliorare la modulazione di potenza del reattore (nello specifico quello in costruzione a Flamanville). Modi che però potrebbero portare all’espulsione di gruppi di barre di controllo (quelle utilizzate per controllare la reazione a catena nel reattore), con conseguente esplosione del reattore.

Per EDF, sentita da France Soir, l’allarme seguito alla diffusione dei documenti segreti trafugati sarebbe ingiustificato. “Sono documenti di lavoro, che prendono in considerazione i peggiori scenari possibili, non se ne possono qundi trarre conclusioni”. Ma quel che emerge dai documenti – fosse anche solo uno scenario ipotetico – è inquietante. “Con l’obiettivo di trovare una giustificazione economica alla tecnologia EPR i suoi creatori hanno scelto di assumersi il rischio molto concreto di un incidente nucleare” commentano da Sortir du Nucleaire.

A compromettere la sicurezza del reattore, infatti, sarebbero proprio le soluzioni studiate per rendere più modulabile la potenza, ottimizzando così il rendimento economico dell’impianto. La sicurezza dunque si incrocia con un altro punto dolente di questa tecnologia: i costi alti e la rigidità della produzione, poco adatti ad un mercato dell’elettricità liberalizzato.

Spiega Greenpeace: “i costi (di progetto) dell’elettricità di un EPR sono di circa 40 euro/MWh e, con il lievitare dei costi a 5 miliardi per reattore, salgono a 55 (e secondo Citigroup tra 65-70 essendo secondo le loro stime il costo più vicino a 6 miliardi); i prezzi dell’elettricità di base in Francia sono di circa 30-35 euro/MWh. L’unico modo per rendere economico un reattore nucleare in queste condizioni sarebbe quello di consentire una potenza variabile e, dunque, poter produrre elettricità per i picchi quando questa costa oltre il doppio dell’elettricità di base. La francese Edf e Areva hanno cercato di trovare una soluzione ai rischi emersi per certe modalità di funzionamento, ma senza riuscirci e senza coinvolgere in alcun modo l’Autorità di sicurezza nucleare, Asn, che è rimasta all’oscuro di tutto”.

Insomma, le ombre sulla tecnologia che si vorrebbe importare in Italia sono diverse. Il rischio economico – e cioè quello che siano i cittadini italiani a dover pagare l’avventura atomica berlusconiana (a scapito delle fonti rinnovabili) – non deve far dimenticare che questa tecnologia non ha ancora eliminato altri rischi, fisici e potenzialmente annichilenti. Che sul versante sicurezza il nucleare non sia ancora affatto arrivato d’altra parte ce lo ricordano gli ultimi richiami in materia che le autorità di vigilanza di vari paesi hanno mosso ad entrambe le tecnologie dell’ultima generazione: sia l’EPR di Areva che l’AP1000 di Westinghouse (Qualenergia.it – “Bocciato in sicurezza l’EPR, quello che vuole Enel”“Obama al capezzale del nucleare”).

Argomenti spesso ignorati da un’opinione pubblica blandita dalla falsa promessa di un’energia sicura pulita abbondante e a buon mercato. Per ricordarli proprio in queste ore attivisti di Greenpeace hanno occupato la centrale di Montalto di Castro (VT), che doveva essere nucleare, ma che fu bloccata dal referendum del 1987. Sul sito, tra i candidati più probabili a ospitare uno dei nuovi impianti voluti da Scajola, campeggia ora uno striscione di 150 metri quadrati che dice “Emergenza nucleare”. Alle 13 appena al largo della centrale, sulla nave di Greenpeace Rainbow Warrior si sono esibiti in un live gli “Artisti contro il nucleare”: Adriano Bono & Torpedo Sound Machine, 99 Posse, Leo Pari, Piotta e Punkreas hanno cantato per la prima volta dal vivo il singolo “No al nucleare”. Per scaricare il brano, vedere la diretta o i video della mattinata si può cliccare su  questo link o  quest’altro.

GM

 
9 marzo 2009
 
 
 
 
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