Obama al capezzale del nucleare

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Annunciato lo stanziamento di fondo di garanzia da 8,3 mld$ per permettere la costruzione di due reattori in Georgia. Il sostegno di Obama al nucleare diventa operativo, forse anche come merce di scambio con i repubblicani, per far passare il 'climate bill'. Intanto in Germania il ministro dell'ambiente CDU vuole farla finita al più presto con il nucleare.

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Arrivano i fondi pubblici e il rinascimento nucleare americano -annunciato da tempo ma finora atteso invano – ora, forse, potrà partire. Con la benedizione di Barack Obama (vedi video), in quest’ultimi tempi sempre più ben disposto verso l’industria dell’atomo, probabilmente anche per venire incontro ai repubblicani, e fare approvare il “climate bill”. A far ben sperare i nuclearisti Usa l’annuncio dello stanziamento di un fondo di garanzia da 8,3 miliardi di dollari a favore dell’utility Southern Company per la costruzione di due reattori in Georgia.

Il primo di una serie – ha chiarito alla stampa il Segretario all’energia, Steve Chu – per favorire poi la costruzione di “almeno 6 nuovi reattori”. Il denaro verrebbe prelevato dal fondo di garanzia per il nucleare da 18,5 miliardi di dollari, già approvato nel 2005. Incentivi che non vanno a finanziare direttamente la costruzione, ma a costituire appunto una garanzia, per fare sì che l’utility riesca a trovare dei finanziamenti: se non riuscirà a restituirli, i debitori potranno essere pagati con questi 8,3 miliardi che coprono circa il 70% dei costi preventivati di costruzione.

L’industria nucleare sembra abbia trovato il sostegno pubblico senza il quale nessuna centrale potrebbe mai essere realizzata: i costi di costruzione poco prevedibili e in continuo aumento (Qualenergia.it “Come lievitano i costi del nucleare”) e i tempi lunghi di ritorno rendono poco attraenti gli investimenti nel settore, come sottolinea anche l’ultimo report dell’agenzia di rating Moody’s (Qualenergia.it – “Moody’s boccia il credito al nucleare”). Non è un caso se negli ultimi 30 anni negli Usa non si sia costruita nessuna nuova centrale e se dei 26 progetti presentati dal 2007 ben 19 siano già stati cancellati o posticipati.

Già nell’ultimo discorso sullo stato dell’Unione, a fine gennaio, Obama aveva lanciato un segnale pro-nucleare parlando della necessità di nuove centrali. Nel documento di programmazione economica emanato una settimana dopo (Qualenergia.it “Obama, spinte verdi e compromessi”) il presidente proponeva di stanziare ben 54 miliardi di dollari come fondo di garanzia per le nuove centrali. Il presidente non è mai stato un deciso oppositore del nucleare: tra i principali finanziatori della sua campagna elettorale e delle precedenti figura Exelon, il più grande operatore del settore (Qualenergia.it “Obama vs Clinton, chi è il più verde?”). Tuttavia finora era stato piuttosto freddo verso le richieste dell’industria. Dietro alla recente svolta molti vedono un tentativo di compromesso con i repubblicani, per sbloccare il “climate bill” (la legge che dovrebbe ridurre le emissioni Usa), ancora fermo al Senato. Come segnala il Guardian, proprio un maggior peso dell’atomo nella politica energetica Usa è uno dei punti chiave della versione di compromesso del “climate bill” cui sta lavorando, assieme ai democratici, la senatrice repubblicana Lindsey Graham.

Ma il sostegno all’atomo di Barack Obama, espresso con il recente stanziamento, ha ricevuto molte critiche. Prima di tutto per il rischio finanziario cui sottopone i conti pubblici: secondo uno studio del 2003 del Congressional Budget Office lapercentuale di rischio che nei fondi di garanzia per il nucleare alla fine sia lo Stato a dover coprire le spese è maggiore del 50%. E a questa incertezza generale va ad aggiungersi quella sulla tecnologia da adottare. Il progetto dei reattori AP 1000, come i due che si vogliono realizzare in Georgia, ha infatti ricevuto a ottobre una parziale bocciatura per questioni di sicurezza dalla Nuclear Regulatory Commission americana (mentre un secondo richiamo è giunto proprio ieri dalla Nuclear Installations Inspectorate britannica): dovranno essere parzialmente riprogettati, con la relativa incognita sui costi. Infine resta la questione scorie, ancora irrisolta: dopo che proprio l’amministrazione Obama ha fermato il progetto del sito di stoccaggio di Yucca Mountain, nel Nevada (Qualenergia.it – “Usa, la scoria è inquieta”) nessuno sa dove finiranno.

Per un “verde” come Obama che apre al nucleare, dall’altra parte dell’oceano c’è un governo, considerato nuclearista, con esponenti che dichiarano apertamente di voler abbandonare l’atomo al più presto. Il Ministro dell’ambiente tedesco Norbert Roettgen, della CDU, in un’intervista al Tagesspiegel ha infatti chiarito di essere contrario all’estensione della vita delle centrali ancora in funzione. Meno radicali gli altri esponenti del governo, come il Ministro dell’economia Rainer Bruederle, che invece è favorevole ad allungare la vita degli impianti. Ma una cosa è certa per tutti: non se ne costruiranno di nuove e il piano di dismissione approvato nel 2000, che prevede che la Germania chiuda con l’energia atomica nel 2021, non è ancora stato messo in discussione.

GM

17 febbraio 2010

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