Inceneritori sì, inceneritori no

  • 6 Febbraio 2008

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Male minore secondo alcuni, poche garanzie sulla salute secondo altri. Queste due delle posizioni emerse nel Forum organizzato dall'Agenzia Dire sull'esigenza di una nuova etica nel produrre rifiuti.

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Gli inceneritori si o no? Sì, anche se rappresentano la “scelta del male minore”, vanno costruiti valutando bene “luogo per luogo” e se fatti secondo le regole non sono inquinanti. Ma di garanzie sulle emissioni, e se davvero non sono dannosi per la salute, “non possiamo darne”.
Queste sono due delle posizioni emerse nel corso del forum organizzato, oggi 6 febbraio, dall’agenzia Dire sull’esigenza di una nuova etica nel produrre rifiuti (gli ospiti: Gianni Mattioli, presidente del comitato scientifico di Legambiente; Gioia Longo, ordinaria di Antropologia culturale dell’Università La Sapienza; Giuseppe Viviano, Istituto Superiore Sanità – dipartimento Ambiente; Claudia Chiozzotto di ‘Altroconsumo’).

Mentre Viviano è più che possibilista sugli inceneritori, Mattioli, docente di Fisica matematica alla Sapienza, frena. Viviani sulla diatriba “sì o no inceneritori” dice di avere un approccio neutro. Una scelta, dice, non deve mai essere una scelta definitiva sia perché gli impianti hanno una loro vita, sia perché la tecnologia avanza. “Un impianto con tecnologie moderne tecnologia, ben posizionato, che sia stato già sottoposto ad una valutazione d’impatto sanitaria e ambientale – dice l’esperto ISS – può avere un impatto del tutto sostenibile. E comunque, il concetto è quello di “ridurre al massimo la frazione che non possiamo recuperare e, se possibile, quella frazione utilizzarla per il recupero energetico”.

Ma che garanzie dare ai cittadini che temono gli inceneritori per gli effetti sulla salute?
Mattioli dice che “purtroppo non possiamo darne”. C’è una massa di letteratura internazionale, ma anche nazionale, come il documento dell’Ordine dei Medici dell’Emilia Romagna o i lavori dell’oncologo genovese Federico Valerio, che dimostrano come di certezze non ve ne siano”.
Nell’approccio sulla tutela della salute, “abbiamo fenomeni noti dal punto di vista scientifico, e altri meno noti” – spiega Mattioli. Quelli noti sono ad esempio sulle microdosi di radiazioni ionizzanti, che innescano un processo chimico, in termini di aggressione al Dna cellulare”. Ma “non possiamo dire alla gente sulle camere di combustione ad elevata temperatura, dove le molecole dei peggiori inquinanti si spaccano”. Perché “sappiamo che quando i fumi si raffreddano le molecole si ricombinano, certo con quantità inferiori, ma purtroppo sappiamo che il tumore di origine chimica non ha soglia”.
Sul particolato Mattioli afferma che quello “non micro” si può anche fermare, in una certa misura e con filtri appropriati, ma scopriamo che così facendo facciamo un danno, perché il microparticolato si associa a quello macro e in questo modo, togliendo il macroparticolato, non verrà più bloccato, diventando ancora più libero”. Per Mattioli la tecnologia è ancora troppo rozza e denuncia il fatto che nel nostro nessuno abbia investito denaro e motivato le università e i centri di ricerca per migliorare il livello di questi impianti.

Vedi il servizio sul Forum dell’Agenzia Dire

6 febbraio 2008

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