I boschi nel protocollo

  • 3 Ottobre 2006

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Le foreste giocano un ruolo importante per Kyoto. La situazione in Europa

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di Antonio Lumicisi *

Come è ormai noto il Protocollo di Kyoto è entrato in vigore dal 16 febbraio 2005, a seguito della ratifica dello stesso da parte della Federazione Russa. Ma solo con l’ approvazione formale degli Accordi di Marrakech, avvenuta il 30 Novembre 2005 durante la prima sessione della Conferenza delle Parti che hanno ratificato il Protocollo (Cop/Mop1), è diventato completamente operativo. Il settore agro-forestale, più correttamente identificato con l’acronimo Lulucf (Land use, land-use change and forestry), o più semplicemente con il gergo negoziale sinks, è stato tra i più discussi e controversi nel corso degli ultimi otto anni di negoziazione internazionale. Alla fine, la capacità di assorbire anidride carbonica da parte degli ecosistemi agro-forestali è stata formalmente riconosciuta, anche se il sistema di contabilizzazione adottato per le diverse attività eligibili non è risultato tra i più semplici.
Gli articoli di riferimento del Protocollo di Kyoto inerenti le attività sinks sono il 3.3, il 3.4, il 6 e il 12. In particolare, in base all’articolo 3.3 i Paesi con impegni di riduzione, come i Paesi industrializzati inclusi nell’Annesso I, dovranno obbligatoriamente contabilizzare i bilanci tra assorbimenti ed emissioni di carbonio derivanti dalle attività di afforestazione, ossia nuove foreste realizzate su terreni che da almeno cinquanta anni non ospitavano foreste, riforestazione, cioè nuove foreste realizzate su terreni già in precedenza forestali, al netto delle emissioni inerenti i processi di deforestazione. Condizione per l’eleggibilità di queste attività è che esse si siano verificate dopo il 1990 e a seguito di una chiara azione volontaria da parte dell’uomo. In caso di saldo positivo tra le attività di afforestazione, riforestazione e deforestazione, i relativi crediti di carbonio, noti con l’acronimo Rmu, che saranno generati dal Paese, potranno essere utilizzati dallo stesso per il raggiungimento del proprio obiettivo di riduzione delle emissioni.

Crediti illimitati
Non ci sono limiti per il rilascio e utilizzo di tali crediti e, in teoria, un Paese potrebbe raggiungere il proprio obiettivo di riduzione utilizzando solo Rmu da attività relative all’articolo 3.3. La stessa condizione di esigibilità, cioè le attività successive al 1990 e chiaramente indotte dall’opera umana, vale per quelle relative all’articolo 3.4. In questo articolo si dà la possibilità ai Paesi dell’Annesso I di conteggiare i crediti generabili da altre quattro attività: la gestione forestale, la rivegetazione, la gestione dei terreni agricoli e la gestione di prati e pascoli. Tali attività sono definite addizionali, nel senso che sarà il singolo Paese a scegliere se includerle o no nei propri bilanci e, di conseguenza, contabilizzare le variazioni degli stock di carbonio da esse derivanti. Da notare che per quanto riguarda la gestione forestale è stato introdotto un limite massimo ai crediti potenzialmente utilizzabili dal singolo Paese, mentre non esistono dei limiti, al pari delle attività contemplate nell’articolo 3.3, per le altre tre attività dell’articolo 3.4. Per la gestione forestale c’era un altro problema da affrontare: quello relativo al fatto che la crescita delle foreste esistenti è in parte dovuta anche a cause non direttamente collegate all’attività umana, ma a effetti indiretti e naturali quali l’aumento della concentrazione di CO2 nell’atmosfera e le deposizioni azotate. Per tener conto di questi effetti indiretti e del fatto che la variazione degli stock è in parte collegata agli interventi dell’uomo effettuati prima del 1990, fu deciso nell’ambito delle negoziazioni di introdurre un fattore di sconto dell’85%. In pratica, solo il 15% dei crediti derivanti dalla gestione forestale possono essere inseriti nei bilanci nazionali.
Oltre questa limitazione, fu comunque deciso che i crediti conteggiabili derivanti dalla gestione forestale non avrebbero potuto eccedere in nessun caso il 3% delle emissioni del Paese nell’anno di riferimento, il 1990. Esiste per ciò una sproporzione tra i valori assegnati a Canada, Giappone e Federazione Russa rispetto ai valori assegnati a tutti gli altri Paesi. L’assegnazione di tali valori, non sulla base dei dati specifici forniti dai singoli Paesi o in possesso della Fao come avvenne per tutti gli altri Paesi, fu il compromesso accettato per evitare un ulteriore fallimento e interruzione del negoziato, come avvenne in precedenza alla Cop6 dell’Aia nel 2000.
Per quanto riguarda i metodi di contabilizzazione, per la gestione forestale si fa riferimento a un sistema che considera esclusivamente le variazioni di stock di carbonio dovute al bilancio tra le emissioni e gli assorbimenti all’interno del periodo di impegno del Protocollo di Kyoto, 2008-2012, senza quindi che ci sia un confronto con le variazioni degli stock nell’anno di riferimento. In questo modo, un credito di carbonio viene emesso se l’attività porta ad assorbimenti superiori alle emissioni, a prescindere da quale fosse il flusso nel 1990 o prima dell’inizio dell’attività stessa. Per quanto riguarda le altre tre attività dell’articolo 3.4, così come le attività dell’articolo 3.3, si fa riferimento a un sistema che confronta le variazioni degli stock di carbonio avvenute nel corso del quinquennio 2008-2012 con quelle dell’anno di riferimento. Le due diverse metodologie per la contabilizzazione sono state adottate al fine di limitare la forte sproporzione tra le quantità di crediti generabili dalle varie attività inerenti gli articoli 3.3 e 3.4.
Il Protocollo di Kyoto permette anche di ottenere crediti generati da progetti agro-forestali realizzati al di fuori dei confini nazionali, attraverso i meccanismi Joint Implementation (Ji) (articolo 6) e Clean Development Mechanism (Cdm) (articolo 12) del Protocollo stesso. In particolare, per il primo periodo di impegno 2008-2012 le uniche tipologie di progetto eligibili nell’ambito del Cdm sono quelle relative ai progetti di afforestazione e riforestazione, effettuati su terreni che nel 1990 non risultavano forestati. Anche qui è stato posto un limite: i crediti derivanti da questi progetti potranno essere conteggiati fino a una quantità pari all’1% delle emissioni nazionali nell’anno di riferimento. Le regole e modalità adottate per la realizzazione di progetti forestali nei Paesi in via di sviluppo attraverso il Cdm risultano essere molto complesse e, in alcuni casi, di difficile applicazione. In particolare, al fine di tenere in considerazione l’alto rischio di fallimento del progetto è stato introdotto il concetto di credito temporaneo di carbonio (tCER/lCER) che, a seconda dei casi, dovrà poi essere sostituito alla scadenza con un altro credito di carbonio. I progetti di piccola scala, cioè quei progetti con un potenziale di assorbimento non superiore alle 8mila tCO2/anno, potranno beneficiare di alcune regole semplificate, relative alla stima delle condizioni di riferimento dell’area sulla quale è previsto il progetto (baseline) e le attività di monitoraggio e verifica del carbonio sequestrato. Queste semplificazioni hanno lo scopo di contenere i costi di transazione che risultano in questo caso più elevati a parità di crediti di carbonio generati, anche se fino a ora si è evidenziato uno scarso interesse degli investitori verso questa tipologia di progetti, soprattutto nei Paesi più poveri.

Foreste italiane
La Delibera Cipe n.123/2002 ha approvato il Piano nazionale di riduzione delle emissioni di gas serra, documento di riferimento per l’attuazione del Protocollo di Kyoto nel nostro Paese. All’interno di tale Piano, particolare attenzione è rivolta al settore agro-forestale e al suo potenziale contributo per il raggiungimento dell’obiettivo nazionale di riduzione di gas serra. In totale, le attività sinks nazionali hanno un potenziale di assorbimento stimato in 10,8 MtCO2, pari a circa l’11% dell’obiettivo nazionale di riduzione. Oltre il 40% di tale potenziale di assorbimento deriva dalla gestione forestale, cioè dal patrimonio forestale esistente nel nostro Paese. Il resto del potenziale si divide equamente tra le attività di nuova forestazione e di ricolonizzazione indotta da parte della foresta di ex-coltivi e pascoli, impropriamente definita come riforestazione naturale. Il contributo del settore agricolo è quello che presenta ancora le maggiori incertezze, e analisi più approfondite saranno necessarie per valutarne correttamente il ruolo nell’ambito delle azioni inerenti l’attuazione del Protocollo di Kyoto nel nostro Paese. Risulta evidente l’alto costo marginale di abbattimento delle emissioni nel caso delle attività di nuova forestazione. In particolare, laddove tale attività viene messa in atto in zone ad alto rischio idrogeologico, i costi sono i più alti in assoluto. I benefici ambientali e sociali, nonché economici, come per esempio la riduzione dei costi dovuti alle frane, alle valanghe e alle alluvioni, derivanti da tali attività dovrebbero convincere anche i più scettici sull’utilità di investire nella forestazione, in particolare nelle zone a rischio del nostro Paese. Per quanto riguarda la riforestazione naturale, circa il 30% del potenziale nazionale di assorbimento, sarà necessario intraprendere entro il prossimo anno un’azione legislativa specifica al fine di riconoscere l’azione diretta dell’uomo nei fenomeni di ricolonizzazione a seguito di abbandono delle terre agricole.
Il potenziale di assorbimento totale si tradurrà in corrispondenti crediti di carbonio attraverso la certificazione degli assorbimenti avvenuti nei serbatoi di carbonio delle diverse attività sinks. I serbatoi eligibili sono la biomassa epigea, la biomassa ipogea, la lettiera, la necromassa e il carbonio nei suoli. La certificazione, che dovrà essere consistente con le linee guida per le attività agro-forestali approvate dal Panel intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc Gpg-Lulucf 2003), e il conseguente rilascio dei crediti di carbonio è la principale attività che dovrà essere svolta dal Registro nazionale dei serbatoi di carbonio agro-forestali. Nel maggio 2005, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, in accordo con il Ministero per le politiche agricole e forestali, ha sottoposto all’attenzione della Conferenza unificata Stato-Regioni una proposta operativa relativa al Piano dettagliato per il triennio 2004-2006 per la realizzazione del potenziale massimo nazionale di assorbimento di carbonio, come richiesto dalla delibera Cipe 123/2002. Tale proposta, sulla quale il coordinamento delle Regioni non si è ancora espresso formalmente, prevede una serie di azioni operative al fine di attuare quanto approvato dalla Delibera CIPE 123/2002. Tra queste azioni, l’istituzione del Registro è una delle azioni prioritarie per permettere al nostro Paese di vedersi riconosciuti i crediti derivanti dalle attività agro-forestali.

Foreste d’Europa
Il sistema di Emission trading dell’Unione europea (Ets), lanciato operativamente dal primo gennaio 2005, è al momento il più esteso mercato operativo del carbonio ed è stato pianificato per permettere all’Ue di raggiungere i propri obiettivi di riduzione di gas serra, ossia meno 8% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2008-2012, nell’ambito del Protocollo di Kyoto. Ai circa 12mila impianti produttori di energia che emettono anidride carbonica, sono state assegnate delle quote/permessi di emissione, denominate Eu Allowances (Euas). Ci si aspetta che l’innovazione tecnologica renderà possibile una riduzione delle emissioni a costi competitivi, cosicché quegli impianti che oltre ad aver raggiunto il proprio obiettivo avessero delle quote eccedenti, le potranno vendere a quelli ancora in deficit. In questo modo, in generale, l’Ue prevede di raggiungere l’obiettivo di Kyoto a un costo più basso rispetto a un meccanismo di imposizione di specifici standard. Con particolare attenzione alla CO2 e alle attività di tipo energetico, l’Ets copre circa il 45% delle emissioni totali di gas serra dell’Ue. Al fine di creare maggiore flessibilità, l’Ets è anche collegato ai meccanismi del Cdm e Ji del Protocollo di Kyoto. Quindi, i crediti generati da progetti Cdm, emessi dall’Executive Board del Cdm, possono essere importati e commercializzati nell’Ets. Tuttavia, nella prima fase dell’Ets (2005-2007), i crediti temporanei generati da progetti di afforestazione e riforestazione, gli unici al momento eligibili nell’ambito del Cdm, sono esclusi da questo meccanismo di collegamento. Una delle ragioni per questa esclusione è di natura tecnica, e cioè come rendere i crediti temporanei da progetti Cdm afforestazione e riforestazione completamente equivalenti alle Euas. Il punto centrale è che un Eua rappresenta un permesso a emettere una tonnellata di CO2 equivalente (tCO2e) che è anche pari a una tCO2e ridotta permanentemente, mentre un credito temporaneo rappresenta una tCO2e sequestrata per un limitato periodo di tempo.
L’Ets sarà rivisto dalla Commissione Ue nel 2006, e una delle questioni da affrontare sarà proprio quella relativa a se e come includere i crediti temporanei nello schema Ets dal 2008 in poi. Al momento, se alcuni Paesi dell’Ue hanno mostrato un approccio positivo nella possibile inclusione dei crediti temporanei nell’Ets, altri guardano questa tematica ancora con molta diffidenza. Le preoccupazioni di alcuni Stati membri sono basate sul concetto che gli obiettivi dell’Ets debbano essere raggiunti esclusivamente attraverso la riforma nelle infrastrutture e nei settori energetici. Probabilmente questi Paesi non utilizzeranno per intero la loro quota di crediti temporanei corrispondenti all’1% delle emissioni del 1990 e, quindi, non autorizzeranno il proprio settore privato all’utilizzo dei crediti temporanei.
Tuttavia, l’inclusione dei crediti temporanei nell’Ets risulterebbe altamente auspicabile, tenendo in considerazione i benefici che questi progetti potrebbero apportare per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile del Cdm, in particolare nei Paesi più poveri. Inoltre, tale inclusione risulta di strategica importanza per aumentare la scala di utilizzo del Cdm e la domanda stessa di crediti temporanei. Tale importanza strategica risiede anche nel fatto che alcuni Paesi in via di sviluppo stanno già pensando di espandere le attività eligibili nel Cdm al di là delle sole afforestazione e riforestazione. La riduzione della deforestazione e del degrado forestale, ad esempio, possono avere un ruolo positivo sia nella mitigazione dei cambiamenti climatici che verso le comunità rurali, controbilanciando in parte la continua perdita degli habitat forestali. Inoltre, molti Paesi in via di sviluppo hanno un bassissimo potenziale per i Cdm energetici poiché o il loro consumo di energia è molto basso, come molti Paesi africani, o il loro mix energetico è principalmente formato da fonti rinnovabili quali la biomassa o l’idroelettrico, come molti Paesi latino-americani. Inoltre, da tenere in considerazione anche che per molti Paesi in via di sviluppo, il settore agro-forestale rappresenta una percentuale molto più alta del Prodotto interno lordo rispetto al settore energetico e che le emissioni del settore Lulucf, principalmente dovute alla deforestazione, rappresentano più del 20% delle emissioni antropiche globali di gas serra. Qualsiasi meccanismo che aiuti nella mitigazione delle emissioni da queste fonti e ne aumenti il sequestro dovrebbe far parte di un sistema credibile di lotta ai cambiamenti climatici. Includere le attività di afforestazione e riforestazione nell’Ets risulta quindi essenziale, non solo per coinvolgere altri Paesi nella lotta contro i cambiamenti climatici ma anche per affrontare il problema veramente a livello globale. In definitiva, senza tale inclusione sarà molto difficile il coinvolgimento del settore privato nel mercato dei progetti afforestazione e riforestazione, mettendo così un freno allo sviluppo del mercato stesso. Nel maggio 2006, la Commissione UE dovrà presentare una prima revisione dell’Ets, anche in merito a questo argomento. La Direttiva Linking, infatti, richiede alla Commissione di analizzare i potenziali “dispositivi tecnici in relazione alla natura temporanea dei crediti”. In questo contesto, la domanda più importante alla quale dare una risposta è se e come includere i crediti temporanei nell’Ets a partire dal 2008.
Alcune organizzazioni internazionali stanno lavorando a soluzioni tecniche, tali da permettere alle compagnie private di utilizzare i crediti temporanei senza compromettere l’integrità dell’intero sistema. In particolare, la Banca mondiale che rappresenta al momento il principale acquirente di crediti di carbonio da progetti forestali nell’ambito del Cdm attraverso le attività del BioCarbon Fund. In sintesi, sono tre le opzioni sulle quali si sta discutendo al momento: la prima è relativa alla possibilità di autorizzare un uso diretto dei crediti temporanei nell’Ets dell’Ue; la seconda è relativa alla possibilità di autorizzare uno scambio tra i crediti temporanei e le Euas; la terza opzione è relativa a un meccanismo attraverso il quale i Paesi possono raggiungere un accordo con il settore privato per scambiare i crediti temporanei con i crediti derivanti dai progetti Cdm, settore energetico, e Ji, rispettivamente Cers o Erus. Tali opzioni verranno analizzate in maniera approfondita nel corso dei prossimi mesi al fine di mettere in condizione la Commissione Ue di valutare obiettivamente le diverse implicazioni derivanti dalla loro applicazione. In ogni caso, in tutte e tre le diverse opzioni, particolare attenzione dovrà essere data alla gestione della responsabilità inerente la natura temporanea del credito in oggetto.
Tutte le problematiche che emergono nel possibile inserimento dei crediti temporanei nell’Ets e dovute proprio alla natura temporanea degli stessi, non si presentano nel caso in cui fossero i crediti derivanti dai progetti agro-forestali domestici (Rmu), considerati di natura permanente e non temporanea, a essere inseriti nell’Ets. L’inserimento degli Rmu nell’Ets non sembra sia stato preso in seria considerazione dalle associazioni di categoria forestali e, di fatto, al momento non è all’attenzione dell’agenda politica, anche se potrebbe rappresentare un interessante elemento per lo sviluppo agro-forestale nel nostro Paese.

CREDITI ITALIANI DALLE FORESTE
Nella settima sessione della Conferenza delle Parti della Convenzione sui Cambiamenti Climatici (Cop7-Unfccc) fu assegnato il valore di 0,18 MtC/anno come tetto massimo dei crediti che il nostro Paese potrebbe utilizzare per concorrere al raggiungimento dell’obiettivo nazionale di riduzione di gas serra. Tale valore è molto basso rispetto alle reali potenzialità del patrimonio forestale nazionale e fin dal 2001 l’Italia ha iniziato un’azione negoziale per la revisione di tale valore. Dopo intense consultazioni, prima a livello europeo e poi a livello internazionale, alla Cop/Mop1 di Montreal, svoltasi nella seconda metà del 2005, è stato formalmente riconosciuto l’errore nell’assegnazione del valore all’Italia e la stessa Cop/Mop1 ha richiesto all’Italia di fornire i dati necessari per la revisione. Alla prossima sessione dell’Organo Sussidiario Tecnico-Scientifico della Convenzione (Unfccc-Sbsta24) nel maggio 2006, si analizzeranno i dati che l’Italia fornirà al fine di predisporre una bozza di decisione per la seconda sessione della Cop/Mop. La revisione del dato potrebbe portare a un valore di 10-15 volte superiore all’attuale, con ovvi vantaggi per il settore forestale italiano. Infatti, in caso di successo nella revisione del dato, un interessante ammontare di crediti di carbonio, provenienti dalle foreste italiane, pubbliche o private che siano, con un relativo valore di mercato, sarà a disposizione del nostro Paese. In termini generali, il risparmio conseguibile per l’Italia è superiore ai 200 milioni di euro all’anno, per ognuno dei cinque anni del periodo di adempimento del Protocollo di Kyoto.

(*) Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio

Pubblicato sulla rivista scientifica QualEnergia  1/2006 (gennaio – febbraio)

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