Mostra d’Oltremare, Napoli
EnergyMed, Mostra Convegno internazionale dedicata alle Energie Rinnovabili ed Efficienza Energetica giunta alla 15° edizione e Green Symposium, da 5 anni evento di riferimento del Mezzogiorno sui temi della green e circular economy, uniscono le loro storie per dare vita a un nuovo format: Green Med Expo & Symposium.
Per informazioni: Green Med Expo & Symposium
The post Green Med Expo & Symposium first appeared on QualEnergia.it.]]>Nel secondo trimestre 2024 cala del 19,8% la bolletta elettrica per la famiglia tipo in tutela, in quello che è l’ultimo aggiornamento trimestrale per i clienti non vulnerabili diffuso da Arera.
Il calo – spiega la nota del regolatore – è giustificato principalmente dal trend ribassista dei prezzi del gas naturale e dell’energia elettrica verso la fine dello scorso anno e nei primi mesi dell’anno in corso, che sta subendo un rallentamento a causa delle crescenti tensioni geopolitiche.
Le aspettative di prezzo sul gas per il secondo trimestre 2024, favorite da stoccaggi a livelli elevati per la stagione, si sono tradotte in una stima del prezzo dell’energia elettrica (Pun) pari a circa 83 €/MWh.
In termini di effetti finali, la spesa per la famiglia-tipo (residente con 2.700 kWh di consumi l’anno e 3 kW di potenza impegnata) nell’anno scorrevole (compreso tra il 1° luglio 2023 e il 30 giugno 2024) sarà di circa 662 euro, riavvicinandosi ai livelli precedenti alle crisi, segnando un -47,7% rispetto ai 12 mesi equivalenti dell’anno precedente (1° luglio 2022- 30 giugno 2023), periodo in cui il prezzo della materia energia raggiunse i suoi picchi massimi.
Al 31 dicembre 2023, comunica Arera, quasi il 73% dei clienti domestici aveva scelto un’offerta nel mercato libero, pertanto, i clienti domestici non vulnerabili serviti in Maggior Tutela ammontavano a circa 4,5 milioni.
Dal 1° luglio, si ricorda, tutti i clienti non vulnerabili serviti in Maggior Tutela passeranno automaticamente al Servizio a Tutele Graduali, con il fornitore selezionato tramite asta in quella zona.
Questo servizio transitorio sarà attivo per poco meno di tre anni (fino al 31 marzo 2027) al termine dei quali, in mancanza di una scelta espressa, i clienti continueranno a essere riforniti dallo stesso venditore sul mercato libero.
Per i clienti vulnerabili, invece, Arera continuerà ad aggiornare trimestralmente le condizioni economiche della Maggior Tutela, fino all’esperimento delle aste previste dal Decreto-legge 181/23 (c.d. Dl ‘sicurezza energetica’).
Si ricorda infine che i clienti domestici elettrici già passati al mercato libero hanno il diritto di rientrare nel servizio di maggior tutela fino a fine giugno 2024. Per farlo occorre rivolgersi all’esercente il servizio di maggior tutela del proprio Comune. Arera a tal proposito ha pubblicato sul proprio sito l’elenco degli esercenti e la modalità per ricercarli in base al Comune.
In alternativa è possibile chiamare lo Sportello per il Consumatore all’ 800 166 654.
Nel dettaglio delle singole componenti in bolletta, in questo ultimo aggiornamento il prezzo finale per la famiglia tipo risulta di 20,24 centesimi di euro al kWh, comprensivo di imposte, contro i 25,24 centesimi di euro al kWh del trimestre precedente.
La variazione del -19,8% è sostanzialmente legata alla diminuzione complessiva della spesa per la materia energia (-22,5%) controbilanciata dal rialzo degli oneri generali di sistema (+2,72%).
Restano invariate, invece, le tariffe di rete regolate (Trasporto e gestione contatore).
The post Elettricità, bollette in calo del 19,8% nel secondo trimestre 2024 first appeared on QualEnergia.it.]]>Il 2023 si è concluso con un record di installazioni nell’eolico: in totale sono stati aggiunti 116 GW a livello globale, portando la potenza complessiva a 1.047 GW. La Cina ha guidato il settore, installando circa 75 GW. Tra i Paesi che presentano tassi di crescita più elevati ci sono la Finlandia con il 22%, […]
Il rinnovamento degli edifici pubblici italiani è ancora sotto l’obiettivo che si dovrebbe raggiungere grazie al Prepac, il Programma per la riqualificazione energetica degli edifici della Pubblica amministrazione centrale, istituito dal D.lgs. 102/2014 (art. 5). Tutti i dati sui progetti presentati finora. Autori: Laura Ronchetti, Paolo Signoretti, Nicolandrea Calabrese (Enea) Data pubblicazione: marzo 2024 Pagine: […]
Il rinnovamento degli edifici pubblici italiani è ancora sotto l’obiettivo che si dovrebbe raggiungere grazie al Prepac, il Programma per la riqualificazione energetica degli edifici della Pubblica amministrazione centrale, istituito dal D.lgs. 102/2014 (art. 5).
Ogni anno si dovrebbe intervenire con misure di efficienza energetica su almeno il 3% della superficie utile coperta climatizzata del patrimonio edilizio pubblico (che in totale ammonta a 16 milioni di mq), ma finora si è rimasti intorno al 2% scarso.
Il dato arriva dal nuovo rapporto dell’Enea sull’andamento del Prepac (link in basso).
In dieci anni, dal 2014 al 2023, sono stati presentati 677 progetti; a fine 2022, quelli ammessi a finanziamento ammontavano a poco più del 48% (310 progetti) per complessivi 430 milioni di euro, interessando una superficie totale di 2,6 milioni di mq (che equivale, come detto, a un tasso medio di riqualificazione prossimo al 2% annuo).
Il ritardo è imputabile essenzialmente a tre cause, si legge nel rapporto:
Lo studio, spiega una nota dell’Enea, evidenzia che i finanziamenti più elevati riguardano progetti presentati dal ministero della Difesa, che ha anche il primato dei fondi complessivi assegnati (56% per un totale di 240 milioni di euro), con a seguire i ministeri dell’Interno (19% dei fondi), dell’Economia (9%) e della Giustizia (6%).
Il rapporto poi contiene un focus su 169 progetti valutati solamente dall’Enea, tra cui spiccano progetti su caserme (470mila mq di superficie riqualificata), poi uffici e penitenziari.
Circa la metà dei progetti, si spiega, riguarda edifici in quattro regioni (Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Puglia) e prevalentemente nelle zone climatiche D (37%), E (33%) e C (24%).
I lavori più frequenti sono l’isolamento dell’involucro opaco, la sostituzione dei serramenti e la riqualificazione degli impianti di illuminazione. Dalle proposte finanziate dal 2017 emerge che i risparmi totali attesi di energia primaria sono pari a 1,8 TWh mentre le emissioni totali di CO2 evitate sono circa 295mila tonnellate.
“Nel corso dei circa dieci anni del programma, il numero di proposte pervenute ha subito una variazione altalenante e i risultati raggiunti non sono ancora pienamente in linea con gli obiettivi del Prepac”, osservano Laura Ronchetti e Paolo Signoretti, ricercatori del laboratorio Enea sull’efficienza energetica negli edifici e tra gli autori del rapporto.
“Tra i principali fattori che hanno influenzato il mancato raggiungimento del target, sicuramente la forte flessione in coincidenza del biennio pandemico, il basso livello di ammissibilità delle proposte presentate nel periodo antecedente alla pubblicazione delle Linee guida tecniche, ma anche il ricorso da parte delle Amministrazioni ad altri incentivi per la riqualificazione”.
Le PA centrali che intendono partecipare al Prepac, si ricorda infine, possono presentare le proprie proposte progettuali entro il 15 luglio di ogni anno. Per il decennio 2021-2030 le risorse finanziarie disponibili ammontano a 75 milioni di euro l’anno.
Per maggiori informazioni si può visitare la pagina dedicata al Prepac sul sito web del Gse. Qui ricordiamo che i lavori sono ammessi al finanziamento secondo l’ordine riportato nella graduatoria annuale, fino al 100% della spesa esposta e rimasta a carico dell’Amministrazione proponente, nei limiti delle risorse annualmente disponibili e tenendo conto di eventuali cofinanziamenti.
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The post Riqualificazione energetica edifici pubblici, Italia ancora sotto il target del 3% annuo first appeared on QualEnergia.it.]]>Indagine di mercato volta all’acquisizione di manifestazioni di interesse per l’installazione di infrastrutture di ricarica per veicoli elettrici e ibridi su suolo pubblico del Comune di Aglientu (SS). Importo: n.d. Scadenza: 26/4/2024 Bando (pdf) Bandi del giorno Archivio Bandi Per gare di appalto in altri settori: Infoplus
Proposta intervento di finanza di progetto per servizio di gestione impianti di pubblica illuminazione, comprensivo di fornitura energia elettrica e realizzazione interventi di adeguamento normativo ed efficientamento energetico nel Comune di San Giovanni in Croce (CR). Importo: 1.752.000 € Scadenza: 2/5/2024 Bando (zip) Bandi del giorno Archivio Bandi Per gare di appalto in altri settori: […]
Affidamento in concessione della gestione pluriennale del servizio di illuminazione pubblica e di servizi smart a valore aggiunto, con diritto di prelazione da parte del promotore nel Comune di Scanzorosciate (BG). Ente appaltante: Provincia di Bergamo Importo: 250.518 € Scadenza: 6/5/2024 Bando (pdf) Bandi del giorno Archivio Bandi Per gare di appalto in altri settori: […]
Manifestazione di interesse a partecipare alla procedura per l’affidamento del servizio di manutenzione dell’impianto di pubblica illuminazione del Comune di Controne (SA). Importo: 18.000 € Scadenza: 10/4/2024 Bando (pdf) Bandi del giorno Archivio Bandi Per gare di appalto in altri settori: Infoplus
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La ripresa economica che ha avuto inizio nel 2021, successivamente alla pandemia di COVID, l’interferenza russa nell’approvvigionamento di gas dell’Ue e, infine, l’invasione russa dell’Ucraina hanno portato a una diffusa perturbazione dei mercati dell’energia globali ed europei. Nel 2022 l’energia elettrica restava il vettore energetico più costoso (252 EUR/MWh). In confronto, il gas naturale (86 […]
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La nuova stretta del governo sui bonus edilizi arrivata con il decreto approvato martedì 26 marzo, che impone lo stop totale a cessione del credito e sconto in fattura, ha suscitato reazioni molto negative da parte degli operatori del settore edile.
Le preoccupazioni riguardano soprattutto i lavori nelle aree terremotate, le riqualificazioni degli immobili del terzo settore e gli interventi volti a rimuovere le barriere architettoniche.
Le reazioni
Secondo il presidente di Rete Irene (network di imprese specializzate nella riqualificazione energetica degli edifici), Manuel Castoldi, il provvedimento “ha creato un’ondata di preoccupazione sia in tutta la filiera degli operatori, sia tra i committenti degli interventi che non sanno se e quando i lavori potranno riprendere”.
Tra questi ultimi, figurano “i soggetti del terzo settore che hanno bisogno degli incentivi fiscali per riqualificare le loro strutture: si tratta di associazioni che assolvono ad un essenziale compito sociale, e che adesso non possono più contenere i loro consumi energetici o rendere più salubri i loro spazi attraverso la riqualificazione edilizia”.
Rete Irene, precisa poi Castoldi, “continua a chiedere che sia abbandonata la logica della decretazione d’urgenza e che si risponda alle esigenze del bilancio pubblico e del settore con politiche stabili nel medio e lungo periodo”.
Anche i Consigli nazionali degli Ingegneri e degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, insieme alla Fondazione Inarcassa, “considerano particolarmente grave questa decisione del Governo”.
“Immaginare di completare la ricostruzione delle aree terremotate in tempi rapidi e senza l’utilizzo di fondi pubblici – dichiarano – è puramente utopistico. […] Per questo chiediamo un ripensamento e che le agevolazioni fiscali siano mantenute almeno limitatamente alle aree colpite dal sisma”.
Mentre Confabitare (l’associazione dei proprietari immobiliari), per voce del suo presidente nazionale Alberto Zanni, afferma che “non è corretto paragonare il bonus barriere architettoniche ad altri bonus edilizi, perché quest’ultimo è un beneficio sociale fondamentale per coloro che affrontano difficoltà economiche nell’accesso all’abitazione”.
Cosa prevede il decreto
Il decreto impedisce del tutto di usare cessione del credito e sconto in fattura, per gli interventi successivi all’entrata in vigore delle nuove norme, per quanto riguarda tutti i bonus edilizi (compreso quindi il bonus per l’eliminazione delle barriere architettoniche e il recupero degli edifici nelle aree sismiche con Superbonus al 110%).
In sostanza, il testo elimina le poche eccezioni che ancora consentivano di utilizzare le modalità alternative alla detrazione diretta Irpef – cessione e sconto – per fruire delle agevolazioni fiscali in edilizia:
Ora, come detto, il decreto cancella la possibilità di scegliere la cessione del credito o lo sconto in fattura per i lavori sopra menzionati; sono fatti salvi gli interventi per i quali i titoli abilitativi (Cila o permesso di costruire), o le prove che dimostrano l’avvio dei lavori o le delibere assembleari, siano precedenti all’entrata in vigore del decreto.
Di seguito le altre misure previste dal decreto:
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Meyer Burger cessa definitivamente la sua produzione di moduli FV a Friburgo, in Germania, licenziando 400 dei 500 lavoratori interessati, mentre 100 saranno ricollocati in altre attività del gruppo. La notizia è stata data ieri, 27 marzo, dall’azienda all’agenzia di stampa dpa; la decisione segue il rifiuto da parte del ministro federale tedesco delle Finanze, […]
La Regione Basilicata ha pubblicato sul bollettino ufficiale dello scorso 22 marzo un nuovo bando per contributi a fondo perduto per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili, pompe di calore comprese (tutta la documentazione nell’allegato in basso). La copertura finanziaria è di 39 milioni di euro: 15 milioni per il 2024 e 24 milioni per […]
Le politiche energetiche mondiali e gli obiettivi di contenimento della CO2 (e degli altri gas serra) vengono determinati sulla base delle comunicazioni sulle emissioni prodotte che i Paesi forniscono agli organismi internazionali.
Ma quanto sono affidabili e aggiornati i dati dei governi nazionali? Non tantissimo, se si sommano diversi studi indipendenti che mettono in dubbio la veridicità delle stime “ufficiali”, utilizzate come fonte primaria per qualsiasi scenario predittivo o intervento legislativo.
Questo accade perché le norme di rendicontazione per gli inventari nazionali sono spesso figlie di compromessi politici, e perché c’è una grande differenza tra i Paesi ricche e sviluppati – conosciuti nel gergo climatico delle Nazioni Unite come nazioni dell’Allegato 1 – e quelli in via di sviluppo.
I primi sono soggetti a criteri più stringenti, mentre i secondi, nonostante vedano tra le proprie fila Paesi come la Cina e l’India, oppure gli Stati del Golfo, tra i principali emettitori globali, devono rispettare paletti meno rigorosi. Basti pensare che prima dell’accordo di Parigi del 2015 questi Paesi non avevano alcun obiettivo di riduzione delle emissioni.
I dati forniti all’Unfccc (la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) e pubblicati online sono generalmente obsoleti.
Gli Stati non presenti nell’Allegato 1 non sono tenuti a presentare aggiornamenti quadriennali, accade così che Paesi come la Siria, il Myanmar oppure Haiti siano fermi a rilevazioni vecchie almeno dieci anni (rispettivamente i dati risalgono al 2010, 2012 e 2013). Come evidenziato nella mappa in basso (dati Unfccc, grafica Yale Environment 360), la Libia ad esempio non ha mai fornito il dato sulle proprie emissioni.
Un’analisi di Yale Environment 360, rivista della Yale School of the Environment, basata sui dati delle Nazioni Unite, ha rilevato che il Qatar – lo Stato del Golfo con le più alte emissioni di CO2 pro capite al mondo (35 tonnellate) – ha praticamente rinunciato a denunciare pubblicamente le proprie emissioni: la sua ultima comunicazione all’Unfccc risale al 2011 e riporta dati del 2007. Da allora, osservano gli analisti, le emissioni non dichiarate del Paese sono quasi raddoppiate.
Negli Stati Uniti, un’indagine pubblicata questo mese dopo rilievi fatti sull’aria sopra i giacimenti di petrolio e gas naturale del Paese ha rilevato che questi emettono tre volte più metano – responsabile di un terzo dell’attuale riscaldamento globale – rispetto a quanto riportato dalla Casa Bianca.
Ancora, John Liggio, ricercatore sulla qualità dell’aria presso Environment and Climate Change Canada, ha verificato le emissioni dichiarate dal suo governo derivanti dall’estrazione ad alta intensità energetica dei depositi di sabbie bituminose in Alberta: le misurazioni effettuate – sfociate in un articolo pubblicato su Nature – hanno suggerito che le emissioni reali fossero superiori del 64% rispetto a quelle ufficiali.
I dati satellitari analizzati dall’Agenzia internazionale per l’energia (Iea) nel 2022 mostrano invece che le emissioni di metano dai giacimenti di petrolio e gas a livello globale sono circa il 70% più elevate di quanto affermato dai governi, principalmente a causa di perdite e flaring (pratica che consiste nel bruciare senza recupero energetico il gas naturale in eccesso estratto insieme al petrolio) non segnalati.
Per quanto riguarda la Cina, la valutazione delle emissioni di combustibili fossili del Paese da parte del Database delle emissioni per la ricerca atmosferica globale della Commissione europea ha rilevato che queste sono il 23% in più rispetto a quanto dichiarato da Pechino nella dichiarazione alle Nazioni Unite per lo stesso anno. Due anni fa inoltre il ministero dell’Ambiente cinese ha scoperto che quattro società che controllavano le dichiarazioni di compensazione avevano regolarmente falsificato i risultati dei test, nascosto dati sulla produzione di energia e fornito rapporti di verifica fittizi.
Un report pubblicato lo scorso luglio su SSRN e condotto dalla Scuola di Giurisprudenza di Stanford accende invece i riflettori sulle emissioni “invisibili” non contabilizzate, che sarebbero in teoria misurabili ma che vengono escluse dai registri istituzionali: secondo gli analisti questi rilevano solo al 70% i gas nocivi nell’atmosfera, con il restante 30% che resta omesso.
È come se i decisori mondiali si stessero muovendo alla cieca, orientando le proprie scelte sulla base di proiezioni scenari incompleti. Alcuni settori ad alte emissioni sono espressamente esclusi dal sistema di rendicontazione delle Nazioni Unite perché non esiste un accordo su come distribuirle negli inventari nazionali. Questi includono ad esempio il trasporto aereo e le spedizioni internazionali, che rappresentano circa il 5% delle emissioni globali.
Un’altra categoria è l’attività militare. Matthias Jonas, scienziato ambientale presso l’Istituto internazionale per l’analisi dei sistemi applicati in Austria, ha rilevato che l’uso di carburante militare, il lancio di missili e munizioni e gli incendi provocati dai bombardamenti durante i primi 18 mesi del conflitto in Ucraina hanno causato più emissioni di quelle del Portogallo.
L’anno scorso il think tank britannico Common Wealth ha calcolato che le forze armate a livello globale potrebbero essere responsabili di oltre il 5% delle emissioni globali di CO2.
L’Unfccc richiede ai Paesi di riferire regolarmente e in dettaglio sulle proprie emissioni di gas serra, ma non ha il potere di obbligarli. E finché sarà così, ogni dato sarà contestabile e non del tutto affidabile.
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