Emissioni marittime: gli impegni dell’IMO, il ruolo dei porti e degli armatori

Varata la “strategia iniziale”: l’IMO si impegna per la riduzione del 50% delle emissioni marittime globali entro il 2050. Sarà quasi impossibile che l’impegno preso sia compatibile con il raggiungimento degli obiettivi dell’accordo di Parigi. Una sintesi di quanto deciso nel meeting di Londra.

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Non è passata la richiesta del Regno Unito, che puntava a una riduzione delle emissioni del 70-100% entro il 2050, rispetto ai livelli del 2008 (vedi QualEnergia.it).

Ma alla fine il Comitato per la Protezione dell’Ambiente Marino (MEPC) – che si occupa delle questioni ambientali sotto il mandato dell’IMO –ha dovuto assumere un impegno “misurabile”, come richiesto dall’Ue alla vigilia del meeting che si è concluso a Londra il 13 aprile scorso.

“Questo importante risultato – ha detto il segretario generale dell’IMO Kitack Limalla chiusura dei lavori – consente all’Organizzazione di continuare a presentarsi al mondo esterno come l’organismo competente e univoco qualificato a cui affidare gli incarichi in materia di riduzione delle emissioni prodotte dalla navigazione internazionale.”

L’IMO, in sintesi, si impegna per la riduzione del 50% delle emissioni marittime di gas serra entro il 2050 rispetto al 2008. La “strategia iniziale” adottata include un riferimento specifico a “un percorso di riduzione delle emissioni di CO2 coerente con gli obiettivi di temperatura dell’accordo di Parigi”. 

È difficile valutare una “strategia iniziale” ancora tutta da scrivere. Improbabile tuttavia che l’impegno preso sia compatibile con il raggiungimento degli obiettivi dell’accordo di Parigi.

Storico e proiezioni delle emissioni

Le proiezioni (vedi grafico) si basano sulla domanda prevista per le spedizioni internazionali in base ai diversi scenari economici. La linea verde mostra un percorso per il settore marittimo che sarebbe compatibile con l’accordo di Parigi (Fonte: IEA 2014, IMO 2009, IMO 2015, CE Delft & Lee 2017, Cames et al. 2015).

La figura mostra lo sviluppo storico delle emissioni e le diverse proiezioni fino al 2050. Le proiezioni si basano su uno studio presentato alla riunione del MEPC del luglio 2017 (CE Delft & Lee 2017) che dimostra che senza ulteriori misure per affrontare le emissioni delle navi, queste aumenteranno da 800 Mt nel 2012 a 1.000-1.800 Mt nel 2050 in scenari socio-economici a lungo termine compatibili con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.

Se gli obiettivi dell’accordo sul clima non saranno raggiunti a livello mondiale, le emissioni potrebbero aumentare fino a 2.500 Mt nel 2050 perché, tra le altre cose, ci sarà più trasporto di combustibili fossili.

Miglioramenti tecnologici e operativi hanno però un potenziale per ridurre le emissioni di CO2 di circa il 33% nel 2050 (IMO 2015).

Se il mondo in generale seguisse una traiettoria di emissioni compatibile con l’accordo di Parigi, e le emissioni dal trasporto marittimo internazionale dovessero aumentare come previsto, nel 2050 il settore marittimo contribuirebbe per il 17% del bilancio globale delle emissioni di carbonio.

Oltre la CO2: Artico, olio combustibile e ossidi di zolfo

Tra le altre questioni rilevanti affrontate nella riunione londinese, ci sono i requisiti di efficienza energetica obbligatori per le navi, l’applicazione dei limiti di zolfo dei combustibili nel 2020 e la tutela dell’Artico.

Riguardo ai requisiti di efficienza energetica per le navi, nel 2013 sono diventati obbligatori gli standard di progettazione in materia di efficienza energetica per le nuove navi e le relative misure operative di efficienza energetica per le navi esistenti: oltre 2.700 nuove navi oceaniche sono state certificate conformi agli standard di efficienza energetica.

Entrerà in vigore il 1° gennaio 2020 il limite dello 0,50% di zolfo nell’olio combustibile a bordo delle navi (al di fuori delle zone di controllo delle emissioni designate o delle ECA, dove il limite è dello 0,10%).

Il MEPC ha approvato il divieto di trasporto di olio combustibile non conforme a fini di combustione per la propulsione o il funzionamento a bordo di una nave.

Farebbero eccezione le navi dotate di “sistemi equivalenti” approvati per rispettare il limite di zolfo – come un sistema di depurazione dei gas di scarico (EGCS) o il cosiddetto “scrubber” – già consentiti. Questi sistemi possono essere utilizzate con olio combustibile “pesante” ad alto tenore di zolfo, poiché l’EGCS pulisce le emissioni e, pertanto, può essere considerato altrettanto efficace. Gli ossidi di zolfo (SOx) sono noti per essere dannosi per la salute umana, causando sintomi respiratori e malattie polmonari, in particolare nelle città portuali. Nell’atmosfera, il SOx può portare a piogge acide, che possono danneggiare colture, foreste e specie acquatiche e contribuire all’acidificazione degli oceani. (vedi QualEnergia.it).

Olio combustibile pesante nell’Artico. Il MEPC ha preso in considerazione lo sviluppo di misure per ridurre i rischi di uso e trasporto di olio combustibile pesante (HFO) come combustibile dalle navi nelle acque artiche e ha concordato gli obiettivi per il sottocomitato sulla prevenzione e risposta all’inquinamento (PPR), che si riunirà nel febbraio 2019.

Il PPR 6 dovrà preparare una serie di linee guida e misure di mitigazione per ridurre i rischi di utilizzo e trasporto di HFO nelle acque dell’Artico. Sulla base di una valutazione degli impatti, dovrà infine stabilire il divieto di utilizzo e trasporto di HFO nelle acque artiche. Attualmente, l’uso e il trasporto di HFO sono vietati nell’Antartico.

Controllo e riduzione delle emissioni: il ruolo dei porti

Mentre l’attenzione si concentra naturalmente sulle navi, è utile ricordare che le misure adottate dai porti possono significativamente migliorare le prestazioni ambientali della navigazione e la decarbonizzazione del trasporto marittimo.

Reducing Shipping – Greenhouse Gas Emissions – Lessons From Port-Based Incentives” è il rapporto appena pubblicato dall’International Transport Forum (ITF), un’organizzazione intergovernativa composta di 59 paesi membri amministrativamente integrato con l’OCSE.

Il rapporto (scarica il pdf) esamina gli schemi di incentivi attuati nei porti per ridurre le emissioni derivanti dal trasporto marittimo, esplora le loro caratteristiche e valuta i loro impatti.

Un certo numero di incentivi finanziari portuali per mitigare le emissioni di gas serra sono già in atto oggi, quello più comune è la tassa portuale differenziata a livello ambientale. È applicata in circa 28 dei 100 porti più grandi in termini di volume totale di merci, passeggeri e contenitori movimentati. In pratica si traduce in una riduzione delle tasse portuali per le navi considerate rispettose dell’ambiente, solitamente basate su un indice relativo alle caratteristiche della nave.

Alcuni porti statunitensi hanno introdotto incentivi finanziari per le navi che riducono la velocità quando si avvicinano al porto. L’Autorità del Canale di Panama ha uno schema che fornisce l’attracco prioritario alle navi più ecologiche. La Spagna include incentivi ambientali nell’offerta e nei criteri di rilascio delle licenze per i servizi forniti nei porti dai rimorchiatori. Shanghai ha un sistema di scambio delle emissioni in cui sono inclusi i porti e le spedizioni nazionali e in Norvegia è in vigore una tassa sull’NOx.

Il rapporto raccomanda quindi di:

  • riconoscere l’importante ruolo dei porti nel mitigare le emissioni marittime
  • espandere gli incentivi portuali per le navi a basse emissioni
  • collegare gli incentivi portuali alle attuali emissioni di gas serra;
  • passare a un’applicazione più armonizzata delle tasse ambientali nei porti.

“I porti svolgono chiaramente un ruolo estremamente importante nell’aiutare il settore marittimo a gestire la transizione verso la navigazione pulita”, ha affermato Olaf Merk, esperto di porti e spedizioni di ITF. “Gli incentivi port-based per la mitigazione delle emissioni di gas serra potrebbero fornire un importante ruolo di supporto”.

Nonostante il ruolo preminente di tali schemi di incentivi, si sa molto poco sul loro impatto reale. Le informazioni pubbliche su quante navi utilizzano questi schemi sono scarse e non esiste un porto che abbia dimostrato riduzioni delle emissioni di gas serra a seguito di tali politiche. L’unico schema per il quale esistono studi di impatto rilevanti è lo schema di riduzione della velocità della nave a Los Angeles e Long Beach, negli Stati Uniti.

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