“Basta assicurare il carbone”. E la strategia green di Generali resta insufficiente

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Greenpeace all’assemblea degli azionisti, a modo suo, ha richiamato l’attenzione sul fatto che la compagnia offre copertura assicurativa ad impianti e miniere di carbone, soprattutto polacchi, e finanzia impianti inquinanti. Il disinvestimento dalle fossili di Generali è ancora scarso. La replica dell'azienda.

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Assemblea degli azioni di Assicurazioni Generali a Trieste. Ma i protagonisti diventano gli attivisti di Greenpeace che vogliono dimostrare agli azionisti e all’opinione pubblica il lato nascosto del gruppo, cioè il fatto che Generali assicura alcuni tra gli impianti più inquinanti d’Europa, nonostante dica a parole di voler difendere il clima.

Generali ha recentemente approvato una strategia sul cambiamento climatico (vedi nota stampa), in cui si prevede un disinvestimento di 2 miliardi di euro dal settore del carbone e l’aumento di investimenti in settori green per 3,5 mld di € (in infrastrutture e green bond, ma non specificati nel dettaglio) entro il 2020. Inoltre, si legge nela nota della compagnia, che non effettuerà nuovi investimenti in società legate al settore carbonifero. Ma, a quanto pare, nessun intervento è previsto sul lato delle assicurazioni.

Gli attivisti di Greenpeace hanno srotolato all’ingresso del palazzo che ha ospitato l’assemblea un enorme striscione con la scritta “Generali – Basta assicurare carbone e cambiamenti climatici”. Altri hanno portato sacchi di carbone all’ingresso del palazzo per protestare contro gli investimenti del gruppo assicurativo.

Secondo Greenpeace, infatti, la strategia sul cambiamento climatico approvata a febbraio da Generali era insufficiente, “solo un primo passo troppo timido, seppur verso la giusta direzione”.

L’associazione ambientalista, che sta controllando da tempo il gruppo Generali da questo punto di vista, in relazione al settore dell’underwriting spiega che Generali assicura oggi alcune delle centrali e miniere di carbone più inquinanti d’Europa e non avrebbe nessuna intenzione di smettere alla luce della strategia adottata.

Un esempio è la miniera di Turow, al confine tra Polonia e Repubblica Ceca: vi si estraggono 7,5 milioni di tonnellate all’anno di carbone e ha, tra i diversi impatti ambientali, anche l’inquinamento dell’acqua utilizzata da oltre 30mila persone.

Assicurare il carbone nei paesi fortemente dipendenti da questa fonte altamente climalterante e inquinante, stigmatizza Greenpeace è il vero problema. Il caso della Polonia è emblematico, con miniere e centrali a carbone che la causa ogni anno oltre 5mila morti premature stimate, di cui più di 400 in Italia.

Per Greenpeace, Generali deve eliminare queste “eccezioni” (circa lo 0,1% dell’esposizione e lo 0,2% degli investimenti sul totale degli asset, dice la società) e abbandonare completamente gli investimenti nel carbone, anche nell’Europa dell’Est.

“Il fatto che questi impianti rappresentino una minima parte degli investimenti e degli asset del Leone di Trieste altro non è che un’aggravante: dato che si tratta di un business marginale, dovrebbe essere più facile uscirne. E soprattutto Generali deve smettere di valutare le proprie ‘eccezioni’ solamente in base all’importanza economica: una miniera che inquina l’acqua di 30mila persone è un business che non deve essere portato avanti, e lo stesso vale per centrali a carbone come Opole, la più grande espansione al momento in costruzione in Europa, o Kozienice, la seconda centrale a carbone più grande d’Europa, che già prima della recente espansione causava oltre 600 morti premature stimate ogni anno”, dice l’associazione in un suo comunicato.

Il presidente di Generali, Gabriele Galateri, ha replicato che la compagnia “dismetterà gli investimenti azionari in società legate al settore carbonifero in 6-12 mesi”. E per quanto riguarda la parte assicurativa, verrà “mantenuta una minima esposizione nei paesi in cui il carbone è la risorsa fondamentale per il riscaldamento o l’elettricità”.

Piuttosto fumosa è poi quest’altra dichiarazione fatta nel corso dell’assemblea, riferita probabilmente alla Polonia e ad paesi dell’est: “in un arco temporale di due anni Generali metterà in campo ‘azioni di spinta e coinvolgimento’ verso l’utilizzo di materie prime più green. Al termine di questo periodo valuteremo l’effettivo impegno a perseguire una concreta riduzione delle emissioni e se non lo avranno fatto prenderemo le nostre decisioni”.

Anche la Fondazione Finanza Etica (FFE), che ha partecipato per la prima volta all’assemblea degli azionisti di Generali, ha criticato il piano di disinvestimento dal carbone. È sicuramente un importante passo avanti, ma Generali ha deciso di non uscire dagli investimenti in Polonia e di continuare ad assicurare le centrali a carbone, cosa che invece importanti concorrenti come Axa e Zurich smetteranno di fare. Per questo motivo ci asterremo dall’approvazione del bilancio”, ha detto Simone Siliani, direttore di FFE.

Con una recente inchiesta svolta a Genova, Greenpeace Italia ha anche documentato che se da un lato Generali assicura il carbone più inquinante d’Europa, dall’altro non fa lo stesso con i cittadini colpiti dai peggiori impatti dei cambiamenti climatici, come i proprietari della abitazione situate in alcune zone in passato colpite da alluvioni. Un paradosso che va risolto definitivamente.

Durante l’assemblea degli azionisti sono state consegnate a Generali le oltre 100mila firme raccolte in Europa tramite diverse petizioni – promosse da Akcja Demokracja, We Move e Greenpeace – per chiedere al gruppo triestino di non assicurare più il carbone.

Ma subito dopo il carbone, ci sono le infrastrutture per le altre fonti fossili, petrolio e gas.

Per iniziare ad uscire dalla crisi climatica in atto e dalle guerre, l’azione di disinvestimento dalle energie sporche (così come dagli armamenti, strettamente legati all’energia tradizionale) dei grandi gruppi finanziari e assicurativi non può più essere di facciata o marginale. Del greenwashing ne abbiamo abbastanza. Il compito di ciascun cittadino è essere consapevole a chi da’ i propri risparmi, perché è il denaro, purtroppo, che sposta le scelte e le azioni degli uomini e delle imprese.

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